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Teatro e Coronavirus: platee digitali e nuove strategie social

C’è una piccola luce sulla scena. Nel sorprendente inganno della finzione è ancora possibile uno sguardo coscienzioso e un rimasuglio di normalità apre il sipario alle nuove proposte. Il teatro e le parole riempiono il mondo digitale, rarefatta astrazione regolata dall’assenza di contatto: ogni sguardo si perde nel silenzio dell’emergenza e mette in stand-by il tacito accordo fra attori e spettatori. Non era prevedibile, ma nell’immobilismo forzato la creatività può ancora compiere uno slancio decisivo e il recupero della condivisione diviene azione necessaria. Letture ad alta voce, chiacchierate informali e brevi interpretazioni diventano contenuti indispensabili delle pagine social e le piattaforme generano sezioni dedicate allo streaming e alla fruizione a distanza. Non c’è distanza senza connessione ed è curioso che in uno stesso termine convivano il significato e il suo opposto: quella linea retta immaginaria che unisce luoghi, oggetti o persone crea legami autorevoli che hanno bisogno di colmare un’assenza.

Lo sviluppo delle strategie di comunicazione non sostituisce di certo le poltrone rosse o il brusio che si acquieta trepidante, ma sperimenta un’interazione con un pubblico da divano che non rinuncia al piacere della bellezza. Ogni sera, a teatro, succede qualcosa di diverso e riprodurne l’aspetto fondante sarebbe inattuabile, ma essere spettatori virtuali non significa essere soggetti passivi e la partecipazione emotiva può ancora essere pensabile. «Il teatro veicola contenuti di altissima valenza affettiva, culturale ed emozionale - spiega Guido Di Fraia, prorettore IULM all'innovazione e alla comunicazione e ricercatore - Attraverso i social abbiamo imparato a generare delle relazioni di valore con i nostri interlocutori e a seguito dell’emergenza ci si è spostati da una logica puramente push, quella tradizionale dell’advertising, a quella dell’Inbound marketing dove sponsorizzare lo spettacolo non basta, occorre stabilire e mantenere una relazione con l’utente. In questo momento intercettare i bisogni diventa ancora più funzionale dato che c’è un uso maggiore dei social network». Se la variazione delle logiche di promozione si accosta alla funzione sociale appare innegabile un’evidente scompenso fra ciò che è sempre avvenuto e ciò che sarà. L’incremento delle attività social del teatri di tutta Italia mostra una buona interazione col pubblico che risponde bene alle iniziative: rubriche per i più piccoli, podcast, lezioni in pillole tenute da esperti del settore e creazione di hashtag riconoscibili.

L’ aumento dell’interazione si accosta a un probabile ampliamento del target e le piattaforme video registrano una crescita notevole delle visualizzazioni, dimostrando che un probabile archivio digitale avrebbe un buon seguito. «I consumi culturali sono sempre molto complessi e la dimensione comunicazionale è certamente decisiva. Intercettare nuovo pubblico è possibile, ma la comunicazione dev’essere progettata equilibrando il canale, il contenuto e le strategie per attrarre un target più giovane e dinamico escluso dalla comunicazione tradizionale. Dal 2010 abbiamo un osservatorio che analizza la gestione dei contenuti social di 720 aziende italiane e ci siamo resi conto che nonostante sia aumentato costantemente l’uso delle piattaforme, la capacità con cui le aziende italiane continuano a gestire i social è spesso molto bassa. Da ciò si evince che i teatri non sono le uniche realtà ad avere carenze di questo tipo». Un’attenzione maggiore dev’essere dunque dedicata agli strumenti della rete. Le possibili evoluzioni non possono essere determinate, ma la creazione di nuovi linguaggi investe le logiche della comunicazione teatrale che ricorre a meccanismi di sussistenza diversificati - temporanei o duraturi - dai risvolti potenziali. La creatività accresce le competenze e il valore della consapevolezza attiva il countdown della riapertura. Tre, due, uno…Sipario.

Laura Rondinella  08/05/2020 

Sei giornate di Night Blue Moving Bodies Festival: la settima edizione online su Facebook

La settima edizione del Moving Bodies Festival di Butoh e Live Art, a cura di Produzioni Espace, accetta il compromesso della virtualità, necessario in questo momento così segnato dall’impossibilità del contatto.
Sulla pagina Facebook del Teatro Espace e del Moving Bodies Festival sei artisti provenienti da diverse parti del mondo, porteranno una riflessione sull’arte durante le attese, in un attimo virtuale non filtrato dal flusso continuo della cronaca, lontano dalle luci diurne, e restituito al blu dell’onirico. È infatti al colore della notte che è dedicata questa settima edizione del Festival, sviluppata sul racconto intimo dei partecipanti, isole al confino che hanno comunque scelto la strada dell’arte, nonostante un momento come quello del lockdown sembri esserle così ostile. Sei giorni di festival dedicati a sei artisti internazionali, dal 4 al 9 maggio, per conoscere, per connettersi, se pur virtualmente, con le loro opere e con testimonianze di poesia nate fra le mura domestiche. Giornalmente i loro canali, offriranno al pubblico dei post sulla storia di ciascun artista corredati da una cartolina scritta dalla quarantena, sino all’appuntamento serale in streaming video dell’opera inedita pensata per il festival.
Francesca Arri, collegata da Torino con i performer tramite Zoom, trasformerà l’online in un nuovo spazio scenico a più voci. Quella di Girolamo Marri da Roma indagherà le sonorità della parola attraverso il mezzo video e quella di Vincenzo Fiore Marrese da Berlino, le potenzialità delle nostre appendici meccaniche, riscoperte in questo periodo di incontri negati. Sempre da Berlino Edegard Fernando Starke, racconterà com’è cambiato il suo Paul Studio, spazio indipendente e residenza d’artisti che resiste all’assordante silenzio. Da New York, con Yucco, artista Butoh, si scivolerà nell’esplorazione della notte come spazio e momento di poesia, mentre dal Giappone la coreografa Yumiko Yoshioka, narrerà degli intimi processi di creazione artistica sospesi tra attesa e coesistenza. Ogni giorno, in apertura al festival, vi sarà Notazione: video lezioni condotte da Ambra Gatto Bergamasco, ispirate al libro scritto a 4 mani con Paolo Fichera sulla poesia e la Butoh, la “danza tenebrosa” del Giappone contemporaneo.
Che la pausa del corpo sia solo un momento per far galoppare più forte i sogni, perché è proprio nella notte blu che ‘arde oltre il fuoco mai scisso/ il crepitare di un cammino’ (Paolo Fichera, Figura, 2019).

Gabriella Longo  05/05/2020

Intervista a Maurizio Baglini: musica, speranze e un piano per ripartire

La pandemia è stata fortemente caratterizzata dalla musica. Nonostante le distanze, ci ha fatti sentire uniti. Esiste, però, anche un altro aspetto, un’altra faccia della medaglia: il paese sta ripartendo, ma quando riprenderà il settore culturale? Tra quanto tempo un artista potrà di nuovo tornare sul palco a suonare? Ne abbiamo parlato con Maurizio Baglini, pianista di fama internazionale, curatore artistico del teatro Verdi di Pordenone, nonché direttore dell’Amiata Piano Festival. Tra la voglia di tornare ad abbracciare il suo pubblico e tante perplessità sul presente, ci svela quanto è complesso interfacciarsi, ad oggi, con una crisi del genere. Ci racconta quante persone sono coinvolte e quanto sia importante trovare una via alternativa per non arrivare al collasso, prendendo in considerazione anche il concerto senza pubblico in sala.

D: Qual è stata la prima reazione all’emergenza covid-19, sia dal punto di vista del musicista, che del consulente artistico?

R: Dall’8 marzo in poi, ho seguito alla lettera le direttive e sono stato molto attento. L’emergenza l’ho vissuta con un totale isolamento. Ho iniziato a capire cosa si potesse fare da casa. Nel corso di questi due mesi c’è stata un’evoluzione: nei primissimi giorni pensavamo addirittura agli spettacoli e all’agenda di aprile. Pian piano, però, si è iniziato a capire che c’era un’evidente gravità. E’ inutile dirlo che come artista sto perdendo decine di concerti, non sono l’unico; come organizzatore sto cercando di valutare tutte le ipotesi percorribili.

D: Quali conseguenze e quali incertezze sta avendo la pandemia sul suo lavoro?

R: Sono direttore dell’Amiata Piano Festival e consulente artistico del teatro Verdi di Pordenone. La prima è una manifestazione basata sul turismo internazionale, quindi sono tante le questioni da risolvere. Si possono ipotizzare soluzioni all’aperto, ad esempio, con l’estate che si avvicina. Al festival abbiamo un bellissimo auditorium, ma non abbiamo un servizio tecnico fisso, solo stagionale. Il teatro di Pordenone, invece, ha una serie di maestranze alla quali mi ostino a voler dare degli aiuti, perché non si può lasciare senza lavoro un intero comparto. Il problema per quanto riguarda la musica non è solo relativo all’artista, ma ci sono tecnici, elettricisti, sarte, maschere e tutta una filiera che sta sparendo.

D: Cosa c’è di sbagliato nel piano di riapertura del settore culturale?

R: Se si resta ancorati alla concezioni che concerto o musica dal vivo equivalgano ad assembramenti, non se ne uscirà. Questo è il tabù da sfatare. Al momento bisogna far capire che il concerto si può fare anche senza pubblico, proprio per non far morire il comparto culturale. L’assenza di pubblico è un’ipotesi concreta, per spendere correttamente i pochi soldi a disposizione. Io sarei contento se qualcuno del settore ripartisse. Deve essere chiaro che la cultura esiste: tanta gente, che anche prima del covid-19 faceva la fame, adesso è quasi al collasso. In Francia sono già scoppiate delle proteste.

D: Secondo lei, quale potrebbe essere la soluzione ideale per ripristinare la musica dal vivo in questo momento?

R: Se parlo di diffusione, mi riferisco anche alla filodiffusione: a Pordenone abbiamo anche ipotizzato di mettere gli altoparlanti per la città. Andrebbe bene qualsiasi cosa in questo momento. Basterebbe sbloccare una macchina ormai ferma. La soluzione ideale ora non c’è, quindi bisogna procedere sperimentando. Il problema dello streaming è che la gente, in qualche modo, subisce ciò che il motore di ricerca propone. Vale per i social, per YouTube e per tutto ciò che è il web in generale. Al teatro Verdi, ad esempio, abbiamo quasi 900 posti disponibili: con le varie restrizioni e le misure di distanziamento sociale ci sarebbero meno di 200 spettatori. Mi metterei a disposizione e farei anche cinque repliche al giorno.

D: Quali rischi ci possono essere nell’utilizzare altre forme di diffusione?

R: La qualità del suono non sarà la stessa, pur utilizzando le migliori attrezzature possibili; però c’è un’urgenza di altro tipo: la musica dal vivo, al momento, verrà ripristinata in fase 4. Questo non si sapeva con certezza fino a pochi giorni fa. Se non si mette insieme il comparto turistico con quello dello spettacolo ci sarà un danno irreparabile. Se potranno riaprire le spiagge con accesso contingentato, non si capisce perché non si potrà fare un concerto.

D: Sul suo calendario gli eventi dal 23 maggio in poi sembrerebbero confermati: cosa ne pensa?

R: E’ vero, ma si va avanti giorno per giorno. Adesso attendiamo una nuova direttiva: bisognerà che tra il 4 e il 18 maggio ci dicano cosa dovrà succedere. Tutto questo nella speranza che non risalgano i contagi e che la curva continui a scendere, perché se l’inizio della fase due verrà gestito male, si ritornerà ad avere un rialzo di positivi. A quel punto non se ne uscirebbe più.

D: Rispetto a prima, la musica è più o meno presente nella sua vita? Cosa sogna per il suo futuro?

R: Alla fine è più presente, però è molto dispersivo il lavoro. Studio tante cose diverse, perché non so, poi, quali mi serviranno. Dato che non c’è alcuna certezza, do priorità a ciò che mi piace, alla passione musicale, più che al lavoro vero e proprio. Come organizzatore sogno di poter riproporre, diluito nel tempo, tutto ciò che è saltato. Allo stesso modo, da artista, sogno di recuperare tutte le date perse, perché significherebbe che la situazione si è ripristinata.

Micaela Aouizerate  5/05/2020 

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