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Un viaggio nel cuore dello Studio Ghibli: "Il regno dei sogni e della follia"

C’è il Giappone, una cultura ricca di fascino ed eleganza. C’è uno studio cinematografico, che fabbrica sogni per bambini e adulti. Ci sono tre uomini che danno vita e colore a questi sogni. Nel 2012, le porte dello Studio Ghibli si aprono per mostrare ai suoi ammiratori gli ultimi giorni di lavorazione del film “Si alza il vento”.

Nell’emozionante documentario “Il regno dei sogni e della follia”, nelle sale italiane il 25 e 26 maggio, Mami Sunada ci accompagna all’interno di uno dei più importanti studi d’animazione, fondato nel 1985 da tre personalità tanto grandi quanto diverse: Hayao Miyazaki, Isao Takahata e Toshio Suzuki. I primi due, gli autori, vivono da sempre un rapporto di amore e odio, una competizione supportata da stima reciproca e in qualche modo mediata dal paziente Suzuki, il responsabile della produzione.

Entrati negli studi, si respira subito un clima di serenità, in cui i disegnatori lavorano ancora con un metodo tradizionale che rifiuta la tecnologia, studiando meticolosamente ogni dettaglio o piccolo movimento del personaggio. Mentre Takahata stenta a terminare il suo “La  storia della principessa splendente” (che infatti uscirà l’anno seguente, guadagnando la nomination agli Oscar nel 2015), Miyazaki incanta i suoi disegnatori con lezioni di etichetta giapponese ed esercizi di ginnastica al mattino, con quella pacata ironia che lo contraddistingue.

La lavorazione di “Si alza il vento" sta per terminare e nessuno sa ancora come finirà, perché, come dice Miyazaki, i film si scrivono da soli, sono esseri viventi. Ed è emozionante vedere la sua reazione dopo l’anteprima: “Scusatemi. È la prima volta che mi commuovo con un mio film.” Forse per quel finale così malinconico che ha preso il sopravvento da sé, o semplicemente perché è il suo ennesimo capolavoro. Forse perché è l’ultimo.

È con questo film che, passati i settant’anni, il premio Oscar Miyazaki ha segnato il suo ritiro, dopo averci abituati a sognare con lui, ad attraversare quegli immensi cieli a bordo dei suoi aerei o abbracciati a stravaganti maghi dai capelli biondi. Tra tutti quei disegni che costellano le pareti dello studio, quei bozzetti accumulati sugli scaffali, reliquie per chi è cresciuto con i suoi film, risalta un promemoria scritto a penna, appeso davanti alla scrivania del Maestro: “Io con questo ultimo volo me ne vado in pensione”. 

 

(Chiara Bencivenga) 

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