Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

Milano: standing ovation per la pianista Lilya Zilberstein all’Auditorium Fondazione Cariplo

Ott 02

Una vera standing ovation per la pianista moscovita Lilya Zilberstein all’Auditorium Fondazione Cariplo, protagonista della prima parte del programma settimanale dell’Orchestra Sinfonica Verdi, con il “Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in Re minore op.30” di Sergej Rachmaninov. La Zilberstein, in un concerto che rimarrà storico, è stata sublime nell’esecuzione di uno dei pezzi più conosciuti e difficili del repertorio del compositore russo. Nonostante il pubblico l’abbia acclamata con lunghi e sinceri applausi, la pianista non ha regalato alcun bis alla platea milanese, accorsa numerosa a sentire un’esecuzione memorabile.

Il pezzo composto nel 1909, anno del primo viaggio di Rachmaninov negli USA, risulta intriso di difficoltà melodiche e si sviluppa nell’arco di tre movimenti che vanno dall’Allegro ma non tanto, all’Adagio dell’Intermezzo per chiudersi con un Finale Alla breve. Quest’opera rappresentò all’epoca un caso singolare in quanto lo stesso Rachmaninov si prodigò in prima persona per pubblicizzare il Concerto, affermando che l’opera era stata scritta appositamente per l’America. Si tratta di un testo, a dir poco “saccheggiato”: copiosi i film in cui funge da colonna sonora, ma uno in particolare è il caso che venga menzionato. Si tratta dell’altrettanto magnifico “Shine” del 1996 con un immenso Geoffrey Rush, nella parte del pianista David concpiano1Helfgott. Ciò che risalta in questa straordinaria composizione è la meticolosità nell’architettura della partitura. Il direttore che forse meglio seppe coglierne l’essenza pare sia stato Gustav Mahler. Rimane comunque una certezza, che nella sua interpretazione, la Zilberstein è riuscita a toccare il cuore del pubblico donandosi ed abbandonandosi totalmente alle note di Rachmaninov, studiandole alla perfezione. Livelli di eccellenza come quelli della Zilberstein sono delle rarità e Milano ha avuto la fortuna di ospitare questa grande artista, salita alla ribalta internazionale nel 1987, vincendo il Concorso Busoni di Bolzano. Da allora la pianista, non ha smesso le sue tournee tra l’Europa, l’America del Nord e del Sud e l’Asia. L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi ha avuto il privilegio di esibirsi con la Zilberstein sotto la direzione di Stanislav Kochanovsky, anche lui russo, di San Pietroburgo. Nel quadro di continuità del Programma, chiude la seconda parte sempre nel segno di Rachmaninov, l’esecuzione della “Sinfonia n. 1 in Re minore op. 13”, un’opera complessa costruita su 4 movimenti di ampio respiro: un Grave - Allegro ma non troppo, un Allegro animato, un Larghetto e un Allegro con fuoco. Quest’opera segna un momento fondamentale nella vita del compositore russo. Difatti Rachmaninov si era affermato da principio come virtuoso del pianoforte, ma all’età di 22 anni decise di volersi far conoscere soprattutto come compositore e per questo motivo non poteva dispensarsi dall’affrontare la composizione di una Sinfonia. La genesi della Sinfonia n. 1 tra l’altro si colloca in un periodo musicale molto produttivo. Rachmaninov dà vita alla Sinfonia nel 1895, periodo in cui nascono la Sinfonia n. 4 di Brahms, la Sinfonia n. 8 di Bruckner, la Sinfonia n. 9 Dal nuovo mondo di Dvoràk, la Sinfonia n. 6 di Patetica di Cajkovskij, la Sinfonia n. 1 Titano di Mahler. Ciò che risulta evidente nella Sinfonia di Rachmaninov, è la suggestione degli autori coevi. Ascoltando la “Sinfonia n. 1 in Re minore” abbiamo come la sensazione di essere di fronte ad un’opera frutto di un mix delle sensibilità musicali in voga in quell’epoca. Ci sono passaggi infatti che risuonano all’orecchio dello spettatore come echi di melodie celebri, destrutturate e rimesse in piedi secondo i canoni di Rachmaninov. La composizione fu piuttosto celere, si concluse già nel 1895 ma il suo creatore dovette aspettare il 1897 per la prima esecuzione, avvenuta a San Pietroburgo sotto la direzione di Alexander Glazunov. La prima però si rivelò un fiasco e l’accaduto addolorò profondamente il suo autore. Da qui inizia un po’ il mito e la leggenda della Sinfonia. Il compositore smise di scrivere per tre anni e si rifiutò di pubblicarla, abbandonando la partitura in Russia prima del suo esodo negli USA a seguito della Rivoluzione d’Ottobre nel 1917. Si dovette aspettare il 1945, perché l’opera venisse riproposta a Mosca, dopo un attento lavoro di ricerca musicologica. Certo è, che il pubblico non viene messo di fronte ad un’opera semplice o dai toni romantici e dai movimenti morbidi. La direzione di Kochanovsky conferisce un tono austero ad un pezzo in cui la “parte da leone” è affidata al reparto delle percussioni che incalzano aggressive, e dei timpani della sempre brava Viviana Mologni. 

Adele Labbate 02/10/2016

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM