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Recensito incontra Laura Sicignano, direttrice del Teatro Stabile di Catania

Dopo mesi di chiusura forzata, l’arte, in punta di piedi, torna a riprendersi il proprio spazio. Il teatro, tra innumerevoli difficoltà, ritrova, pian piano, la propria identità, tornando a essere luogo di convivio e dialogo. Il Teatro Stabile di Catania rischiava di non riaprire, ma grazie al lavoro della direttrice Laura Sicignano, questa estate proporrà un ricco cartellone, dal vivo e in streaming. Si parte il 16 luglio con Lu cori non invecchia di Nino Martoglio, per la regia di Vetrano e Randisi.

Laura, il suo lavoro ha risollevato le sorti dello Stabile di Catania. Cosa l’ha spinta ad accettare questa sfida?

L'opportunità di dirigere il Teatro Stabile mi è stata offerta da un CdA che mi ha scelta tra cinquatotto candidati. Il percorso difficile e trasparente per raggiungere il traguardo mi ha dato la misura della serietà di questo consiglio di amministrazione che, dopo il periodo di commissariamento, stava traghettando il TSC fuori da una delicatissima fase. Si trattava quindi di raccogliere una sfida importante. Passare da un teatro privato da me fondato, a uno pubblico in difficoltà è stato un doppio salto mortale. Il TSC presentava problemi ma anche punti di forza, tra cui l'amore della città per il suo teatro e la dedizione di alcuni dipendenti. Ho cercato di fare leva sui punti di forza, segnandola discontinuità con ciò che del passato non ritenevo vitale. La tradizione fine a se stessa diventa fatale: le radici, l'identità sono una ricchezza se promuovono il futuro e il dialogo con le nuove generazioni. Ho cercato di rinnovare il modo di lavorare, di coinvolgere spettatori giovani, di proporre spettacoli innovativi. Il pubblico ha risposto con entusiasmo. Questa è la prima conquista. La strada da percorrere per un totale risanamento e rinnovamento è ancora lunga, ma molto appassionante.

In un periodo difficile per lo spettacolo dal vivo, l'estate teatrale catanese non si fermerà. Aprirà la stagione con Lu cori non invecchia di Nino Martoglio, regia di Vetrano e Randisi. Un tentativo di proteggere le produzioni e lanciare il cuore oltre l'ostacolo?

Il TSC ha interrotto la tournée a Milano il 22 febbraio e le attività a Catania il 4 marzo. Da allora non si è mai fermato. Da aprile a dicembre 2020 aveva in programma sette produzioni, sette ospitalità, un festival, più di cinquanta eventi collaterali, tra conferenze, incontri, laboratori, con il coinvolgimento di un centinaio di artisti. Stiamo provando a riprogrammare queste attività tra l’estate e il 2021 per salvaguardare il lavoro di tutti. La mancanza di certezze sulla ripresa, lascia i lavoratori dello spettacolo in grave sofferenza.  

Il Teatro Stabile di Catania ha vari programmi per la stagione estiva, dal vivo e in digitale: dopo questa pausa obbligata, vogliamo lanciare il cuore oltre l'ostacolo. Sarà un'estate dedicata alla narrazione di una Sicilia reinventata grazie al coinvolgimento di artisti giovani e innovativi. Ci accingiamo alla riapertura con emozione e con la consapevolezza della fragilità della condizione dei lavoratori dello spettacolo dal vivo. Crediamo che i teatri, ora più che mai, abbiano il dovere di reinventare il dialogo con il pubblico, di creare lavoro e accogliere i cittadini in un luogo dove trovare pensiero, bellezza e poesia.

Un cartellone eterogeneo, con autori come Pirandello, Martoglio,  LaBute e un inedito Pinocchio di Franco Scaldati. Un modo, questo, per coinvolgere il pubblico di tutte le età?

Autori noti e meno noti, regie sperimentali, attori  capaci di interpretare il proprio ruolo in modo contemporaneo e originale, creazioni in luoghi di fascino o in digitale, il coinvolgimento forte dell'Università di Catania, ma anche la ristrutturazione della sala Verga, che vogliamo trasformare in uno spazio più moderno e accogliente,  una comunicazione più adatta al nuovo millennio. Ecco alcune delle  strade che stiamo intraprendendo per coinvolgere fortemente le giovani generazioni, senza dimenticare l'entusiasmo dei fedeli abbonati. 

Gli attori sono rimasti durante il periodo dell’isolamento senza lavoro: avete deciso di riavviare il motore del teatro anche per loro?

Al centro del nostro lavoro ci sono due punti fermi: il pubblico, a cui deve essere fornito un servizio di grande qualità, e i lavoratori dello spettacolo, che nel contesto nazionale non sono protetti da adeguate normative. 

Pensa che una messa in scena in streaming possa emozionare come dal vivo e abbattere il concetto di quarta parete?

Non metterei limiti alle forme espressive. Certo è che "buttare" in video uno spettacolo teatrale senza una riscrittura mirata per il nuovo mezzo, significa ucciderlo. Se, per esempio, la Rai in questo momento dedicasse degli spazi correttamente retribuiti al teatro contemporaneo, anziché a spettacoli che in tv appaiono ancora più vecchi, ciò rappresenterebbe un sostegno economico agli artisti, sensibilizzando il pubblico, per farlo tornare a teatro più preparato e curioso.

Quale futuro vede per il web? C’è spazio per un nuovo linguaggio?

La concentrazione che il teatro richiede allo spettatore implica tempi lunghi, vuoti, silenzi e ritmi umani. Il video è un linguaggio che comporta velocità, durata brevissima, aggressione. Il teatro, invece, ha un senso se prima di tutto è stupore, pensiero, complessità, differenza, contraddizione, rischio: in una parola, vita. Potrebbe essere interessante recuperare le esperienze del "video teatro" degli anni ’70 e ’80 per creare un prodotto nuovo e originale, che non costituirebbe un'alternativa al teatro dal vivo, bensì una sua derivazione, un esperimento, come lo fu a suo tempo.

Proprio sul web verranno riproposte delle rappresentazioni cancellate per il Covid, tra cui La mia esistenza d’acquario di Rosso di San Secondo, che vedrà la presenza di diciassette attrici. Quanto di sperimentale c’è in questo spettacolo, visto che è tutto in straming?

La mia esistenza d'acquario non nasce come spettacolo dal vivo, bensì come opera da fruire esclusivamente in diretta Zoom. Quindi se non vi è compresenza fisica, vi è contemporaneità. Il mezzo è giustificato dalla narrazione, che vede un personaggio femminile vivere in uno stato solipsistico di isolamento. Si tratta di una sorta di romanzo di formazione femminile, surreale e inquietante, dove lo sguardo maschile diventa voyeuristico, come lo sarà quello degli spettatori. Lydia Giordano, attrice alla sua prima esperienza di regia, mi ha proposto questo progetto dove andremo a sperimentare un percorso nuovo, con diciassette interpreti del panorama nazionale, tutte protagoniste. Gli spettacoli di cui era previsto il debutto questa estate, saranno presentati in forma di studio in digitale, al termine di una decina di giorni di lavoro. Il debutto slitterà al 2021, quando tutti saremo, si spera, più sereni.

In alcune messe in scena, la presenza di attori  giovanissimi provenienti dalla scuola del Teatro Stabile: volete formare una nuova generazione di artisti?

La scuola del TSC è stata chiusa dal commissariamento, perché non più sostenibile dal bilancio, gravato da milioni di euro di debito. Credo che ci siano in Italia ottime scuole di teatro professionali. Quello che manca sono le opportunità di lavoro: il mercato non è in grado di assorbire il numero di artisti presenti sul territorio. Più che formare una nuova generazione di interpreti, vogliamo coinvolgere i giovani e capire se percorrere insieme una strada di creazione e innovazione.

Come è stato lavorare nel rispetto delle normative vigenti, con il distanziamento fisico?

I registi Vetrano e Randisi hanno lavorato con estrema cura e intelligenza, progettando lo spettacolo con il distanziamento; cosa alquanto difficile con nove attori in scena, che, però, fin da subito, l’hanno colta come sfida espressiva. Credo che noteremo il distanziamento solo per le potenzialità poetiche che esprimerà.

In agosto riceverà il premio Enriquez per la regia di Antigone, che ha portato in tour per tutto lo Stivale. Cosa vuol dire ricevere un premio così prestigioso?

Sono molto fiera di questo importante premio che arriva in occasione della  prima regia realizzata a Catania: lo dedico agli attori e ai lavoratori dello spettacolo che mi hanno accompagnata in questa bella avventura. 

Elisa Sciuto  15/07/2020

Digital As Dance Partner - Frameworks: la danza diventa connessione via web

Il mondo digitale non è più la via di fuga dalla realtà, l’oasi impalpabile nel deserto del quotidiano, ma si è trasformato – o potremmo dire evoluto – in un ulteriore elemento tangibile della dimensione reale con cui è possibile interagire in un modo inedito e ‘vero’, non più virtuale. Nei lunghi giorni di quarantena imposta dall’emergenza causata dalla pandemia di coronavirus, in tutto il mondo ci si è riversati sui social network e sulle piattaforme streaming per mantenere vivi quei comportamenti e quelle abitudini che le misure di contenimento della malattia messe in atto dai governi dei diversi Paesi avevano reso impossibili pressoché ovunque, dall’aperitivo allo sport fino alla visione di un film al cinema, di uno spettacolo o di un concerto. Mentre alcune occupazioni quotidiane venivano replicate in maniera attiva nella dimensione online, altre si riproducevano in modo passivo. Il piccolo schermo della televisione, quello del computer e quello ancora più piccolo dello smartphone hanno sostituito il grande schermo e il palcoscenico quando istituzioni, enti e realtà del cinema, della musica e dello spettacolo (teatro e danza) hanno cominciato a caricare sulle proprie pagine i loro contenuti audiovisivi, riversando i propri archivi sui canali Youtube. Il device digitale era quindi usato come un contenitore per la fruizione e come un mezzo per le altre attività in cui era richiesta partecipazione. Al mondo dell’arte restava ancora un salto da fare: utilizzare le tecnologie interattive e le piattaforme di uso comune come luoghi di creazione partecipata e condivisione, anche in tempo reale.
Questa è stata l’idea dietro Digital As Dance Partners – Frameworks, lanciato dal network inglese Aerowaves, istituzione che dalla metà degli anni Novanta si occupa di connettere tra loro le più diverse e innovative realtà del mondo della danza, insieme a Springback Production e ad altri partner europei, tra cui la Fondazione Romaeuropa e BMotion/Opera Estate Veneto Festival per l’Italia. Grazie anche ai finanziamenti comunitari del programma Creative Europe, è stato quindi possibile realizzare questo progetto che ha visto coinvolti coreografi e perfomer europei e non solo data anche la presenza della coreografa e danzatrice turca Ekin Tunçeli. Il risultato è la diretta streaming sulla piattaforma Zoom andata in onda dalle 19.00 di giovedì 25 giugno e in differita dalle 20.00 sul sito del REf, romaeuropa.net, dove è ancora disponibile.
Split screen e chroma key sono le tecniche più usate nei video caricati durante queste oltre tre ore di diretta, che consentono di tenere insieme più attori e più luoghi contemporaneamente. Fin nella prima pièce si palesa la ricerca dell’unione e dell’unità gli individui, che per mesi è stata bandita come un attentato alla pubblica sicurezza sanitaria. In Octopus della francese Léa Tirabasso, un estratto dal suo spettacolo La vita effimera di un polpo del 2019, i quattro interpreti riproducono i movimenti goffi e convulsi delle componenti più piccole del regno dei viventi, le cellule, e danzano ciascuno in uno schermo andando poi, avvicinandosi ognuno a un bordo del proprio, a formare una singola figura. Recita una frase latina E pluribus unum, a ricordarci che già dagli stadi più primordiali della Natura è presente – e vincente – la spinta a congiungersi, mescolarsi, connettersi. Meno sperimentali e con uno sguardo più attento all’osservazione delle dinamiche della vita quotidiana costretta tra le pareti casalinghe a causa del virus, in rOOms di Joy Alpuerto Ritter e Lukas Steltner mettono in scena azioni e comportamenti che assumono una sfumatura di esibizionismo che è un tentativo di far apparire lo scorrere dellesistenza come se tutto fosse ancora normale, non intaccato dalla paura del contagio. In un alternarsi di assolo e di passi a due domestici, la coppia si prepara per una cena romantica che si svolge non in un lussuoso ristorante ma nella loro cucina, accanto all’angolo cottura dell’appartamento, in favore di camera del cellulare per un diretta su Facebook. Grazie alla mediazione digitale inoltre è possibile realizzare un’esibizione di danza e musica con gli interpreti in due luoghi diversi e connessi attraverso un paio di auricolari, come dimostrano il contemporay dancer Julien Carlier e la chitarrista Gaëlle Solal in Through The Wire, connessi attraverso il filo internettiano e artistico. Così come la tecnologia consente di realizzare momenti di condivisione, quale gli ultimi minuti di Somewhere Only We Know di Tunçeli dove ciascuno dei partecipanti alla sua videochiamata è invitato a eseguire dei movimenti in un grande coreografia fatta di tanti riquadri individuali, e di sintonizzazione tra corpi e spazi cittadini in un’epoca in cui invece la separazione tra la vita e gli luoghi pubblici si è fatta quasi radicale, come mostra il montaggio alternato di Unleashing ghosts from Urban Darkness di Alessandro Carboni, realizzato con le clip video dei suoi perfomer impegnati in una mappatura corporea degli spazi cittadini.
Queste otto coreografie corrispondono a otto modi diversi di interpretare e di dare concretezza all’interpretazione di diverse domande. Dalle più ‘ovvie’, come la tecnologia può aver condizionato le nostre vite, a quelle più pioneristiche che riflettono sui nuovi possibili percorsi di interazione tra persone nel mondo reale e nel mondo virtuale. Tutte con uno scopo comune, che è in fondo quello dell’arte tersicorea fin dai suoi albori: celebrare la società nelle manifestazioni della sua dimensione collettiva.

Le otto coreografie presentate a Digital As Partners – Frameworks sono:

Octopus:
choreography: Léa Tirabasso performance: Alisair Goldsmith, Baptiste Hilbert, Catarina Barbosa, Joachim Maudet, Rosie Terry Toogood Music: Martin Durov
rOOms:
choreography and performance: Joy Alpuerto Ritter & Lukas Steltner music composer: Vincenzo Lamagna technical support: Enya Belak Gupta)
Digging:
choreography: Masako Matsushita in collaboration with Ingvild Isaksen creation contribution: Flora Barros, Kurumi Nakamura, Sivan Rubinstein, Cornelia Voglmayr music produced and composed by: Lgo Ygo (Liran Donin) with the support of: Nanou Associazione Culturale
That time may cease and midnight never come:
choreography: Chiara Taviani & Henrique Furtado Vieira performance: Chiara Taviani, Henrique Furtado Vieira, Simone Previdi, Vera Nunes, Leonor Nunes, Fred thanks to Forum Dança, Hugo Coelho, Luís Rosário, O Rumo do Fumo
Through the wire:
choreography: Julien Carlier performance: Julien Carlier (dance) and Gaëlle Solal (guitar) video assistant: Jeremy Vanderlinden artistic advice: Fanny Brouyaux sound advice: Simon Carlier

Somewhere Only We Know:
choreography and performance: Ekin Tunçeli visual design: Buse Ceren Ekic music: Ekin Tunçeli technician: Muhammed Ali Dönmez
Filter Out:
choreography & performance: Máté Mészáros, Nóra Horváth camera operator & artistic assistant: Karl Rummel filters’ design: Nóra Horváth music: Sebastian Reuschel consultant: Balázs Oláh
Unleashing ghosts from Urban Darkness:
concept, choreography and visuals: Alessandro Carboni performance: Tsui Yik Chit, Danila Gambettola, Vitória Beatriz de Aquino Andrade, Martina Piazzi, Rose Lijia v.m, Loredana Tarnovschi, Aris Papadopoulos, Carolina Carloto camera: Ottavia Catenacci, Anoop Poona, Ivar Janssen, Yiannis Tsigkris, Carrol Ho, Luca Fani, João Tairum, Martino Scarlata assistance: Ana Luisa Novais Gomes and Alessandro Toscano with the support Formati Sensibili

Lorenzo Cipolla

Facebook News, la nuova sezione social dell’informazione

La curiosità insegue l’illusione della conoscenza e l’attendibilità della notizia nell’era digitale sembra essere avulsa da contorni definiti. Distinguere responsabilmente le fake news dalle fonti autorevoli diviene sempre più complesso e la varietà del sistema informativo genera sfiducia e disorientamento. Fra percorsi di apprendimento multimediali e personalizzati, milioni di utenti si affidano alla credibilità di pubblicazioni spesso accompagnate da titoli fuorvianti o dati inesatti. Del resto, la nostra visione del mondo influenza le modalità di fruizione e la frenesia della quotidianità determina uno sguardo frettoloso su ciò che potrebbe interessare. Le homepage dei Social Network e i relativi contenuti vengono considerati poco affidabili dall’opinione pubblica e la conoscenza parziale si basa principalmente sull’approfondimento personale e sull’inefficacia del buon senso critico.

Per contrastare tale pregiudizio e veicolare un’informazione di qualità la compagnia di Mark Zuckerberg lancia News, una nuova sezione su Facebook dedicata alle notizie. Testata a partire dallo scorso ottobre, arriva negli Usa con una serie di contenuti selezionati da un team di giornalisti e un sistema di personalizzazione basato su scelte condivise e algoritmi. Le notizie giornaliere si alternano ad aggiornamenti relativi a singoli settori, come la scienza o la finanza, con l’intento di accrescere la fiducia dei lettori e instaurare un saldo rapporto con migliaia di editori locali e nazionali.

Un’informazione filtrata con approfondimenti, inchieste e specifiche peculiarità all’indomani dello sciopero dei dipendenti della compagnia, in seguito all’affaire Trump. Un tentativo per arginare l’andamento altalenante del social network fortemente in calo rispetto alle altre piattaforme. La sezione informativa basata su affidabilità e competenza potrebbe essere azione concreta e determinante in grado di soddisfare la curiosità degli utenti, attenti ed esigenti fruitori di notizie. In attesa che arrivi anche in Italia, non resta dunque che monitorarne gli effetti e le potenzialità.

 

Laura Rondinella

16/06/2020

Pagina 9 di 127

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