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Il rifugio antiaereo di Monopoli: i cunicoli della salvezza

Oggi vi condurremo tra i meandri dei cunicoli del rifugio antiaereo di Monopoli, in provincia di Bari, realizzato nel 1943 che in tempi di guerra fu luogo di salvezza per circa 6.500 abitanti. Durante gli attacchi perpetrati dai Nazisti, questi rifugi furono realizzati in ogni città per garantire riparo ai civili.

Il Comune di Monopoli, dopo una campagna di sopralluoghi esperiti da esperti, al fine di riscoprire, restaurare e rinnovare la memoria storica del luogo, ha riaperto da poco questo sito, ora accessibile al pubblico.

Situato tra l’incrocio di Piazza Vittorio Emanuele II e Via Magenta, sotto una piattaforma di metallo, troviamo l’ingresso al bunker, una botola incisa da frasi toccanti impregnate delle lacrime di speranza versate da gente comune.

Dopo aver percorso una scalinata, ed aver raggiunto gli otto metri sottoterra, attraversiamo un lungo corridoio e inizia la nostra visita. Alle pareti troviamo le indicazioni da seguire e le varie planimetrie indicanti le uscite di emergenza. La guida, molto preparata, ci narra le emozioni di un tempo, indicando le fotografie appese alle pareti raffiguranti le dinamiche di come ci si raccoglieva all’interno del rifugio.

Immaginate se oggi passeggiando o stando semplicemente in casa e udiste il suono dell’”allarme del terrore”, la famosa sirena magnetica, che vi incita a correre ai ripari. Non saranno stati tempi facili ma molti gli hanno affrontati con coraggio.

Poniamo numerose domande alla nostra guida che ci risponde con entusiasmo: “questo è un rifugio antiaereo che siamo fortunati a visitare, dopo un lungo restauro. Era caduto in disuso nel 1948, quando con la fine della guerra le sue entrate furono sigillate. Vi presenterò la mostra di due artisti, ora allestita al suo interno”.

Ben lieti di percorrere il corridoio, troviamo infatti, un’esposizione nel rifugio di due artisti contemporanei Maurizio di Feo e Pierluca Cetera, intitolata “Refugium Peccatorum”, titolo cristiano-medievale conferito alla figura della Vergine, e alla Vergine si rivolgono le preghiere di tutti i peccatori per avere la salvezza eterna.

I due scultori alternano nei corridoi figure positive e negative, con inserti plastici e soluzioni fluide, attraverso ampolle e tubicini con sagome in lamierino zincato di animali e umani, che riprendono i vizi del peccato ispirati alla Divina Commedia di Dante e dalle allegorie cristiane.

Ma la domanda che ci poniamo è: “ci sarà salvezza per gli esseri umani se non comprenderemo davvero che le guerre creano solo altri orrori?”.

Forse solo la liberazione divina potrà dare un senso a tutto questo e perdonare i crimini di guerra.

Quattrocento metri di cunicoli scavati nella roccia, con tanto di arte annessa, possono solo sforzarci di comprendere le sofferenze del passato per darci la speranza di un migliore futuro.

Ci sorprendiamo nel vedere proseguendo sui nostri passi, le scritte autentiche di inni al Duce, Benito Mussolini, incise sui muri. All’epoca, nel ’43 il Duce fu arrestato, disgregando il Partito, ma la sua ombra aleggiava ancora tra le ideologie delle genti.

Questo bunker entrò in disuso quando in Italia gli americani erano già sbarcati in Sicilia e, fu utilizzato poche volte, ma le volte utilizzate furono suggestionanti per tutti.

E poi ci sono i locali dell’infermeria, quattro angusti spazi tetri in cui erano accolti i feriti, li dove incrocia il secondo ramo della galleria che però ci dice la guida non essere accessibile.

Non ci resta che raggiungere l’uscita e dopo essere risaliti ci sembra quasi di essere stati nell’”Inferno di Dante”.

Al varco, possiamo trarre una breve riflessione su quanto detto dalla guida e comprendiamo che, un buon rifugio antiaereo per essere a prova di bomba e di aggressivi chimici, doveva essere costruito con un buon cemento armato e ricevere l’adeguata dotazione per poter resistere allo scoppio degli esplosivi. Nel caso di specie invece, la roccia calcarenitica, tipica pugliese, il tufo, tenera da scavare e quindi adattabile alla lavorazione, è allo stesso tempo resistente agli sforzi, grazie anche alla particolare caratteristica costruttiva, quella dell’arco romano a tutto sesto, che rendono l’intera struttura interrata, sicura per lo scopo per cui è stata progettata.

Il tempo di permanenza era fino al cessare di tutti i bombardamenti in materia di protezione civile antiaerea secondo le norme vigenti all’epoca ed i vari comunicati che venivano sparsi nel paese, in cui si indicavano i comportamenti da seguire per accedervi e permanere al suo interno.

Un’esperienza, questa, che vi consigliamo, soprattutto in quest’ultimo periodo storico, in cui la guerra tra Russia ed Ucraina, fa riecheggiare le “urla” di quelle bombe esplose tra la nostra gente e nei nostri paesi ottanta anni fa.

10/06/2023 Isabella Berardi

A tu per tu con Federica Torchetti, ora sta girando "Storia di una famiglia per bene"

Federica Torchetti è una giovane attrice pugliese, protagonista del film “Per lanciarsi dalle stelle” disponibile su Netflix. Fin dagli esordi davanti alla macchina da presa, ha saputo dimostrare di avere doti eccelse e di essere una attrice molto versatile e di certo la recente performance le permetterà di salire ancora di più all’attenzione. Si è diplomata nel 2019 presso la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté e consegue lo stesso anno una Laurea in Lingue. Nel 2021 ha recitato in “Zero”, serie trasmessa su Netflix. Inoltre, è stata scritturata in numerose pellicole come “L’ultimo piano e “La scuola cattolica”. Degna di nota l’apparizione ne “L’ultimo Paradiso” in cui la vediamo recitare al fianco di Valentina Cervi e Riccardo Scamarcio. Altrettanto da segnalare i ruoli ricoperti in “Mondocane con Alessandro Borghi e “Storia di una famiglia per bene con Giuseppe Zeno. 

Hai iniziato così, per caso, con Michele Placido come comparsa. Oggi, immaginando la Federica di allora, cosa le diresti?

“Immaginando la Federica di allora, del 2014, quando mi sono trovata a fare da comparsa sul set con Michele Placido a Bisceglie, dove sono nata, le direi di mantenere sempre quella freschezza. Perché mi sono buttata senza pensarci, sono andata senza un minimo di pensiero e senza conoscere ciò che mi aspettava. Quindi le direi di mantenere quella genuinità che ho sempre avuto e spero di non perdere mai. E le ripeterei sempre di non perdere mai la speranza”. 

Com’è è stato interpretare, in “Scuola Cattolica”, Rosaria Lopez una persona realmente esistita rispetto ad un personaggio inventato? 

“Scuola Cattolica è un progetto a cui sono molto legata, anche per le diverse critiche che ha ricevuto sia positive che negative. Durante il set si è creata una bella sinergia tra me, il regista e il resto del cast. Quando ho saputo di essere stata presa per questo progetto ero molto impaurita perché per me significava anche assumermi una grossa responsabilità, non interpretavo un personaggio di fantasia ma una persona veramente esistita e questo comportava una maggiore cura e rispetto nei confronti delle persone realmente coinvolte. Dopo aver visto il film e dopo aver conosciuto la sorella sono rimasta entusiasta perché ho capito di aver portato rispetto alla figura di Rosaria. Non è stata una semplice interpretazione ma un dare di nuovo voce e vita ad una persona che purtroppo non c’è più ingiustamente. Quando si parla di personaggi realmente esistiti non si parla più di interpretazione ma di “essere” quella persona, di farla rivivere e dunque sentivo dentro di me questa grossa responsabilità”. 

Come hai costruito e lavorato su te stessa visto che ti abbiamo visto in ruoli l’uno diverso dall’altro?

“Sai che non ci penso? Perché dopo aver studiato tre anni alla Gian Maria Volontè ho iniziato subito con i provini. Il primo provino è stato quello del film L’ultimo paradiso di Rocco Ricciardulli. Quel momento lo ricorderò per sempre perché si respirava in quella stanza un’energia che successivamente non ho più ritrovato. Il primo provino che passi non lo scordi. Quando è scoppiata la pandemia è stato molto difficile affrontare i provini, ho dovuto fare praticamente tutto da sola e senza una spalla, addirittura con audio registrati. Per esempio anche quello per Mondocane. Era tutto molto strano soprattutto non avere una persona davanti. L’unico aspetto positivo è stato, che con il fatto che registravo, ho avvertito di meno il fatto di stare chiusa in casa. Dopo è arrivato il mio primo film come protagonista Per Lanciarsi dalle Stelle, a cui sono altrettanto molto legata poiché affronta una tematica molto importante che è quella dell’ansia. Dell’ansia da prestazione, in generale arriva a mettere in risalto come le malattie mentali non sempre vengono affrontate e rispettate per essere risolte. Non posso dare una risposta definitiva su come costruisco il personaggio, non ci penso in modo meccanico ma tutto viene abbastanza naturale. Ciò che mi auguro è di riuscire a fare sempre qualcosa che riesce ad emozionare”. 

Cosa ti ha lasciato il set della serie televisiva “Storia di una famiglia per bene?”. 

“Stare su un set di una serie televisiva è molto diverso rispetto a quello cinematografico. L’esperienza della serie è più totalizzante, più lunga rispetto a quella del film. E dopo le 4 settimane, ti senti parte integrante di quel mondo ed esiste solo quello. Quando non si gira a Roma e andiamo in trasferta ancora di più avverti che il set risucchia parte del resto della giornata. Tutti i reparti sono importanti e impari che ogni ruolo deve essere rispettato senza dare più importanza ad uno e meno ad un altro. Ora sto girando la seconda stagione di “Storia di una famiglia per bene”, ed è come ritornare in una famiglia perché avendo già girato la prima serie, praticamente ci conosciamo già tutti. Ed è come se non me ne fossi mai andata”. 

Hai dichiarato durante la conferenza stampa della Biennale di Venezia che vorresti girare qualche film in Francia, cosa ti auspichi?

“Si, mi piacerebbe moltissimo fare film in Francia perché ho studiato il francese. L’idea di recitare in una lingua anche come lo spagnolo perché lo parlo, lo trovo molto stimolante. Mi auspico di iniziare facendo dei piccoli ruoli in Francia e fare anche dei piccoli corsi di recitazione così da migliorarmi”. 

Com’è stato vivere l’esperienza del Red Carpet di Venezia?

“Il Red Carpet di Venezia è stata l’esperienza più bella della mia vita. Ricordo quando siamo usciti dalla macchina e mi hanno accolto insieme a Benedetta Porcaroli e Fabrizio Giffoni e ci hanno accompagnato sul Red. Peccato non c’era il pubblico perché era il periodo Covid, ma ricordo una schiera di fotografi davanti a me che talmente dei Flash non riuscivo a vedere nulla. Quello è stato per me un sogno che si è realizzato ad occhi aperti. Ero al affianco di attori di altissimo livello, con un cast eccezionale. Un altro momento che ricordo è stata la conferenza stampa alla Biennale, sedere ed essere nel lungo in cui sono passati i più grandi del cinema è una sensazione che solo se la vivi puoi capire”. 

Che tipi di ruoli ti piace interpretare?

“Mi piacerebbe fare moltissimo fare un film d’epoca, storico. Mi piace tanto interpretare personaggi drammatici anche se non mi escludo di voler recitare in una commedia pura. Amo interpretare personaggi femminili forti che hanno sempre voglia di rivalsa”. 

15/06/2023 Carmela De Rose

Alice Arcuri debutta il 20 e il 21 giugno al Mercadante di Napoli; nuova serie tv in arrivo e continua "Doc"

Poliedrica attrice di cinema e di teatro di origini genovesi, Alice Arcuri ci ha raccontato alcuni dei suoi nuovi impegni lavorativi. Un nuovo progetto, una nuova sfida televisiva dal titolo “Il Clandestino”, in cui la vedremo coprotagonista nella nuova serie con Edoardo Leo in uscita il prossimo autunno e – spoiler - non sarà più l’antagonista della nuova stagione di “Doc 3”affianco all’attesissimo Luca Argentero.

In questo periodo a quali progetti stai lavorando?

“Sono i tanti progetti: adesso sono a Roma che sto girando “Doc” e contemporaneamente sto facendo uno spettacolo teatrale. Ho finito di girare, cinque settimane fa, una serie televisiva che andrà in onda ad ottobre e si chiama “Il Clandestino” con la casa di produzione IF e la regia di Rolando Ravello e con Edoardo Leo come protagonista. Adesso mi sto anche dedicando ad un progetto teatrale che si chiama il “Rito” di Ingmar Bergmam, sappiamo che nacque come testo teatrale e successivamente lo trasformò in film. Debutteremo il 20 e il 21 di giugno al Mercadante durante la rassegna del Teatro Stabile di Napoli con la traduzione di Gianluca Iumiento, con Elia Shilton (Giudice Ernst Abrahmasson), io che interpreterò Thea Winkelmann , Giampiero Judica (Sebastian Fischer), Antonio Zavatteri (Hans Wilkelmann), regia di Alfonso Postiglione; scenografia di Roberto Crea; Costumi Giuseppe Avallone e musiche di Paolo Coletta. Questo è un testo molto complesso”.

Ci puoi dare qualche spoiler sul personaggio che interpreterai?

Interpreterò Thea Winkelmann che deriva dal greco “Theos” che significa Dea. Questo è un personaggio veramente eclatante, perché la storia si fonda su tre attori famosi che vengono messi sotto processo da un giudice. In realtà la genialità è che poi si scopre essere un rito bacchico, ogni modalità del proprio vivere viene posto in discussione. C’è un triangolo amoroso. La donna che interpreto è stupenda, misteriosa. Non si conosce la sua età, il suo vero nome, c’è una sorta di mistero che rappresenta a livello simbolico Dionisio. La rappresentante della vitalità e del suo flusso.

Ritornando invece alla Serie televisiva appena finita di girare “Il Clandestino”. Qualche anticipazione sul ruolo che interpreterai?

“Il ruolo che farò è quello di una donna che appartiene all’alta società milanese, lei si sposa con un uomo ricchissimo, un politico molto famoso. Ad un certo punto scrive un romanzo ed ha molto bisogno di una guardia del corpo. La storia naturalmente è incentrata sul protagonista interpretato da Edoardo Leo (detective che ha subito un incidente molto grave, perciò perde tutto ed è costretto a ripartire da zero) che si trova a far conti con la perdita di molte cose tra l’altro da Capo della Digos, si ritrova a dover fare la guardia del corpo. In appartenenza è una donna molto diversa da lui. È una serie divisa in 12 capitoli, ogni capitolo ha una storia secondaria principale. È un ruolo molto bello che in realtà è tutto il contrario di quello che ho interpretato fino ad ora in televisione. Io ho sempre interpretato donne dure, invece lei è una donna un po' bambina che possiede delle enormi fragilità. È un personaggio incalzante poiché mediante la relazione con Edoardo Leo, riesce a capire cosa vuole realmente da un amore”.

Quindi quest’anno ti vedremo al fianco di due grandi attori nella nuova serie con Edoardo Leo, e in “Doc” con Luca Argentero: come si ci sente a lavorare con due attori considerati dei “Sexy Simbol”?

“C’è qualcuno che direbbe che sono molto fortunata, o che forse sono fortunati loro. Sono contenta che loro dicono che io sono una compagna di lavoro molto simpatica. Questo nuovo personaggio che interpreterò è molto particolare. Ha una bella linea come si dice in termini tecnici. La linea del personaggio è proprio il suo inizio dalla A alla Z. Dove possiamo vedere tutta il suo cambiamento. Quando ti danno una bella linea è difficile non ritrovarsi nel personaggio”.

Com’è stato ritornare sul set di “Doc”, dopo le riprese e l’esperienza del Covid?

““Doc” è come dire casa e famiglia, è bellissimo ritrovarsi cambiati, perché poi comunque passi tanto tempo insieme. Ognuno di noi inizia a conoscere i dettagli della vita dell’altro. Luca Argentero penso che ormai vede più Matilde Gioli che sua madre. Ci sono alcuni attori che sul set interagiscono poco. Quest’anno il primo giorno di set l’ho condiviso con Matilde, abbiamo passato a parlare tutto il tempo come delle comari. Quest’anno il regista è cambiato non è uguale a quello della stagione precedente. Ciò che rimane sempre è tutta quella passione del dettaglio.  La cosa più emozionante è ritornare nell’ospedale, perché quest’ultimo è come se fosse un personaggio a se stante. È sono rimasta sconvolta quanto sia rimasto sempre lo stesso. Nonostante sia passato un anno e mezzo, c’è sempre quell’odore, di legno e di scenografia.

Cosa ci dobbiamo aspettare dal suo ruolo nella prossima stagione di “Doc”, ci sarà una evoluzione che coinvolgerà il personaggio con qualche caratteristica particolare?

C’è da aspettarsi un cambiamento dal punto di vista nel modo di rapportarsi agli altri. Non è più una antagonista, non gioco più nella squadra avversaria. Non posso dire altro che già ho fatto spoiler. 

Essendo che comunque ci sono molti giovani che aspirano a diventare attori, che consiglio si sente di dare?

Il consiglio che sento di dare è lo stesso mantra che mi ripeto sempre nei momenti di fatica. Si deve riassumere all’interno di sé il perché si fa questo lavoro. A volte è un lavoro per la quale vieni scelto altre volte sei tu a scegliere. Ci sono degli attori che fanno questo mestiere perché hanno bisogno di esternare le proprie emozioni. Ecco consiglio di esternare sempre ciò che si sente. Io penso che tutti gli attori hanno delle parti di buio all’interno di se. In ogni attore c’è qualche crepa strana che è ciò che li rende disponibili ad affrontare qualsiasi personaggio. Chi vuole intraprendere questo percorso come attore deve avere ben chiaro la motivazione. Io mi ripeto sempre che un vincente è un sognatore che non si è mai arreso. Un attore deve lavorare su stesso e rimanere sempre centrato aggrappato a quel sogno nonostante i mille no. 

14/06/2023 Carmela De Rose, Ilaria Ferretti

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