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#RUBIK Apparizione di “Un mondo raro”: l’anima di Chavela Vargas pervade il Monk

Ott 16

Dispiace. Dispiace, e tanto, per tutte quelle persone che non hanno potuto o voluto essere presenti a un concerto che era qualcosa di più di un semplice spettacolo. Perché un momento collettivo emotivamente così coinvolgente e allo stesso tempo così legato all’imponente figura di una donna piena di parole, solitudine e tequila forse non ci sarà più. O non più in questa forma, sottovoce ma gridata, straziata e redentrice, gioiosa ma terribilmente malinconica.
In un’esibizione in anteprima per il Romaeuropa Festival, i cantautori palermitani Antonio Di Martino e Fabrizio Cammarata, uniti dalla musica e dall’amicizia, hanno trasformato la sala appannata del Monk in una taverna messicana coperta di teschi dipinti e animata da contrabbasso, percussioni, tromba e chitarre acustiche.ChavelaVargas
Un grande omaggio è quello che prende vita con “Un mondo raro”: seduti sui loro sgabelli, i due musicanti danno nuove italiane parole (ma non sempre) a brani composti o interpretati da Chavela Vargas nella sua lunga, eclettica e folle carriera: da una brillante “Macorina” a “Paloma negra”, da “Non tornerò” al dolce dolore di “Le cose semplici”.
Un’opera originale, scritta e suonata (al disco è affiancato anche un libro), che porta in luce i seducenti e tristi lineamenti sudamericani della chanteuse amante di Frida Khalo, scomparsa dalle scene per due decenni e poi ritornata al successo a 80 anni, così emblematica e anticonformista da entrare nell’Olimpo delle creature mitiche messicane.
Un amore, quello per Chavela, sbocciato prima in Fabrizio grazie al suo brano più conosciuto, “La Llorona”, e poi trasfuso in Antonio, al punto che è proprio lui ad avere l’idea di questo progetto creativo condiviso. E allora, i due innamorati hanno fatto le valigie in direzione Città del Messico, per immergersi nella terra rossa e riemergerne con audaci arrangiamenti e traduzioni. E tra un “Vitti Na Crozza” messicanizzato in “Vi una calaverita”, battute reciproche e due gocce di tequila sul palcoscenico in onore della Vargas, la serata sembra dilatare il tempo di un tempo ormai perduto: come un’apparizione sciamanica, incantante e sprigionante un suono vero, profondo ed elevato, del quale non ci si può che innamorare.

Giulia Zanichelli 16/10/2016

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