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SKID: la lotta contro la forza di gravità di Damien Jalet

Capita spesso durante un lungo viaggio in macchina di soffermarsi a guardare rapiti le gocce d’acqua che scendono dal finestrino. È un fenomeno affascinante e ipnotizzante che ha ispirato "Skid", il nuovo spettacolo del coreografo belga di fama mondiale Damien Jalet, disponibile sulla piattaforma Raiplay.
Lavorando spesso in discipline come l'arte visiva, la musica, il cinema, il teatro e la moda, Jalet è sempre alla costante ricerca di reinvenzione dei confini della danza. Ha collaborato con Marina Abramovic, Madonna, Sasha Waltz e recentemente ha coreografato il film Suspiria di Luca Guadagnino. Con "Skid" guida sapientemente una compagnia di ballerini della Goteborg Operans DansKompani offrendo uno spettacolo dove la libertà diventa protagonista. Diciassette danzatori si muovono su un palco inclinato di 34°, riprendendo il rapporto palco/danzatore che già aveva proposto Yoann Bourgeois in "Celui qui tombe". L'idea qui è quella di giocare tanto con la gravità quanto con il concetto di abbandono dei corpi, al fine di creare una catena di reazioni fisiche ed emotive volte a studiare il movimento.
Lo spettacolo inizia con l’apparizione di un uomo sopra un enorme piano inclinato bianco. Il ballerino inizia a scivolare lentamente verso il basso, soggetto all’inesorabile forza di gravità. Altri danzatori, con addosso la stessa divisa dai pantaloni militari, compaiono poco alla volta. Tutti si arrendono e si abbandonano completamente ad uno scivolamento lento e lungo, ad occhi chiusi. Sembrano non volere ostacolare la discesa, anzi sono completamente immersi nel loro comfort. Sempre più persone si aggiungono alla coreografia, creando quella che sembra essere una vera e propria cascata d’acqua.

Come sul vetro le gocce a volte si uniscono per creare una più grande, anche qui capita che le persone entrino in contatto, dando vita a dinamiche diverse ma che risultano in ogni caso con l’inevitabile caduta verso il basso. Questo incontro fa scattare in loro un desiderio di indipendenza e di ribellione. La coreografia diventa più ardita, con vere e proprie acrobazie. I ballerini si fanno coraggio e sfidano ora la forza di gravità, alzandosi in piedi e acquisendo la piena libertà dei loro movimenti. Tuttavia sono ancora tutti destinati a fare la stessa fine, ovvero scivolare a terra. Anche formando gruppi di più persone alla fine vengono innescate spesso reazioni a catena e come tessere di un domino cedono tutti e cadono giù. Nella seconda parte vi è invece un radicale cambiamento: i ballerini hanno ora capito che devono unire tutte le loro forze per sconfiggere le leggi fisiche. In fila come un plotone iniziano a scalare quella che è diventata una montagna, muovendosi all’unisono come degli automi. Dopo salti verso l’alto e lunghe falcate, lo sforzo di gruppo li porta finalmente alla cima. Infine un momento carico di poeticità conclude l’opera. Un ballerino avvolto in una sorta di bozzolo allenta gradualmente tutti gli ostacoli per ritrovarsi nudo a salire da solo, a poco a poco, senza scarpe antiscivolo, senza compagni, senza appiglio, fino in cima per poi cadere dall’altra parte.

È un concetto all’apparenza semplice eppure così forte.
La la scenografia e la musica lavorano tutte in funzione della narrativa dello spettacolo, andando così a sottolineare il racconto di Jalet. La scena si compone di una parete quasi verticale che somiglia ad un burrone, a una diga, ad una voragine senza fondo. La sua superficie è liscia e occupa tutto lo spazio visivo. Damien Jalet fa scivolare i suoi corpi su questo piano inclinato di 34 gradi, palcoscenico mutuato certamente dalla sua mentore Sasha Waltz. Lo sfondo bianco è la tela perfetta per intrecci umani dai motivi quasi grafici e simmetrici, forse ispirati dalla natura, dagli stormi di uccelli migratori o dalle attività di operose formiche. Ma anche dall’uomo e dalle sue aspirazioni d’infinito, come quelle dei lunghi passi sulla luna. Le luci creano giochi di ombre carichi di significati e simbolismi che sdoppiano i corpi. Quando i ballerini scalano la parete sembra lottare oltre che con la gravità anche con il buio: più vanno in alto più progressivamente le luci si accendono e l’oscurità scompare. Anche la musica ora cambia e diventa percussiva, estremamente ritmica, scandendo il tempo e i passi dei ballerini. Il compositore Christian Fennesz crea un sottofondo musicale che ha i tempi dilatati di un paesaggio lunare, liquida e sognante accompagna le torsioni e le sperimentazioni delle creature di Jalet come in un'altra dimensione.

20/03/2021 Elisa Macci, Elisa Pizzato

 

Un tocco di arte sostenibile made in Italy: Diversity of Bureaucracy

Vi siete mai chiesti come poter coniugare la street-art a soluzioni eco-friendly?
Ci ha pensato l’imprenditoria italiana con la no profit Yourban2030, guidata da Veronica De Angelis che, approda in Olanda, con il primo murales mangia-smog dei Paesi Scandinavi, Diversity of Bureaucracy. L’iniziativa, riflettendo sul concetto della disuguaglianza, si prefigura come un esempio di scambio internazionale di eccellenze. Il Made in Italy, in versione green, viaggia dall’Italia verso l’Europa con il sostegno di Prince Bernard Culture Fund e dell'Amsterdam Fund for the Arts.
L’arte si mette a servizio della Terra, si pone nell’ascolto di un bisogno, quello di salvaguardare ciò che ci appartiene. È questo lo spirito di Yourban2030, fondata nel 2018 da un team composto, oltre che dalla presidente De Angelis, anche da Maura Crudeli, Emanuela Conti, Daniele Bernardi e Giuseppe Molinari, esperto nelle politiche di sostenibilità. La no profit si ispira ai 17 obiettivi dell'Agenda 2030, con cui crea una rete di intrecci tra arte e innovazioni tecnologiche con un occhio di riguardo alla problematica ambientale.
L’opera Diversity of Bureaucracy comparirà su Leidseplein nel cuore della capitale olandese e sarà affidata al talento creativo di Judith de Leeuw, nota come JDL. L’artista ha iniziato a dipingere già da lunedì 15 marzo, sul muro di un edificio dell'associazione per l'edilizia abitativa De Alliantie. Questa volta, dopo essersi impegnata nel murales mangia-smog LGBT+ di Roma, Outside In, JDL farà uso della pittura italiana “Airlite Sunlight”: una nuova tecnologia in grado di purificare l’aria e neutralizzare ogni giorno le emissioni di 20 auto a benzina.
Spiega, infatti, Maura Crudeli, Project Manager di Yourban2030 :“Quando la luce del sole si riflette sulla pittura, si verifica una reazione chimica che è simile a quella della fotosintesi clorofilliana. 100 metri quadrati dipinti equivalgono a 100 metri quadrati di foresta con alberi ad alto fusto e la sua efficacia è garantita per almeno 10 anni”.

Una fonte di orgoglio italiano tutto sostenibile e, di certo, un ottimo esempio per le generazioni future.

Gabriella Birardi Mazzone  18/03/2021

Women in Comics: 22 artiste americane in mostra per la prima volta in Italia

Arriva a Roma direttamente da New York, in esclusiva europea, la collettiva curata da Kim Munson e dalla fumettista Trina Robbins, che si terrà a Palazzo Merulana dal 1° giugno al 13 luglio 2021; la mostra è promossa dall’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia e co-prodotta da ARF! Festival e Comicon.

Women in Comics vedrà esposte le opere di 22 artiste statunitensi che “hanno fatto la Storia del fumetto nordamericano”. L’esposizione sarà preceduta da quattro incontri streaming, fra marzo e giugno, su tematiche di grande rilevanza socioculturale e attualità legate ai movimenti femministi, al corpo femminile e la sua rappresentazione nel disegno, all’antirazzismo, al transfemminismo e all’intersezionalità, alla violenza e al rapporto tra generi e identità nel fumetto.

Allestita una sola volta nel 2020 alla Galleria della prestigiosa Society of Illustrators di New York, arriva nella Capitale la mostra collettiva che propone una storia di autodeterminazione dei comics nordamericani. Con le 90 opere originali il visitatore avrà modo di seguire un percorso nel tempo: dal fumetto vintage degli anni ’50 al graphic novel, esplorando temi come amore, sessualità, creatività, discriminazione, indipendenza, passando poi agli psichedelici anni ’70 e al fumetto underground, fino alla scena contemporanea con gli ormai mainstream prodotti Marvel e DC Comics.

Saranno esposte le opere della leggendaria Trina Robbins, colei che nel 1986 fu la prima fumettista della storia a disegnare Wonder Woman per una major come la DC Comics. Accanto a lei saranno presenti opere originali di Afua Richardson, Alitha Martinez, Emil Ferris e di tante altre.

Completerà il programma She Makes Comics della regista Marisa Stotter (Respect Films, 2014), un film/documentario che verrà proiettato per la prima volta in Italia nella sala espositiva di Palazzo Merulana.

Noemi Spasari  16/03/2021

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