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Sanremo 2017: la semifinale che cacciò i big d'annata

Feb 11

C'era da aspettarselo, con un meccanismo governato dal televoto e con una rosa di big rimpinzata di personaggi più o meno costruiti e seguiti da un pubblico abituato al sistema (su questo spenderemo qualche parola in più domenica). La semifinale ha però decretato esclusioni pesanti, almeno dal punto di vista storico. Ma andiamo per ordine, sorvolando sugli ospiti lampo, sull'imbarazzante gag dei denti finti, sulla giuria di esperti, sulla Clerici, su Bernabei, e riviviamo le esibizioni della penultima serata del Festival di Sanremo.
Pronti via e Ron cerca – e quasi trova – il riscatto. Canta meglio delle sere precendeti: incisivo, grintoso e preciso, gagliardo, rende merito alla sua carriera e valorizza un testo a tratti lacunoso. Chiara invece conferma quanto già mostrato, cioè quasi nulla. "I posti sono semplicemente persone": la ballatella banalotta è presentata dalla Galiazzo senza mordente e con vocalizzi debolucci. Samuel alza un po' il tono della serata e della sua performance, ma l'aria "neffarda" su un pezzo piuttosto dance continua a non convincere.
Al Bano stavolta non rischia l'embolia – un premio al coraggio lo meriterebbe, non c'è dubbio – toglie il grattato convalescente e torna ai gorgheggi esplosivi. Ma la sua romanza rimane polverosa e vetusta anzichenò.
Ermal Meta racconta con sincerità e scrive bene, sulle ali dell'entusiasmo per la vittoria della serata cover attacca con grinta gli acuti della sua canzone. Sta crescendo alla distanza, comunque vada è il vincitore morale del Festival.
Michele Bravi porta sul palco un surrealismo spiccio e adolescenziale di cui si poteva fare anche a meno. Non basta aver vinto X-factor nel 2014 per non risultare troppo acerbi persino in una kermesse che i talent ormai li mangia a colazione.
Ascoltando la nuova performance di Fiorella Mannoia si rimane sempre più delusi per la dichiarata e funzionale falsità di un pezzo banale, cantato persino lievemente sottotono – ma comunque da gran signora dell'interpretazione – rispetto alla prima serata.
L'ingresso di Clementino provoca il gelo e tocca a Carlo Conti – a lui piace sì, lo ha portato per due anni di fila – applaudire forte per scardinare il ghiaccio formatosi tra palco e platea. Il suo brano, per quanto cantato con un filo di rabbia in più, rimane retorico e recidivo.
Lodovica Comello è inadeguata e dovrebbe fare altro, o comunque non necessariamente cantare al Festival di Sanremo. È penalizzata peraltro da un brano inutilmente arzigogolato, che la affossa in tecnicismi che non le competono.
Gigi D'Alessio e la sua paratassi ardita fanno sorridere, per poi tornare preoccupati sull'ottava alta che gli gonfia un po' troppo la vena. L'impressione è che non si tratti, comunque, della sua produzione peggiore.sanremo2017semifinale
Paola Turci si lascia invece valorizzare da un pezzo giusto, rock, dinamico e ben strutturato, con un ritornello quasi mozzato che coinvolge e convince a pieno. Tra lei e il resto dei concorrenti c'è praticamente il vuoto. Sarebbe da podio.
Convince ancora Marco Masini, che porta a vette altissime il testo di Zibba (anche dal punto di vista vocale, e senza sbagliare, che non è poco).
Francesco Gabbani gioca sul suo personaggio, presentandosi vestito da scimpanzè e buttando in caciara la gara canora. Il brano, per quanto divertente (lo ballerete sudaticci in riva alle spiagge di Rimini o Gallipoli, non temete) non ha alcun senso compiuto. Non basta una supercazzola per avere stile.
"Dove vanno i giorni belli di un amore?" è la summa del brano di Michele Zarrillo, fin troppo struggente ma comunque dignitoso, seppur eccedente di virtuosismi vocali nella parte finale. Insomma, una canzone di Michele Zarrillo.
La lacrimosa Bianca Atzei al Festival è sempre di passaggio (e sempre con la canzone sbagliata), ma forse la prossima volta può provare a non fermarsi e andare oltre.
Di Sergio Sylvestre hanno già fatto un personaggio. Potrebbe anche vincere – e noi siamo preoccupati per questo – nonostante abbia un brano ovvio e piuttosto aperto, che forse non valorizza gran che la sua vocalità.
Chi è ovviamente in balia di qualcosa più grande di lei è Elodie, a cui non hanno spiegato che per una settimana ha cantato il nulla. A maggior ragione potrebbe andare a podio.
Fabrizio Moro ha scritto una canzone apprezzabile, ma non la sa proprio cantare e rimane sempre sulla soglia della sufficienza, intesa sia come voto sia come atteggiamento davanti al microfono.
Si chiude in bellezza, a orari improponibili. La nasalità di Giusy Ferreri stufa ai primi venti secondi di canzone. In più la Gaetana sembra avere le corde vocali pericolanti, che la fanno somigliare non poco a una Anna Oxa con la bronchite e il naso rotto, e un po' di reflusso.
Alessio Bernabei ha raggiunto l'apice e ormai non è più commentabile. Il suo brano apre spiragli intimi incommensurabili, spesso simili a improperi, parolacce o risate nervose.
Nel frattempo si consuma la gara dei giovani, che come lo scorso anno crea imbarazzo. Con un gioco anaforico martellante e un'interpretazione graffiata ma carismatica, Maldestro presentava la canzone oggettivamente migliore di tutto il Festival (big compresi) e meritava la vittoria. O forse no. Forse gli basta il Premio della Critica Mia Martini, che, gestione Conti a parte (Caccamo e Gabbani nelle due annate passate avevano vinto entrambi i premi) sembra ormai cristallizzarsi come contentino per quelli bravi. A guardare l'albo d'oro prima del trittico Caccamo-Gabbani-Lele (vincitore ieri sera) avevano trionfato Rocco Hunt, Antonio Maggio e Alessandro Casillo, mentre la Critica premiava Zibba, Renzon Rubino ed Erica Mou. Nulla da dire su Lele, vincitore prevedibile quanto la sua canzone. Ah, viene da Amici, e questo non giova a evitare le frecciate dei più malevoli sulla presenza di Maria De Filippi.
Arriviamo agli eliminati. Dispiace molto per Ron: porta sulle spalle il peso della nostra musica, ma il suo brano non era così forte da reggere un televoto. Fischi dalla platea per l'eliminazione di Al Bano, in realtà abbastanza meritata (per quanto si possa voler bene a un 73enne reduce da un doppio infarto, la canzone era rugosa oltremodo) e non così clamorosa come quella di Gigi D'Alessio, forse la vera sorpresa della semifinale se si considera che in finale è andato Bernabei. L'altra esclusa è Giusy Ferreri, che tanto si rifarà monopolizzando le radio fino al solstizio d'estate. Poi farà spazio a Gabbani. Stasera c'è la finale, stappiamo lo Zibibbo.

Daniele Sidonio 11/02/2017

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