Il mondo digitale non è più la via di fuga dalla realtà, l’oasi impalpabile nel deserto del quotidiano, ma si è trasformato – o potremmo dire evoluto – in un ulteriore elemento tangibile della dimensione reale con cui è possibile interagire in un modo inedito e ‘vero’, non più virtuale. Nei lunghi giorni di quarantena imposta dall’emergenza causata dalla pandemia di coronavirus, in tutto il mondo ci si è riversati sui social network e sulle piattaforme streaming per mantenere vivi quei comportamenti e quelle abitudini che le misure di contenimento della malattia messe in atto dai governi dei diversi Paesi avevano reso impossibili pressoché ovunque, dall’aperitivo allo sport fino alla visione di un film al cinema, di uno spettacolo o di un concerto. Mentre alcune occupazioni quotidiane venivano replicate in maniera attiva nella dimensione online, altre si riproducevano in modo passivo. Il piccolo schermo della televisione, quello del computer e quello ancora più piccolo dello smartphone hanno sostituito il grande schermo e il palcoscenico quando istituzioni, enti e realtà del cinema, della musica e dello spettacolo (teatro e danza) hanno cominciato a caricare sulle proprie pagine i loro contenuti audiovisivi, riversando i propri archivi sui canali Youtube. Il device digitale era quindi usato come un contenitore per la fruizione e come un mezzo per le altre attività in cui era richiesta partecipazione. Al mondo dell’arte restava ancora un salto da fare: utilizzare le tecnologie interattive e le piattaforme di uso comune come luoghi di creazione partecipata e condivisione, anche in tempo reale.
Questa è stata l’idea dietro Digital As Dance Partners – Frameworks, lanciato dal network inglese Aerowaves, istituzione che dalla metà degli anni Novanta si occupa di connettere tra loro le più diverse e innovative realtà del mondo della danza, insieme a Springback Production e ad altri partner europei, tra cui la Fondazione Romaeuropa e BMotion/Opera Estate Veneto Festival per l’Italia. Grazie anche ai finanziamenti comunitari del programma Creative Europe, è stato quindi possibile realizzare questo progetto che ha visto coinvolti coreografi e perfomer europei e non solo data anche la presenza della coreografa e danzatrice turca Ekin Tunçeli. Il risultato è la diretta streaming sulla piattaforma Zoom andata in onda dalle 19.00 di giovedì 25 giugno e in differita dalle 20.00 sul sito del REf, romaeuropa.net, dove è ancora disponibile.
Split screen e chroma key sono le tecniche più usate nei video caricati durante queste oltre tre ore di diretta, che consentono di tenere insieme più attori e più luoghi contemporaneamente. Fin nella prima pièce si palesa la ricerca dell’unione e dell’unità gli individui, che per mesi è stata bandita come un attentato alla pubblica sicurezza sanitaria. In Octopus della francese Léa Tirabasso, un estratto dal suo spettacolo La vita effimera di un polpo del 2019, i quattro interpreti riproducono i movimenti goffi e convulsi delle componenti più piccole del regno dei viventi, le cellule, e danzano ciascuno in uno schermo andando poi, avvicinandosi ognuno a un bordo del proprio, a formare una singola figura. Recita una frase latina E pluribus unum, a ricordarci che già dagli stadi più primordiali della Natura è presente – e vincente – la spinta a congiungersi, mescolarsi, connettersi. Meno sperimentali e con uno sguardo più attento all’osservazione delle dinamiche della vita quotidiana costretta tra le pareti casalinghe a causa del virus, in rOOms di Joy Alpuerto Ritter e Lukas Steltner mettono in scena azioni e comportamenti che assumono una sfumatura di esibizionismo che è un tentativo di far apparire lo scorrere dellesistenza come se tutto fosse ancora normale, non intaccato dalla paura del contagio. In un alternarsi di assolo e di passi a due domestici, la coppia si prepara per una cena romantica che si svolge non in un lussuoso ristorante ma nella loro cucina, accanto all’angolo cottura dell’appartamento, in favore di camera del cellulare per un diretta su Facebook. Grazie alla mediazione digitale inoltre è possibile realizzare un’esibizione di danza e musica con gli interpreti in due luoghi diversi e connessi attraverso un paio di auricolari, come dimostrano il contemporay dancer Julien Carlier e la chitarrista Gaëlle Solal in Through The Wire, connessi attraverso il filo internettiano e artistico. Così come la tecnologia consente di realizzare momenti di condivisione, quale gli ultimi minuti di Somewhere Only We Know di Tunçeli dove ciascuno dei partecipanti alla sua videochiamata è invitato a eseguire dei movimenti in un grande coreografia fatta di tanti riquadri individuali, e di sintonizzazione tra corpi e spazi cittadini in un’epoca in cui invece la separazione tra la vita e gli luoghi pubblici si è fatta quasi radicale, come mostra il montaggio alternato di Unleashing ghosts from Urban Darkness di Alessandro Carboni, realizzato con le clip video dei suoi perfomer impegnati in una mappatura corporea degli spazi cittadini.
Queste otto coreografie corrispondono a otto modi diversi di interpretare e di dare concretezza all’interpretazione di diverse domande. Dalle più ‘ovvie’, come la tecnologia può aver condizionato le nostre vite, a quelle più pioneristiche che riflettono sui nuovi possibili percorsi di interazione tra persone nel mondo reale e nel mondo virtuale. Tutte con uno scopo comune, che è in fondo quello dell’arte tersicorea fin dai suoi albori: celebrare la società nelle manifestazioni della sua dimensione collettiva.
Le otto coreografie presentate a Digital As Partners – Frameworks sono:
Octopus:
choreography: Léa Tirabasso performance: Alisair Goldsmith, Baptiste Hilbert, Catarina Barbosa, Joachim Maudet, Rosie Terry Toogood Music: Martin Durov
rOOms:
choreography and performance: Joy Alpuerto Ritter & Lukas Steltner music composer: Vincenzo Lamagna technical support: Enya Belak Gupta)
Digging:
choreography: Masako Matsushita in collaboration with Ingvild Isaksen creation contribution: Flora Barros, Kurumi Nakamura, Sivan Rubinstein, Cornelia Voglmayr music produced and composed by: Lgo Ygo (Liran Donin) with the support of: Nanou Associazione Culturale
That time may cease and midnight never come:
choreography: Chiara Taviani & Henrique Furtado Vieira performance: Chiara Taviani, Henrique Furtado Vieira, Simone Previdi, Vera Nunes, Leonor Nunes, Fred thanks to Forum Dança, Hugo Coelho, Luís Rosário, O Rumo do Fumo
Through the wire:
choreography: Julien Carlier performance: Julien Carlier (dance) and Gaëlle Solal (guitar) video assistant: Jeremy Vanderlinden artistic advice: Fanny Brouyaux sound advice: Simon Carlier
Somewhere Only We Know:
choreography and performance: Ekin Tunçeli visual design: Buse Ceren Ekic music: Ekin Tunçeli technician: Muhammed Ali Dönmez
Filter Out:
choreography & performance: Máté Mészáros, Nóra Horváth camera operator & artistic assistant: Karl Rummel filters’ design: Nóra Horváth music: Sebastian Reuschel consultant: Balázs Oláh
Unleashing ghosts from Urban Darkness:
concept, choreography and visuals: Alessandro Carboni performance: Tsui Yik Chit, Danila Gambettola, Vitória Beatriz de Aquino Andrade, Martina Piazzi, Rose Lijia v.m, Loredana Tarnovschi, Aris Papadopoulos, Carolina Carloto camera: Ottavia Catenacci, Anoop Poona, Ivar Janssen, Yiannis Tsigkris, Carrol Ho, Luca Fani, João Tairum, Martino Scarlata assistance: Ana Luisa Novais Gomes and Alessandro Toscano with the support Formati Sensibili
Lorenzo Cipolla