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La danza contemporanea: coreografi e palcoscenici

Quali sono gli spazi dedicati alla danza contemporanea nel contesto della fruizione teatrale odierna? Attorno al repertorio statico e tuttavia ancora amato del balletto, una fucina di idee e opere d’arte effimere che plasmano il corpo. Nata da decenni e ancora non completamente sistematizzata, la danza contemporanea riesce a ritagliarsi una propria fetta di pubblico. Da centri europei come Bruxelles, Amsterdam, Londra e dal resto del Nord Europa, talenti originali e contemporanei migrano per portare il proprio contributo emotivo e significativo più che estetico. Piedi nudi, scarpe da ginnastica o calzini, jeans e maglietta appartenenti al quotidiano, bassa definizione formale del movimento; sono solo alcune tra le principali caratteristiche della danza contemporanea. Da un lato una parte di balletto classico che si apre alla sperimentazione, dall’altro danzatori forti di importanti e pluriennali esperienze che hanno definito un proprio stile e un proprio repertorio: Virgilio Sieni, Enzo Cosimi e Aterballetto per fare qualche nome italiano, ma anche gli internazionali Anne Teresa De Keersmaeker e Wim Vandekeybus, nel 2018 ospiti a Firenze in occasione di "Fabbrica Europa". 
Quest’ultimo è un festival rappresentativo tra quelli italiani che si occupano di promuovere le migliori proposte di danza contemporanea italiana, europea e mondiale. Nei numerosi spazi diAnne Teresa De Keersmaeker "Fabbrica Europa", De Keersmaeker si esibisce in prima nazionale al Teatro della Pergola con la Compagnia Rosas, presentando al pubblico la nuova produzione “Mitten wir im Leben sind/Bach6Cellosuiten”. La musica di Bach, già messa in danza in altre creazioni della danzatrice belga, è ora suonata dal vivo dal violoncellista francese Jean-Guihen Queyras e esplorata attraverso il corpo. Con la sua XXV edizione, "Fabbrica Europa" è ritornata all’essenzialità del corpo, al primitivo, alla vitalità intesa a partire dal battito del cuore, vuole cominciare da capo per rinnovarsi e rimettersi alla prova.

Spostando l’occhio più a sud, verso la capitale, la Fondazione Romaeuropa è una delle istituzioni di maggior prestigio impegnata nella promozione della danza, nel segno della conservazione e della divulgazione, non solo di quello che offre il panorama nazionale, ma allargando lo sguardo al di fuori dei nostri confini. Molti i progetti in piedi da diversi anni, tra cui (dal 2010) “DNA Danza Nazionale Autoriale”, il focus sulla giovane ed emergente danza italiana d’autore. Nel 2013 l’indagine si è estesa all’Europa e poi nel 2015 è nato “DNAworld”, aprendosi addirittura dall’Europa agli altri continenti. Diversi i progetti complementari e paralleli, come “Waiting for DNA” e “DNAppunti coreografici”.
Con “Dancing DaysFondazione Romaeuropa da vita ad una rassegna interamente dedicata al movimento, proponendo al pubblico una programmazione sempre molto attenta alle tendenze europee in ambito coreografico, alle novità, a ciò che di rilevante si muove in questo magma creativo senza confini territoriali. L’edizione 2018 vede in cartellone diversi esponenti della scena internazionale, come l’israeliana Karen Levi con “The Dry Piece – XL Edition” (insolita indagine sulla percezione del corpo femminile nella società contemporanea e sull’ideale moderno di bellezza), “Opus” del coreografo greco Christos Papadopoulos (questo suo ultimo lavoro indaga la relazione tra musica e visione), la norvegese Ingrid Berger Myhre con “Blanks” (una riflessione sulle condizioni attraverso cui si assiste a uno spettacolo di danza) e Dominik Grünbühel insieme a Luke Baio, rispettivamente americano e inglese, con “Ohne Nix” (performance umoristica con videoproiezioni e tecniche di morphing). Tra gli appuntamenti più rilevanti nell’ambito del "REF Romaeuropa Festival" certamente la presenza del coreografo e danzatore svizzero Gilles Jobin, con uno spettacolo di danza contemporanea realizzato interamente in realtà virtuale dal titolo, appunto “VR_I”. Secondo appuntamento di assoluto rilievo la creazione di Hofesh Shechter, tra i massimi esponenti della danza contemporanea israeliana, “Grand Finale”, definito dal The Guardian: «Un valzer per la fine dei tempi». 

Vandekeybus 2 2Si può dire, quindi, che la danza contemporanea stia conquistando sempre più una rilevanza nel panorama delle arti performative nel nostro Paese, il che le ha concesso di allontanarsi da quel contesto protetto e circoscritto dello spettacolo per pochi eletti, per gli appassionati o semplicemente per gli esperti. Attualmente i coreografi che primeggiano nell’ambito della danza internazionale mostrano di avere uno spiccato interesse verso i temi attuali, verso uno studio del corpo che attraverso il movimento ne esalti le potenzialità, ne sottolinei la mutabilità. Rinnovato l’approccio allo spettacolo che tende, quindi, ad appassionare il pubblico, con una componente musicale non più accessoria, come accadeva nelle prime sperimentazioni in cui spesso le coreografie non erano scandite da tempi musicali, ma piuttosto dalla cadenza dei passi, dei respiri dei danzatori, adesso la musica ritrova una nuova linfa, divenendo fondamentale e necessaria alla totale comprensione dell’esibizione. 

Se Anne Teresa de Keersmaeker si conferma tra le coreografe europee più apprezzate, spesse volte accolta in Italia, dove i suoi lavori riscontrano sempre molto successo per la composizione formale delle sue coreografie in cui si evidenzia una tensione alla perfezione lineare, pulita ed essenziale, costruite sul calcolo matematico, che si ripercuote anche sulla scelta della musica; altri sono gli artisti acclamati sul territorio italiano. Recente, infatti, è lo spettacolo andato in scena al Teatro Bellini di Napoli, il 20 maggio "In Spite of wishing and waiting" di Wim Vandekeybus, coreografo fiammingo che mescola in questo lavoro danza, teatro e cinema. Qui sono espressi i desideri primordiali di un gruppo di uomini: ferocia, ingenuità, bestialità, goliardia sulle note di David Byrne, ex leader dei Talking Heads, in uno scontro tra corpo e mente, tra fisicità e impulso. Gode tuttora di una certa fama il coreografo francese Gilles Coullet, per diversi anni attivo in Italia, dal 1986 al 1997, in particolar modo al Teatro La Scala di Milano, dove ha collaborato con registi del calibro di Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Liliana Cavani, Jerome Savary.

Ritorna sui palcoscenici italiani nell’occasione del "Napoli Teatro Festival" con lo spettacolo Wakan la terra divorata, in cui il linguaggio dei segni e dei riti amerindiani si fonde al teatroVandekeybus 2 1 fisico di Coullet, parola e corpo si uniscono dando vita ad uno spettacolo in cui quell’idea di sperimentazione alla base della danza, cosiddetta, contemporanea è fedelmente riprodotta. Da sempre amatissima e seguitissima è la compagnia dei Momix di Moses Pendelton che apre il suo tour mondiale proprio in Italia, al Teatro Olimpico di Roma, per la stagione 2018/2019. La filosofia dei Momix vede l’assemblarsi di danza e performance acrobatiche, per dar vita a coreografie che rievocano un mondo immaginifico, onirico e accattivante esaltato dai giochi di luci e ombre, dalla scelta di costumi e strumenti che accompagnano i movimenti sinuosi. La danza contemporanea rappresenta tutto questo: un miraggio, un cerchio che non riesce a chiudersi, un presente infinito in cui la società tende al cambiamento ma in fondo rimane sé stessa e, se non riesce più a riconoscersi, torna disperatamente alla ricerca delle proprie origini. All’interno di spazi scenici nudi e non convenzionali, la parola d’ordine è esplorazione; coreografi contemporanei freschi o più esperti dicono la propria attraverso il movimento, lasciando talvolta perplesso il pubblico e tuttavia suscitando una riflessione che troppo spesso le migliori opere in bellezza non provocano.

Benedetta Colasanti, Ilaria Costabile, Giuseppina Dente
08/06/2018

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