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"Cantica II": gli acrobati della Divina Commedia

All'uscita dal teatro, gli spettatori con tanto d'occhi si chiedono: ma come fanno? Sono sospesi per aria? Sono proiezioni? Stavano nuotando? Gli acrobati di Emiliano Pellisari, già protagonisti di "Inferno", si sono appena esibiti nella performance Cantica II, ispirata alla Divina Commedia.

Per poco più di un'ora fanno fluttuare i loro corpi in una scena ri-disegnata dalla stesso autore, senza coordinate precise, senza "gravità", come se i danzatori, appunto, si muovessero dentro una vasca. Il nuovo capitolo del lavoro di Pellisari, come dice lui stesso, non fa riferimento solo al corpo, ma anche ai costumi, ai tessuti, agli oggetti, che concorrono a formare i quadri dello spettacolo. Da una composizione all'altra, assistiamo all'ascesa spirituale dell'uomo. I corpi mutano forma dietro stoffe e veli semi-trasparenti. Ciò che vediamo sono evoluzioni patinate d'oro che si costruiscono in una scenografia immaginifica. Architetture umane, scale di Escher, bolle che contengono la vita, alberi che rilasciano il frutto del peccato, ma anche tutù e gale che si perdono nel buio.

Pellisari crea un mondo che si muove su una superficie falsata, ispirata ai suoi studi sul teatro ellenistico e quello fantastico rinascimentale. Il suo è uno spazio barocco che sembra irridere il danzatore – in carne e ossa davanti a noi – che si muove senza l'ausilio di corde e tiranti. Il dubbio nasce qui. Siamo proprio sicuri che quella leggerezza artificiosa (e magica) possa irridere il corpo del danzatore vero e proprio?

Lo spazio barocco di Pellisari non rischia, nella sua bidimensionalità (le creature sono “mosse” dall'intervento delle luci laterali), di risultare "chiuso in sé stesso" e di non conquistare uno spazio artistico autentico? Questo aspetto, legato a inserimenti vocali della Divina Commedia da rivedere, sono gli unici elementi problematici di uno spettacolo godibile che rende onore agli sforzi acrobatici dei giovani protagonisti e alla coreografica visione del poliedrico autore.

 

(Luca Lampariello)

 

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