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“Tinker, tailor, soldier, spy” a Venezia ''68

Il Palazzo del Casinò di Venezia, ha ospitato la conferenza stampa del secondo film di Tomas Alfredson: “Tinker, tailor, soldier, spy”. Oltre al regista, erano presenti gli attori Gary Oldman, Colin Firth, John Hurt, Svetlana Khodchenkova, Benedict Cumberbacth e Mark Strong ed i produttori Peter Straughan, Tim Bevan e Robyn Slovo.

A chi lo ricorda in film come “Air force one”, fa un certo effetto vedere un Gary Oldman così tranquillo, con gli occhiali ed i capelli lunghi, in giacca bianca e camicia a quadri. Ed è proprio a lui abituato ad interpretare ruoli da cattivo, che viene chiesto, infatti, quanto sia stato difficile portare in scena un personaggio calmo. “Per me – ha detto Oldman -  è stata un’esperienza importante. Certo, ci vuole fantasia. L’ha avuta Cristopher Nolan quando mi ha dato il ruolo di un commissario. Non ho lavorato molto al di fuori del libro e della sceneggiatura: il romanzo mi ha dato tutto”.

Il film, infatti, è ispirato all’opera di John Le Carrè dal titolo “La talpa”. Si tratta di una storia scritta da un inglese ed ambientata in Inghilterra. È questo che, nel corso della conferenza, ha spinto un giornalista del “Daily Telegraph” domandare se scegliere un regista svedese, quale Alfredson è, possa aver creato un punto di vista distaccato. Il produttore Tom Bevan ha risposto: “È fantastico che sia stato Tomas a fare questo film. Volevo che chi avrebbe diretto il film avesse un aspetto distaccato rispetto al romanzo. Ho scelto Tomas per la sua attenzione al dettaglio”.

“La Talpa” è un racconto molto intricato e complesso ed un giornalista del “Times” ha domandato se, secondo la troupe, anche il film sia troppo complicato da seguire. A questo punto è intervenuto Colin Firth che si è dichiarato ottimista sulla facilità di comprensione del pubblico e si è detto sicuro che il film avrà molta audience.

Anche il regista ha ammesso che il romanzo di La Carrè è molto complesso e che si è dovuto lavorare per trovare un filo conduttore, ma poi ha sottolineato che “tutti gli interpreti hanno svolto un lavoro straordinario facendo emergere loro stessi la sceneggiatura dal libro”.

Un giornalista ha, infine, fatto notare come la pellicola mostri il mondo dei servizi segreti in maniera insolita: non sono cioè i classici “divi” ma persone normali, completamente dedite al lavoro. Ciò è stato confermato da Benedict Cumberbacth il quale ha detto che “il film tratta anche della solitudine dell’uomo che rinuncia ad ogni tipo di legame per fare l’agente segreto. L’elemento del sacrificio personale deriva anche dal libro”. Ha poi preso la parola Mark Strong rivelando che  c’è una scena, non presente nel romanzo di La Carrè, dove i protagonisti si trovano ad un party ma, anche in questa occasione, essi sembrano essere irrimediabilmente soli.

 

(Marco Pennacchia)

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