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"Beatnix": Shel Shapiro e la Beat Generation

Il vecchio leone è ancora il re della giungla. Pardon, il re del rock and roll.

Forse il ruggito non è più forte e chiaro come una volta, ma la zampata sulla chitarra è la stessa.

È Shel Shapiro a dare anima allo spettacolo “Beatnix – Racconti, poesie e musiche della Beat Generation”, in cartellone al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 16 aprile. È la sua voce corposa e cavernosa, insieme al magistrale aiuto di Alessandro Giulini (tastiere e fisarmonica) e Daniele Ivaldi (chitarra acustica ed elettrica), a creare le atmosfere, le sensazioni e i sogni che animarono i poeti Beat.

Beatnix nasce come progetto artistico dalla geniale mente del giornalista Edmondo Berselli e proprio ieri sera, ad un anno dalla scomparsa dello scrittore, la serata è iniziata con un suo ricordo, affidato alle parole e alla memoria di Antonio Gnoli, di Ezio Mauro, direttore del quotidiano “La Repubblica”, e di Bruno Manfellotto, direttore del settimanale “L’Espresso”.

Poi è sceso in campo l’ex leader dei Rokes a raccontare attraverso letture, poesie, memorie e canzoni l’affermarsi di questo gruppo di artisti maledetti nell’America della fine degli anni ’50.

Si parte dalla crisi del ’29, dalla fame e dalla miseria, per spiegare in quale ambiente e in quale società siano cresciuti i vari Borroughs, Corso, Ferlinghetti, Ginsberg, Kerouac o McClure. Si attraversa il tessuto musicale degli Stati Uniti in quel periodo: da “If I had a hammer” di Pete Seeger a “This land is your land” di Woody Guthrie.

Si arriva quindi alla II guerra mondiale, al ritorno dei ragazzi americani partiti per il fronte, ad una società che sta cambiando, alla corsa ai consumi. Quegli USA post bellici che incarnano il grande “Sogno Americano”. Ma è proprio quella società che i Beat rifiutarono, da cui si sentirono esclusi. Con i loro no cercarono un’altra via possibile, un’altra strada.

Ed è una strada canora quella ideata da Berselli e Shapiro: un percorso che si snoda da “Ring of Fire” di Johnny Cash a “Route 66”, passando per “California Dreaming” dei The Mama & Papas.

E poi la rivoluzione culturale, la guerra in Vietnam, i diritti civili, Martin Luther King e J.F.Kennedy... tutto ciò è raccontato attraverso i versi devastanti e devastatori di quegli artisti realisti, mai visionari, sempre idealisti e sognatori.

E la musica dove arriva? Arriva al Bob Dylan di “Blowin’ in the wind” e “It’s all over now, baby blue”. Ma arriva oltre, fino all’Italia, fino a “È la pioggia che va” di Shel Shapiro.

 

(Francesca Versienti)

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