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#Rubik: c’erano una volta i Diaframma, ma ci sono ancora

Ott 09

Una volta appresa la notizia dei Diaframma al Monk di Roma, Rubik non poteva certo esimersi dal presenziare e inaugurare così un umido autunno a suon di bass & beers.
Ed è così che, quasi con le lacrimucce agli occhi per l’inizio di quella che sulla carta sembra essere una Signora Stagione per il locale romano, ci uniamo alla (inaspettatamente, a onor del vero) numerosa folla che si accalca sotto il palco dominato da Federico Fiumani. Della formazione originale, infatti, è rimasto solo lui: ciuffo grigio al vento, camicia schizzata di nero e chitarra sempre ben stretta in mano. Al suo fianco, Lorenzo Moretto alla batteria, Edoardo Daidone alla chitarra e Luca Cantasano al basso creano un magico trampolino di suoni grazie al quale la platea si tuffa e rituffa in quel mondo sempre più evanescente e guardato con nostalgia.
Due ore di musica ininterrotta e dalla voce graffiata e graffiante, riesumazione mai interrata di quel sound primordiale che Siberia reloaded 2016 fa rivivere ai fan in tutta la sua essenza e benefica cattiveria, corredato per di più da sei nuovi fiumani2brani ispirati al sound del disco targato 1984. Un flusso di energia che divampa e si ritira, che attraversa (quasi) tutti i loro Diamanti Grezzi musicali e fa alzare braccia arrabbiate ed esaltate verso il cielo (con gran gioia di chi è alto un metro e una lattina e si trova proprio lì dietro).
Duri e puri, fedeli alla linea, i Diaframma non sono una rivelazione ma una continua conferma per il loro popolo, che continua a sceglierli e preferirli a formicai di altri esponenti ispirati dalla new wave del rock alternativo: ad esempio i Soviet Soviet, così “amati” da Fiumani che passa metà concerto a sfotterli.
La band è bandiera trentennale di un punk rock dal tocco cantautoriale che ancora non si è spento, e non sembra avere intenzione di estinguersi tanto presto, resiliente tra le fiamme made in Anni Ottanta che nella loro Firenze divampavano selvagge. E a chi importa se l’elettronica dilaga, se il pop ostruisce, e se qualcuno potrebbe accusarli di staticità e ossidazione in uno stile fin troppo definito: “Nessun senso di colpa, non è importante per me”. E secondo noi c’ hai ragione tu, Federi’.

Giulia Zanichelli 09/10/2016

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