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La neue musik di Teho Teardo & Blixa Bargeld al Quirinetta di Roma

Mag 06

La voce di Blixa Bargeld evoca i corpi annodati di Egon Schiele e gli squarci definiti nelle tele di Lucio Fontana. La sua potenza è sorretta dalle architetture sonore stratificate e complesse di Teho Teardo. Insieme gli artisti riescono a dipingere l’essenza di un momento, la tangibilità della materia. La voce è capace di penetrare gli organi sensibili e scorrere come un fluido vitale nei corpi. È lo strumento di una connessione criptica tra ragione e spirito, la flebile luce che illumina la strada da percorrere e che sa alternare realtà e finzione. Il risultato è un universo musicale metafisico. Un miscuglio di lingue che spazia dall’inglese, al tedesco a un italiano fatto di ironia e durezza. Teho Teardo & Blixa Bargeld, mercoledì 4 maggio, teardo1inaugurano al Quirinetta di Roma il loro tour, presentando il nuovo album “Nerissimo” (Specula Records). Stabiliscono, in religiosa accondiscendenza da parte del pubblico romano, un nuovo modo di sentire, di avvicinarsi al suono e capirne le potenzialità. Gli “Ambasciatori” di una neue musik (una nuova musica) non si accontentano di andamenti regolari, ordinati. La loro è una ricerca d’identità del mondo, connotata da tutte le sfumature immaginabili, fino a quelle invisibili, poiché “nerissime”. Un percorso che esalta le ripetizioni ossessive dei suoni che vivono nella profondità della terra, sorrette da un’ampiezza vocale teatrale.
Qualcosa è cambiato dal precedente album “Still Smiling”. Gli artisti sono approdati in un terreno incontaminato, in cui si procede per ricerche e interconnessioni di pensieri creativi, storie iperrealistiche accanto a trasposizioni musicali fantastiche. “Nerissimo” è un disco che si ascolta incessantemente. Per la performance vale il medesimo discorso. Un happening: ogni nuovo ascolto porta con sé un senso diverso, un struttura musicale che si aggiunge a quella precedente, come un movimento in attesa del successivo. Sarebbe riduttivo parlare di concerto, perché accade qualcosa che va oltre l’esposizione di elaborazioni sonore. Con Teardo & Bargeld si dà inizio a un viaggio che annulla il tempo e quell’ora e mezza diventa una moltitudine di esperienze che restano in noi, chiuse in un tempo interiore. La percezione è quella di essere in un indefinito altrove. Gli artisti lavorano con il rumore e con il puro suono arrivando alla radice, teardo2con le distorsioni vocali, con l’incontro tra cellule isolate di campane che vagano nell’aria, insieme ad attimi di purezza nelle note degli archi. Il senso sembrerebbe essere un’operazione scientifica della materia multiforme, raffinata, selvaggia, brutale e al contempo sfuggente di una grande sfera musicale, dove anche il caso, con estro, interviene a disorientare le regole.
Accompagnati sul palco dalla violoncellista Martina Bertoni, dal jazzista Gabriele Coen al clarino basso e da Elena de Stabile e Mariana Dudnic al violino, Ambra Chiara alla viola e Simone Sitta al violoncello, Teho Teardo & Blixa Bargeld entrano nelle nostre vite con una polifonia colorata di sensazioni, di emozioni fortissime. Una scelta precisa iniziare la performance con “Ich bin Dabei” (“Io sono qui”), con quella pulsazione costante, ritmata, quasi ostinata del basso di Teardo, percosso con fierezza per creare da subito l’habitat oscuro che annulla la vista e ci rende schiavi di una cecità generativa di visioni trascendentali. Navighiamo nel mare oscuro su una barca vuota, in un sogno lungo dal giorno alla notte, lasciandoci cullare da un ritmo ondulatorio del basso e dai movimenti cromatici degli archi che avanzano a blocchi coesi, dipingendo climax ascendenti di inusitata bellezza. “The Empty Boat” è la pura seduzione, in una versione live ancor più intensa. Arriva poi la regina “Ulgae”, che è il massimo della sperimentazione analitica: una partitura di piccoli organismi microbiologici che vivono in una natura madre e matrigna, distaccata dalla violenza del mondo. Con le mani incrociate Blixa Bargeld ci disorienta e ci rapisce con bisbigli, echi, registrazioni di sospiri, vocalizzi ultraterreni, enfatizzando ancor di più la potenza delle note del violoncello, che discretamente scivolano nel racconto. Un’eccitazione sonora attraversa il palco durante brani come “Mi scusi” (dall’album precedente), in cui un ironico Bargeldteardo3 gioca con la lingua, alternando impennate vocali al semplice parlato. Spettacolarizzano “Soli Si Muore" del libanese Patrick Samson, plasmando suoni elettronici minimali a contenuti da artigianato cantautorale. E ancora, durante “Nirgendheim”, forse il brano più elaborato dal punto di vista tecnico. Una composizione strutturata con originalità e maestria, dove ogni suono, ogni frase nella complessità dell’insieme ha un valore a sé. Una progressione di strutture musicali, di voci provenienti dalla radio o di attimi di musica classica, fino al suono, quasi metallico, dell’armonica suonata da Bargeld, sono l’immagine perfetta del bisogno di conoscere, sperimentare, trascendere limiti, per stimolare la creatività all’estremo delle potenzialità. Prima di concludere la serata con il brano “Defenstrazioni”, che consegna al buio della notte endorfine sonore, di cui entrambi gli artisti si nutrono, disegnando “porte aperte sul palco”, ci arrivano squarci visionari di poetica rarità, dialoghi tra la Vita e la Morte che giocano a scacchi. Questi spiragli si schiudono lentamente, per restare ancora nella memoria di noi spettatori, “notte per notte e qualche volta un po’ più a lungo”.

Serena Antinucci 06/05/2016

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