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“Tandem”: la corsa di Civilleri e Lo Sicco per sfuggire agli inganni della vita

Due giovani donne e un tandem. Una corsa affannata verso un futuro che avrebbe potuto essere ma non è. Intorno, lo spazio del ricordo e del senso di colpa, e l'incapacità di accettare gli orribili risvolti della vita.
Lo spettacolo di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, costruito sul testo della scrittrice Elena Stancanelli, si muove in una dimensione dilatata, fatta di frammenti di immagini e reminiscenze. Al centro della scena un dispositivo imponente, immobile eppure continuamente in movimento, un tandem sospeso tra tempo reale e tempo che non può essere, sul quale i corpi di Paola (Veronica Lucchesi) e Federica (Manuela Lo Sicco) cercano un punto di equilibrio.
Il peso della ferraglia che sostiene questa scultura scenica è lo stesso che schiaccia le due protagoniste: il loro sforzo fisico, tangibile per l'intera durata dello spettacolo, piega l'imponente molla a sostegno del tandem fino al limite delle sue capacità, disegnando percorsi invisibili che solo la forza di un intenso legame può delineare.
C'è intimità nel racconto che le due giovani condividono: amori appena accennati, voglia di ribellione, aspettativa per la meta che si profila all'orizzonte e verso la quale il tandem si dirige nella sua folle corsa.
Federica insegue Paola, e nel suo volto si legge tutto il dolore per una tragica consapevolezza alla quale non vuole cedere. Trattiene l'amica nel limbo del ricordo, unico luogo immaginario dove la linearità del tempo svanisce lasciando spazio alla parola, una parola che “afferra” quando l'addio si avvicina.
Nello scontro tra la voce dell'adolescenza di Paola e quella della maturità di Federica si innesca il cortocircuito che racchiude il senso profondo della perdita, uno strazio che attraversa la mente, emblematicamente simboleggiato dalla pistola che passa continuamente dall'una all'altra, un gesto che si colloca a metà tra la voglia di sovvertire l'ordine stabilito degli eventi e il desiderio di sospendere il momento del distacco definitivo.
Su quella bicicletta, ogni storia, universale o individuale, può trovare la propria dimensione: mentre si cerca con tutte le proprie forze di fuggire dalla desolata terra del dubbio, fatta di domande alle quali non si può o non si vuole dare risposta, c'è il continuo divenire della vita a sostenere il nostro precario equilibrio, in un paradosso che spesso è anche l'ultima speranza alla quale rimanere aggrappati. 

 

(Valentina Mallamaci)

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