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"Ci chiamarono tutti Alda" all'Altrove Teatro Studio: Recensito incontra Giulia Santilli

Lo scrittore e giornalista Giorgio Manganelli, nella prefazione al libro del 1986 L'altra verità. Diario di una diversa di Alda Merini, affermava che esso, più che un documento o una testimonianza sul periodo di internamento in manicomio della poetessa, rappresentasse “...uno spazio in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza quotidiana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell'essere umano”. Dal 18 al 20 gennaio, questo “spazio” pieno di sguardi, sussurri, disvelamenti, parole, urla, ricordi è stato ospitato nella sala dell’Altrove Teatro Studio di Roma, grazie all’intimo e commovente monologo di Fabio Appetito: in Ci chiamarono tutti Alda la protagonista non è solo la Merini, ma tutti coloro, in special modo le donne, che soffrono perché maltrattati, abusati, inascoltati, emarginati. A dare una voce e un volto a questo coro, tra ironia e dolore, è stata la giovane e intensa Giulia Santilli: Recensito l’ha incontrata per saperne di più su questo spettacolo.

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Oltre che attrice, sei anche doppiatrice: che cosa hai provato a prestare voce e corpo alla poetessa Alda Merini?
La mia idea di messa in scena si è incentrata sul rendere il palcoscenico, attraverso la scenografia e il disegno luci, una "bolla", un non-luogo, dentro il quale una voce ed un corpo si muovono seguendo i ricordi del manicomio vissuto da Alda. Un'anima che segue la luce, come la nostra mente che, di notte, quando tutto si ferma, viaggia senza soluzione di continuità, senza logica, senza timore di giudizi esterni o preoccupazioni quotidiane. Quindi ho cercato di svuotarmi di tutto il superfluo, mi sono messa a servizio del testo e ho lasciato che ogni singola parola mi accendesse, mi emozionasse, seguendo poi il percorso che si dipingeva davanti a me, frase dopo frase. Una sorta di meditazione.

Interpreti Alda nello spettacolo, ma il titolo è al plurale: a quali altre "Alda" hai voluto dar voce?
Il titolo è al plurale perché possa arrivare al pubblico che questa voce parla per tutti. Alda, io, ognuno di noi è padrone di questo grido d'amore e di speranza. Farsi chiamare tutti con lo stesso nome è un tentativo di spezzare il confine tra palcoscenico e platea, tra arte e pubblico. Tutti siamo testimoni e portatori di emozioni, come tali abbiamo il diritto e il dovere di esprimerle.

Quanto di Giulia c'era in Alda? E cosa ti ha lasciato questo ruolo?
Io sono un filtro, cosa che sempre dovrebbe essere un attore, del testo. Di Giulia c'è il corpo, la voce e il cuore. Ma volevo che fosse Alda Merini ad arrivare al pubblico. Un personaggio così puro e diretto che non ha bisogno di troppi fronzoli o stratagemmi teatrali per arrivare alle persone. Sono molto felice di aver avuto l'opportunità di conoscere Alda così nel profondo. Non conosciamo mai abbastanza un artista o un personaggio fin quando non mettiamo in bocca le sue parole e le rendiamo tridimensionali. Di Alda porterò sempre con me la sua forza e la sua sorridente consapevolezza e noncuranza di essere scomoda.

La tua poesia preferita della Merini?
Non saprei dare solo un titolo. Ogni poesia di Alda è necessaria e incandescente.

Ma ce n'è una che ti dedicheresti? E, se sì, perchè?
Dedicarsi una poesia è difficile. Ogni essere umano cambia, si evolve da un giorno ad un altro, o anche all'interno di una singola giornata. Quindi descrivere se stessi è quasi impossibile, secondo me. Ma vorrei dedicarne una ad ogni creatore di arte, qualunque arte essa sia. Perché nessun artista smetta mai di credere che ci sia una via, una possibilità, una vittoria, insieme. Il titolo è Poeti.

Il XXI secolo e la società odierna hanno bisogno dei poeti? E chi sono, secondo te, i poeti oggi?
Avremo sempre bisogno di poeti. Quelle creature notturne e solitarie che hanno la capacità di partorire sogni. Oggi i poeti sono tutti quelli che hanno il coraggio di tirare fuori, con umiltà e passione, l'inferno e il paradiso che hanno dentro. Conosco diversi poeti contemporanei, anche molto giovani, che spero trovino presto il loro spazio in questo mondo meraviglioso. Ma invito tutti a scrivere, anche a caso, senza logica, sugli scontrini dei bar, sulle scrivanie degli uffici, sulle loro stesse mani. Non nascondete mai lo straordinario che vi abita, sarebbe un vero peccato.

Che potere ha la parola, per te? E il silenzio?
Ogni parola è un mondo. Mondi meravigliosi che formano frasi, dialoghi, creano distruzione, guerre, dolore e, al tempo stesso, gioia, commozione, risate e amore. Nulla è più potente di una parola, nel bene e nel male. Le persone dovrebbero avere cura di questo dono e prestare molta attenzione nell'utilizzarlo.
Il silenzio, invece, è alla base del mio lavoro. Nel silenzio tutto trova la sua creazione: i pensieri, le idee, i progetti, le lacrime, un sorriso. Il silenzio è come il bianco, contiene tutti i colori. Quando c'è silenzio, tutto è possibile.

Ci chiamarono tutti Alda 800x533Allo spettacolo è legato anche un progetto fotografico: a quale immagine sei più affezionata? E perché?
Fu così che ti vidi è il progetto fotografico di Emanuele Bencivenga, che nasce dallo spettacolo e l'ha accompagnato in questo ultimo allestimento. Con Emanuele abbiamo lavorato per due giornate, cercando di raccontare il manicomio di Alda e di trasmettere le emozioni che lui per primo aveva vissuto vedendo lo spettacolo. Credo abbia fatto un lavoro straordinario. La foto a cui sono più legata raffigura le mie mani che scrivono su uno specchio impolverato Amatemi perché sono una donna. Un grido di aiuto silenzioso.

Chi vorresti che ascoltasse e/o vedesse questo spettacolo?
Sarei felice che lo vedessero le persone che abitualmente non vanno a teatro. Vorrei che arrivasse ovunque l'idea, la mia grande speranza, che il teatro è una forma di dialogo con il pubblico, di scambio e condivisione e non un luogo dove si subiscono storie e deliri d'onnipotenza. Il teatro è un arte fatta da persone per le persone. Noi lavoriamo per la gente che si siede in sala ad ascoltarci, non per noi stessi. Testo, Attore, Pubblico: senza quest'ultimo, il teatro non esisterebbe.

Progetti futuri?
Vorrei far conoscere Alda Merini lungo l'Italia, ovunque sia possibile andare. Credo sia importante far sapere a tutti che, anche nel vuoto, ci sono delle forme di appiglio: non si deve mai smettere di credere e sperare. Non abbiamo ancora date, ma ci stiamo muovendo perché si definiscano presto. Non dico di più, sono pur sempre un'attrice, la scaramanzia è di casa!

Chiara Ragosta, 27/01/2019

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