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“The Master”, l’America delle illusioni di Paul Thomas Anderson

Doveva essere l’evento della 69esima edizione del Festival di Venezia “The Master”, l’ultima fatica di Paul Thomas Anderson selezionata per il Concorso ufficiale al Leone d’oro, a cinque anni dal discusso e applauditissimo “Il petroliere”. In effetti il film non ha mancato di generare dibattiti e divisioni, confermandosi tra i titoli più importanti di quest’edizione.

Nei primi anni ’50, a ridosso della seconda guerra mondiale, Freddie Quell (Joaquim Phoenix), un ex soldato dalla psiche disturbata, entra per caso nelle stime di un medico-filosofo, Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), leader carismatico di una congregazione di adepti a un nuovo credo che tende a superare i naturali limiti umani per elevarsi alla libertà primigenia. Ne scaturirà un rapporto maestro-allievo nel quale le contraddizioni del primo verranno messe drammaticamente in discussione dalla disperazione ribelle del secondo.

Ancora una volta, il regista di “Magnolia” si serve di un racconto esemplare per indagare le fragilità e l’inesauribile ricerca di certezze di un paese dalle mille ombre che, all’epoca, cercava di rimarginare la ferita bellica anche attraverso la magnifica illusione rappresentata da un venditore di fumo agghindato da guida salvifica.

Solo idealmente ispirato alla biografia di L. Ron Hubbard, capo fondatore della setta di Scientology, il film in realtà è un grande melodramma al maschile che scruta ossessivamente il rapporto tra Dodd, patetico figuro col sapere in pugno magnificamente reso dall’interpretazione di Hoffman, e Quell, un marinaio ossessionato dal sesso e dall’alcol che sfugge ai suoi demoni con la violenza, cui Joaquim Phoenix conferisce una brutale potenza animalesca; il tormentato legame tra i due protagonisti è l’elemento più potente del film, capace di proiettare lo spettatore in un antro di oscuri territori della mente dove il reale cede facilmente il passo al plagio.

Nonostante alcune fragilità di racconto, il film colpisce per le caratterizzazioni psicologiche complesse, perfettamente riflesse in un apparato visivo tanto magniloquente quanto indispensabile a rendere l’ineluttabile costrizione della mente in una dimensione suggestionata dalla ricerca di risposte.

 

(Giuseppe D’Errico)  

 

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