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Sanremo 2017: nuove proposte e big della seconda serata

Feb 09

In questa seconda serata di Festival fanno il loro ingresso le nuove proposte e, grazie anche agli ospiti in rapida sequenza, si percepisce più dinamismo rispetto alla serata di ieri, tra rivelazioni, eliminazioni inaspettate, versi nebulosi e pop star esuberanti.
NUOVE PROPOSTE
Marianne Mirage è la prima a esibirsi: con il brano “Le canzoni fanno male” (scritto da Francesco Bianconi e Kaballà) sembra quasi prevedere l’interpretazione di alcuni suoi colleghi. Il pezzo è molto convincente, è orecchiabile ma non vacuo, la voce è potente ma mai sopra le righe. Tuttavia, non ce la fa: il televoto non perdona e soccombe il pezzo “giusto” di una proposta molto interessante e dall’esecuzione pulita.
Francesco Guasti si presenta per la seconda volta alle selezioni e, finalmente, sale sul palco con “Universo” ma, nonostante gli shuttle cartoon sullo sfondo, la canzone non decolla. Gesticola, gioca al cantautore, fa la voce molto rock, mima e regala un’interpretazione fisica che, evidentemente, piace al pubblico, visto che il televoto lo premia.
Nonostante un intro convincente, armonia del testo e una certa dose di energia anche verbale (dire “merda” sul palco di Sanremo è cosa piuttosto rara), Braschi – “figlio di un medico, di un tossico, di un mago” – e i suoi coccodrilli naufragano nella dura legge del televoto.
Leonardo Lamacchia debutta a Sanremo con il brano “Ciò che resta” ma, a ben pensarci, non resta poi così tanto della sua esibizione. Un ricordo sbiadito, tra una costruzione del testo blanda e un’interpretazione un po’ acerba che, però, lascia presagire ampi margini di miglioramento.
BIG
Bianca Atzei si presenta con “Ora esisti solo tu”, trionfo del conservatorismo da festival, ma che lascia basiti per le sinestesie crudeli (“da quel sapore così dolce che lascia una carezza”), la sovrabbondanza di aggettivi (“stupida e testarda, illusa, fragile ma onesta”) e l’immotivata voglia di correre “come due pazzi verso il sole”, alla faccia dell’istinto di autoconservazione.
Marco Masini sale sul palco e dà immediatamente l’idea di voler andare via, conquistandosi già la stima di una fetta di pubblico. Pur con qualche intoppo, si lancia nell’interpretazione di “Spostato di un secondo” che fa affiorare la sua vena amareggiata, portando agli antichi fasti il re dello spleen della canzone italiana. Parla apertamente di dipendenze irrisolte e vizi radicati, servendosi di versi secchi (e tesi, molto) che non possono che meritare un fragoroso applauso.
Nesli e Alice Paba presentano “Do retta a te”, una canzone spietatamente pop, in cui il duetto consiste nel cantare spalla a spalla o l’uno di fronte all’altra le incomprensioni e l’ostinazione di due che si amano. Risulta non pervenuta la componente rap e, con essa, il contributo di un formalissimo Nesli. Non convincono e finiscono in zona rossa. Per una volta non si può biasimare la giuria.
Appare Sergio Sylvestre con la sua presenza imponente e una canzone dal titolo esplicativo. “Con te” non ha un testo socialmente impegnato, non fa riferimenti alla politica o ai mali di questo tempo. È una canzone che parla di sentimenti e lo fa in modo convincente, con gradevoli accenti soul.
Cosa dire de “La prima stella” di Gigi D’Alessio? È un brano che forse avrebbe potuto regalare qualche guizzo in più se eseguito in coppia, mentre in questa versione ci si deve accontentare di immagini rococò come “scavalcare il cielo”, stuzzicando la fantasia con le folate neomelodiche che si sprigionano sul ritornello. Gigi è appesantito da un’interpretazione sovraccarica e, a volte, vola troppo in alto, con risultati immaginabili.
Accade, poi, di confrontarsi con delle frasi criptiche, che procedono per sottrazione, fino a ridursi a vero e proprio enigma. È il caso della Sfinge, dell’indovinello veronese o del brano “Il diario degli errori” dell’idolo teen Michele Bravi. Dire “Ho giocato con il fuoco/ E qualcuna l’ho anche vinta” scaglia l’ascoltatore in un vortice psichedelico in cui, alla ricerca di un senso, si finisce col ricordare una canzone che, altrimenti, non avrebbe alcuna caratteristica memorabile, proprio come le pagine bianche di un diario.
Paola Turci è praticamente irreprensibile: voce solida e appassionata e low profile sono le caratteristiche che contraddistinguono la cantautrice che, con grande energia e ancor più grande eleganza, presenta “Fatti bella per te”, affrontando in modo aperto e sincero una femminilità mai ostentata.sanremo20172
Orange is the new black potrebbe essere il commento più compendiario per Francesco Gabbani che, fluorescente, propone “Occidentali’s karma”: una canzone vitaminica e un po’ supercazzola, piena di parole come internettologi e selfisti, mash-up (namastè alè) e reminiscenze liceali (panta rei). Un brano che può risultare arrogante ma che, se affrontato con quella giusta dose di ironia che l’interprete, per fortuna, sa fornire, risulta molto gradevole e addirittura innovativo, discostandosi dalla colonna portante dei testi sanremesi: le pene d’amore.
Michele Zarrillo appare rifiorito e pacificato con il palco di Sanremo, sul quale non saliva da nove anni. Il brano si intitola “Mani nelle mani” ed è esattamente quello che ci si aspetta da Michele Zarrillo. Forse troppo, dal momento che la canzone sembra assomigliare pericolosamente ai suoi successi del passato, con la formula classica amore-nostalgia che stringe nella morsa di “passione e tormento”, “aurora e tramonto”.
Chiara si materializza eterea sul palco ed esegue bene il compito di interpretare una canzone che lascia attoniti. È vittima di un testo improbabile, in cui il trittico “voglia di tornare, luci basse, stazioni” rimanda all’elenco “case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale” del Tiziano Ferro degli esordi. Ma la vetta del nonsense si raggiunge con la frase “i posti sono semplicemente persone”. Sì, sì: proprio così. Quando si diraderà la coltre di ermetismo degli autori, rimarrà l’interprete, sola e indifesa. E il pubblico dovrà comprendere la situazione e parafrasare Kill Bill, riconoscendo che «quella donna merita la sua vendetta».
Sale sul palco un’altra coppia, quella composta da Raige e Giulia Luzi: lei background televisivo, lui rapper. Entrambi accomunati da costumisti sadici. Tuttavia, questa seconda coppia dimostra maggiore grinta rispetto al duo Nesli-Paba e, soprattutto, introduce qualche timido accenno di rap. L’intro è accattivante e il brano, nel suo complesso, rispecchia gli standard sanremesi, ma aggiunge un tocco più contemporaneo, nonostante la sovrabbondanza di ammiccamenti so 90’s.
Quella strana creatura a due teste che è per metà giudizio della giuria e per metà televoto nazionalpopolare, però, non gradisce le esibizioni in coppia e spinge in zona rossa i duettanti, accompagnati dall’angelica Bianca Atzei.
OSPITI
Nel settore ospiti (musicali) rientra un Robbie Williams travestito da Morrissey che resta sul palco giusto il tempo di “I love my life” e di un improbabile approccio fisico con Maria De Filippi. Segue Giorgia che interpreta quattro canzoni, delle quali tre sono cavalli di battaglia del suo repertorio sanremese. Essenziale e impeccabile.
Chiudono le esibizioni musicali della serata i Biffy Clyro, gruppo britannico e ospite quasi silenzioso sul palco dell’Ariston. Eseguono “Re-arrange” con estrema discrezione e delicatezza e poi, in punta di piedi, vanno via.
BONUS
Sveva Alviti, interprete della fiction Rai sulla figura di Dalida e ospite nei minuti che precedono la rassegna stampa di Rocco Tanica, ritiene opportuno ricordare la cantante tragicamente scomparsa. Il problema è che il suo omaggio risulta ancor più tragico del suicidio stesso: decide di intonare (ma questo termine è frutto di carità interpretativa) “Ciao amore ciao” a cappella, nonostante i vani tentativi delle coriste di correggere il tiro.

Letizia Dabramo 09/02/2017

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