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Chiacchierando con Massimiliano Bruno sul ritorno dopo 23 anni al Teatro Parioli. Con lo “Stato delle cose” inventa la prima Serie teatrale.

Tra storie di vita e storie dei quartieri romani vertono i racconti dello spettacolo teatrale "Lo Stato delle cose" dell'attore, regista e sceneggiatore Massimiliano Bruno, in scena fino al 21 maggio al Teatro Parioli in Roma. Bruno si trasformerà in un cantastorie drammaturgico, che racconterà l’umanità attraverso i diversi incontri di un autore alla ricerca sempre di storie da mettere in scena. Una vera e propria coazione a ripetere dello stesso autore che attraverso dei flashback ci mostra la sua stessa crisi – passata come sceneggiatore. Questa crisi viene sbattuta in faccia per far indurre la riflessione su quanto sia cambiato il ruolo dell’autore con l’avvento di Netflix, Prime e dei social e su quanto la società ha creato degli stereotipi sulle relazioni e sugli esseri umani. Alcune volte accade che, quando cerchi storie da raccontare esse sono li vicino casa tua o nelle tue memorie passate. 

Non possiamo citare tutto il tuo curriculum perché questo ci porterebbe fuori dall’intervista mirata per lo spettacolo “Lo Stato delle Cose” che vedremo in scena fino al 21 maggio al Teatro Parioli. Hai iniziato la tua carriera con Sergio Zecca nel 1988, ci descrivi i tuoi primi approcci al mondo del teatro sperando che la tua esperienza possa essere di ispirazione per i giovani?

“Ti racconto una cosa che penso di non aver mai raccontato. Durante un’intervista, c’era un mio professore che a scuola faceva dei test attitudinali che all’epoca era una prassi scolastica molto interessante. Questo test consisteva in diverse prove sia pratiche che mentali. Il risultato esplicava faceva emergere quello che avresti potuto fare da grande. A me uscì che dovevo avere a che fare con la politica o il mondo dell’arte. Questo test mi ha messo la pulce nell’orecchio, quel seme che sarebbe germogliato, ma all’epoca non immaginavo che sarebbe diventato molto presto il mio lavoro. Quando ho saputo che Sergio Zecca, compagno di scuola di mio fratello, faceva un laboratorio teatrale, lo chiamai e gli chiesi se potevo farlo anche io dicendogli che avevo appena finito la scuola e che ne avevo bisogno per fare attività creativa. Lui mi rispose di si e mi fece iniziare. Io contemporaneamente facevo giurisprudenza all’università, e quando finivo correvo al laboratorio di Teatro. Alla fine dell’anno lui mi ha detto che avrei potuto farlo di mestiere e in quel preciso istante sono andato in una crisi totale. Come potevo dirlo a mio padre che avrei voluto fare l’attore, lo scrittore e non più magari l’avvocato? Questo perché provengo da una famiglia che non aveva mai preso in considerazione di avere un figlio artista. Però ho portato avanti entrambe le cose, sia la recitazione e la scrittura che l’università”. 

Quanto è stato difficile coordinare entrambe le cose?bruno2.jpg

"Non è stato semplice ma a differenza di oggi Roma in quegli anni ti aiutava perché era pienissima di piccoli Teatri gremiti di persone e con diverse produzioni. Se oggi ho acquisito un nome è grazie alla situazione che si viveva in quegli anni. Quando ho iniziato ad organizzare i miei primi spettacoli, il teatro era sempre pieno. Oggi moltissimi teatri piccoli sono chiusi e le spese di produzione sono aumentate. Per un giovane è molto più complicato emergere oggi soprattutto per la concorrenza con i teatri stabili, con i grandi attori televisivi che iniziano a fare teatro e anche la concorrenza delle piattaforme. La gente esce sempre di meno e preferisce fruire contenuti tramite Netflix, Amazon. Quindi diventa veramente complicato fare uno spettacolo se non si ha già un nome. È difficile che un pubblico sceglie di andare a vedere giovani ragazzi. Ecco perché ho creato questo spettacolo. Non sono io il protagonista ma i miei 32 giovani allievi. Allora il pubblico si prendeva un rischio in più che oggi sembra non essere disposto a prendersi. I teatri off prima erano pieni, adesso non esistono più. Qui a Roma sono al massimo  due.

Questo è il la per chiederti, secondo te come si potrebbe risolvere il problema della mancanza di pubblico attualmente non solo nel teatro ma anche nel cinema (sappiamo che tu non fai solo teatro ma anche cinema e hai scritto anche per la televisione ad esempio per i Cesaroni) e sul fatto che i giovani hanno sempre meno opportunità e il cambio generazionale sembra essere lontano? 

Penso che il primo problema sia dovuto alla burocrazia, si dovrebbe diminuire. Se un giovane vuole andare in scena tra quello che paga di SIAE, sala teatrale, contributi se vuole pagare regolarmente le maestranze e gli attori. Per fare uno spettacolo che ti permette di sopravvivere dovresti incassare 1500 euro a serata. E questo oggi è molto difficile per dei giovani. Perché per uno spettacolo organizzato da giovani emergenti non possono mettere il costo del biglietto a 40 o 35 euro ma al massimo 5 o 8 euro; tutto questo non permette di rientrare nei costi. Secondo me dovrebbero essere inserite delle politiche di agevolazioni per i più giovani in modo da poterli far andare in scena e potersi mantenere. Poi il mondo non aiuta, sta andando in una direzione molto controversa. Il mondo dell’arte sta andando sempre di più verso televisori a poco prezzo con una bacheca virtuale a casa che da scrollare e aggiornare in continuazione. Il problema per la sala cinematografica è il fatto che il film che esce al cinema dopo tre mesi lo trovi sulle piattaforme a minore prezzo e poterlo guardare comodamente da casa. 

Secondo il tuo punto di vista quale potrebbe essere la soluzione?

Una soluzione potrebbe essere alzare i prezzi delle piattaforme, oppure obbligare i teatri stabili ad inserire all’interno del loro abbonamento e produzioni, almeno con tre spettacoli all’anno composti da giovani emergenti. Una città come Roma, con tanti teatri importanti, che si inserisse in un’iniziativa del genere potrebbe essere una opportunità per i giovani di crearsi in nome. Naturalmente selezionandoli. 

Con chi ci si dovrebbe rivolgere in questo caso, al governo o ai privati?

Entrambi. Ma questa dovrebbe essere una scelta cumulativa, una scelta che dovrebbe essere condivisa da tutti. Se fosse una regola, incrementare e favorire gli spettacoli per i giovani, e fossero tutti i teatri obbligati a inserire questi spettacoli creati dai giovani. Solo così i giovani potrebbero avere una finestra sul mondo del teatro. In cui in tutte le città e in tutti i teatri si possono ammirare le creazioni non solo dei più grandi ma anche dei ragazzi si apprestano a diventare le nuove leve dello spettacolo italiano. 

Quanto ci sarà della tua terra originaria, la Calabria, e della tua esperienza romana nello spettacolo che vedremo in scena fino al 21 maggio al Teatro Parioli?

Ci sarà un pezzo, una storia che io dedico a mio padre. Spesso e volentieri parlo di mio padre durante la rappresentazione e in via traverse racconto di un uomo calabrese, quindi c’è un po' di brio calabrese. Ma durante le altre storie presentate come una serie di monologhi ci saranno diversi temi affrontati. L’unicità dello spettacolo è che per 3 settimane consecutive si vedranno in scena 33 attori e storie differenti. Ogni settimana ci sarà praticamente uno spettacolo diverso. Se tu oggi vedi lo spettacolo ci saranno 11 storie, se torni settimana prossima ci saranno altre 11 storie diverse. L’unico punto di congiunzione tra queste storie è appunto il mio ruolo.

Ci avevi pensato che praticamente sei stato il primo ad inventare una serie teatrale? 

No non ci avevo mai pensato, ma hai ragione. È praticamente una serie teatrale. Potrebbe essere un nuovo stile e magari creare stupore se il pubblico legge che si tratta di una serie teatrale. 

A livello critico hai messo in scena la prima serie teatrale dal momento che hai creato continuità narrativa portando in scena un personaggio (uno scrittore in crisi che è in cerca di storie da mettere in scena). 

Sì, praticamente sì. Se ho pensato questa struttura drammaturgica per dare possibilità a 33 attori di andare in scena. Ho fatto un po' la cosa che ho detto prima: ho fatto semplicemente il richiamo di un pubblico ma non per me ma dei giovani. Su un palco che non calco da 23 anni, l’ultima volta è stato con Paola Cortellesi, ancora oggi resta una emozione perché qui ci ho recitato solo quando ero un ragazzo. 

Raccontaci un po' della tua carriera teatrale visto che è iniziata proprio dal Teatro Parioli.

Il mio ultimo spettacolo è stato “Sogno di una notte di mezza estate” in cui sono andata in scena con una grande compagnia. Quando ho iniziato la mia carriera, facevo degli spettacoli da solo insieme alla mia compagnia originaria insieme a Valeria Prea e Sergio Zecca (che era il mio insegnante e poi andavamo insieme in scena). E poi nel 1997 ho conosciuto Paola e ci siamo subito innamorati professionalmente e artisticamente parlando e da quel momento ho condiviso per 8 anni il palcoscenico insieme a lei e siamo andati in scena con 3 spettacoli differenti: “Cose che capitano” in cui eravamo scena io e lei (uno spettacolo scritto da me). Il secondo spettacolo che si chiamava “Un attimo ancora” che è stato proprio lo spettacolo che abbiamo messo in scena qui al Teatro Parioli nel 2000. Il terzo spettacolo è stato “Gli ultimi saranno ultimi”. La particolarità è che tutti questi spettacoli, sono diventati 3 film. Nel caso degli “Ultimi saranno ultimi” il titolo è rimasto lo stesso. Mentre “Ancora un attimo” è diventato “Ti ricordi di me” con protagonisti Eduardo Leo, e Ambra Angiolini. Mentre il primo “Cose che capitano” è diventato “Tutto l’amore del mondo”. In sostanza molti dei miei lavori teatrali sono diventati film. Con Paola abbiamo condiviso il palco fino al 2005. Poi da li ho iniziato a fare cinema, il mio primo film “Notte prima degli esami” (che ha vinto il David di Donatello). Mentre ai Nastri d’argento con “Beata Ignoranza” ho vinto il Nastro D’argento. Tutto devo al Teatro, la mia carriera è iniziata da li. Il teatro mi ha portato tanta fortuna. Facendomi arrivare sia al cinema che alla Televisione. 

Hai avuto anche l’onore di lavorare con Paolo Genovese. 

Si insieme a lui ho scritto “Questa Notte è ancora nostra”. Abbiamo lavorato anche al soggetto del film “Ti ricordi di me”.  Mentre ancora con Eduardo Leo, ho avuto il piacere di averlo come protagonista in “Buongiorno Papà”. Anche se con “Viva L’Italia” si può dire che Leo ha iniziato la sua carriera come attore con Sydney Sibilia. Ma il primo ruolo come attore protagonista Leo la ha avuto grazie a me in “Viva L’Italia”. 

Sappiamo che adesso hai messo in scena anche una nuova Serie tv, “I migliori giorni”. 

Si questa serie è uscita il primo di gennaio, il 15 agosto uscirà invece “I peggiori giorni”. Usciremo in tutte le arene d’Italia. Sarà una bella iniziativa perché il governo ha deciso di finanziare soprattutto il cinema d’estate. La nostra serie sarà una delle poche italiane presenti rispetto agli altri film di Hollywood quali “L’Uomo Ragno” e gli “Avengers”. Purtroppo il fatto che vengono scelti dei film americani è perché rispetto ai nostri il loro rappresenta un evento super spettacolare. 

Una curiosità: come fai a coordinare tutti i ruoli che ricopri? Passi dall’essere attore, scrittore, regista e insegnante.

È molto semplice, scelgo quello che mi va di fare e lo faccio. Io seguo quello che mi dice il cuore. Quest’anno ho deciso di dedicarmi maggiormente all’attività teatrale. 

Ci sarà qualcosa che ti piace fare di più? 

Se devo essere sincero l’arte che mi piace di più è scrivere. Perché quando sono nel mio mondo con il mio computer riesco ad esprimere tutto ciò che ho dentro. Mi sento molto bene e connesso con il mio mondo quando metto un po' di musica e inizio a raccontare l’essenza di ciò che sento. 

Ultima domanda: cosa cambieresti della tua carriera?

Si, forse il mio fare troppo. Oggi probabilmente avrei rifiutato alcuni lavori che ho fatto. Forse avrei potuto fare di meno per lasciare spazio agli altri. In questi 30 anni, devo dire che però le cose che mi sono piaciute di meno, alla fine mi hanno portato diversi vantaggi. Ma posso dirti che a volta avrei dovuto rispondere no. 

L’unicità di Massimiliano Bruno è l’invenzione della prima Serie Teatrale, perchè ogni settimana vedremo storie di personaggi differenti interpretati dagli allievi del Laboratorio di Arti Sceniche. Una antologia pirandelliana di verità di cui non parlano tutti, si parla di sesso, immigrazione, amori finiti e domande esistenziali: “quante volte nella vita hai fatto una cosa giusta e sei stato giudicato male perché dovevi farla sbagliata? Quante volte ti hanno detto che le cose pericolose non si toccano ma le tocchi lo stesso? Quante volte sei stato sincero e contemporaneamente eri felice?  E poi la domanda finale è forse che nella crisi nasce l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie? Chi supera la crisi forse supera sé stesso senza essere superato. 

Carmela De Rose, Lorenzo Fedele 11/05/2023

La distribuzione dello spettacolo in scena al Teatro Parioli.

Questa settimana in scena, oltre all’onnipresente Massimiliano Bruno, gli 11 allievi del suo Laboratorio di Arti Sceniche: Giulia Napoli, Lara Balbo, Matteo Milani, Anna Malvaso, Giorgia Remediani, Daniele Locci, Francesco Mastroianni, Giulia Cavallo, Daniele Di Martino, Filippo Macchiusi, Cristina Chinaglia. 

Qui, le diverse distribuzioni dello spettacolo:

3 – 7 Maggio Massimiliano Bruno, Giulia Napoli, Lara Balbo, Matteo Milani, Anna Malvaso, Giorgia Remediani, Daniele Locci, Francesco Mastroianni, Giulia Cavallo, Daniele Di Martino, Filippo Macchiusi, Cristina Chinaglia

8 – 14 Maggio Massimiliano Bruno, Malvina Ruggiano, Martina Zuccarello, Alessia Capua, Niccolò Felici, Federico Capponi, Francesco Mastroianni, Kabir Tavani, Francesca De Cupis, Sofia Ferrero, Giorgio Petrotta, Giulia Fiume

15 – 21 Maggio Massimiliano Bruno, Sara Baccarini, Tiziano Caputo, Agnese Fallongo, Giuseppe Ragone, Rosario Petix, Chiara Tron, Daniele Trombetti, Germana Cifani, Federico Galante, Clarissa Curulli, Liliana Fiorelli.

Luci: Salvatore Faraso

Costumi: Valentina Stefani

Scenografia: Alessandro Chiti

Coordinatrice Susan El Sawi

Aiuto Regia: Sara Baccarini 

Assistenti alla regia: Lorenza Molina, Roberta Pompili, Paolo Sebastiani

Produttore esecutivo: Enzo Gentile

 

 

Conversando con Dario Argento

È lo scorso 9 maggio che, nella cornice del Giulio Cesare in Roma, è andato in scena l’incontro tra il critico Steve Della Casa e Dario Argento. Con l’occasione è stato presentato il libro Due o tre cose che so di lui, curato dal critico torinese, i cui contenuti vanno dalle testimonianze e colloqui avvenuti nel corso degli anni. Banana Yoshimoto, George Romeo, John Carpenter fino a delle importanti firme della Cinémathèque Francaise e del Lincoln Center. 

Classe ’40 Argento ex critico di Paese Sera e giornalista, è una di quelle persone la cui presenza, dietro e davanti la mdp - si veda l’esordio recitativo in Vortex di Gaspar Noé -, è fra le più sentite in patria e ancora di più all’estero. Probabilmente molti titoli cinematografici che avete amato negli anni – che riempiono le collezioni dei cinéphiles e maniaci dell’horror – vanno dalla “trilogia degli animali” a Tenebre, da Suspiria a Phenomena fino a Profondo Rosso proiettato, nella versione restaurata dall’Istituto Luce, a seguito della chiacchierata. Sceneggiatore di b-movie, soggettista per Sergio Leone, figlio d’arte di un produttore, Salvatore Argento, e una fotografa, Elda Luxardo, fino a passare alla storia come “maestro del brivido”. Dalla chiacchierata con Argento, tanti i temi emersi tra aneddoti e incontri memorabili, come quello con John Wayne per le strade di Roma o con Fritz Lang in forma privata in un noto albergo romano.

Caro Dario Argento, siamo negli anni Sessanta e lei scrive per Paese Sera. Quali erano i registi che ha più amato nel corso della sua attività di critico?

"Sembra strano ma io amavo molto la Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard, Chabrol ed altri. Li leggevo anche. Tutto quel fermento generò una grande passione scoperta da studente. Studiavo a Parigi e così mi sono innamorato di quel tutto quel clima. C’era anche l’espressionismo tedesco. Tutti doni della capitale francese".

E poi amava Bellocchio. Era stato tra i primi a parlarne su un giornale?"Esatto, era in occasione de I pugni in tasca il suo primo film. Adoravo Bellocchio perché anche lui risultò qualcosa di nuovo, che portava freschezza, bizzarro, strano ed importante per me".

C’è un aneddoto che raccontò. Lei ha avuto anche la fortuna di incrociare Alfred Hitchcock, un altro maestro che plasmava con intelligenza e grazia la tensione. Lei però non l’ha avvicinato. Le incuteva un certo timore?

"Più che timore, è una questione di educazione. Ero con mio padre in un ristorante di Roma e mentre mangiavamo nel locale entrò il regista inglese con tutta la sua troupe. Era anche in compagnia della moglie. Gli avevano portato delle tartine che imburrava con cura facendone una montagna che poi depositava nel piatto della moglie. Era molto taciturno, nonostante le tante persone a tavola. Era molto preso dalla sua composizione culinaria. Ogni tanto dava un’occhiata al tavolo, ma non per intrattenersi con qualcuno". 

L’inizio di Trauma è un po’ come un teatrino di carta, l’antenato della settima arte. Di quelli fatti di ombre che hanno qualcosa di magico. Un gioco di prospettive..

"Proprio quello volevo ricreare. Dei teatrini di cartone sullo schermo. A Minneapolis, dove girai il film in questione, c’era uno scultore bravissimo e gli chiesi a lui di costruirmi questa scena. Quella in miniatura rappresentante la rivoluzione francese, molto fedele all’immaginario storico. Ci misi tutto dentro: persino i finti botti dei cannoni. Fu una bella scena".

L’affascinano i burattini?

"Più che affascinano, m’interessano". 

Ha avuto dei rapporti con Mario Bava e Riccardo Freda?

"Con Bava eravamo quasi parenti. Con Freda poco, anzi non credo di averlo mai incontrato. M’interessavano i film di entrambi. Gotici, tragici, spaventosi. Un fascino ed amore a prima vista. Bava era ironico e scherzoso difatti i suoi film sono anche un po’ dei giochi. Poi essendo stato, in origine, un direttore della fotografia aveva questo gusto per i colori, come anche per i bianchi e i neri o le sfumature". 

Come è arrivato alla scrittura di questo libro Due o tre cose che so di lui?

"Sono testimonianze di grandi artisti e registi del passato. All’inizio si doveva intitolare Argento in the World, un libro che insomma ho concepito assieme a Della Casa arricchendolo di interventi e testimonianze inedite delle persone che hanno avuto a che fare con il mio cinema e non solo. Troverete me che dialogo con John Carpenter, di un incontro tenuto a Torino - riportato in parte per via della sua lunghezza - George Romero, Banana Yoshimoto e Jean-FrançoisRauger. Troverete il compositore musicale Franco Bixio che con la sua casa musicale mi ha seguito per buona parte della mia carriera. Molte testimonianze non comuni ed un attenzione particolare per il cinema". 

Conosciamo tutti la sua poliedrica passione per più di una forma artistica. Lei ha amato ed ama ancora molto la Lirica. Ci racconta di come questo interesse l’ha ispirata nel corso degli anni?

"Ero il più grande dei miei fratelli e siccome mia nonna avevano l’abbonamento al teatro dell’Opera ero incaricato ad accompagnarlo fin da quando ero piccolissimo. All’inizio mi annoiavo molto, poi pian piano con il tempo ne ho saputo ad apprezzare qualcosa: l’Opera, il balletto".

Carmela De Rose, Lorenzo Fedele 11/05/2023

"Medea": 17 artisti, raccontano il mito tra astuzia e furbizia

Dal 5 maggio, al 30 settembre, all’Antico Mercato di Siracusa, si terrà la mostra “Medea”, il cui curatore Demetrio Paparoni, renderà omaggio alla figura mitologica della maga, attraverso l’esposizione di varie opere di 17 artisti.
Medea, l’icona tragica della condizione femminile, vendicativa nei confronti dell’amato Giasone e madre assassina, rivive negli spazi espositivi di una città, come Siracusa, intimamente legata ai miti classici.
Amore e morte, razionalità e passione, si intrecciano e tessono un collegamento delle 17 menti artistiche che, con i loro lavori realizzati proprio per l’occasione, rendono la leggenda più attuale che mai, attraverso stili e linguaggi differenti tra loro.
Prodotta dall’amministrazione comunale di Siracusa ed organizzata dall’associazione culturale “Aditus”, Medea sarà accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo, edito dalla “Skira”, una tra le più grandi case editrici in Europa, che comprende inoltre un ampio repertorio iconografico di opere del passato, incentrate sul mito della maga passionale, con immagini di Artemisia Gentileschi, Anselm Feuerbach, George Romney, Paul Cezanne.
Tra gli artisti presenti nell’esposizione possiamo ricordare: Chiara Calore, Daniel Pitin, Vera Portatadino, Nicola Samorì, Wang Guangyi, Yue Minjun. Artisti del nostro tempo, provenienti da aree diverse del mondo, tra cui Italia, Nord Europa e Cina.
Chi si ritroverà lì, ad osservare e contemplare la mostra, riuscirà a percepire la protagonista, come una donna fortemente determinata, preda delle sue passioni che, la porteranno a privarsi dei suoi stessi amori.
In una terra, come la Sicilia, marchiata dalla infamia della mafia, questa mostra può aiutarci a comprendere la determinazione verso la civiltà e la razionalità, senza far sì che gli istinti più primordiali prendano il sopravvento.

Isabella Berardi  03/05/2023

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