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Roma, al Teatro Campo d''Arte un''insolita "caccia al giaguaro"

E' una suite borghese raccontata per flash, quella che Andrea Marfori porta in scena al Piccolo Teatro Campo d'Arte. Un dramma del malamore e della noia coniugale tradotto in brevi fotogrammi situazionali: formula originale e convincente per svolgere il climax dell'insofferenza, dell'astio, della recriminazione che affligge Sandro e Regina, in cerca di emozioni forti nella giungla giamaicana. In un ambiente asettico, denudato, in cui le fughe di spazio sbattono contro i limiti angusti del palcoscenico, suggerendo un clima strozzato e claustrofobico, Marfori scandisce l'avventura della coppia in terra di giaguari, tra litigi, gelosie e ricatti. Regina tiranneggia Sandro. Sandro incassa, ma sbandiera la sua ricchezza come extrema ratio della contesa, conscio dell'avidità della moglie. I due conoscono Italo e Littorio, figli di emigrati con trascorsi ingombranti. Littorio pontifica sulla razza, le gerarchie biologiche e l'autoannientamento dei deboli. Italo flirta con Regina. Regina seduce Italo. Sandro piagnucola ingoiando sconfitte. Il giaguaro risolve il dramma, provocando reazioni inaspettate in soggetti inaspettati. Uno sparo detta il finale. Chi sarà la vittima, in questo ripetuto e speculare gioco al massacro? Nella sua semplicità naif, "Caccia al giaguaro" riesce a spiegare una realtà complessa e ambigua come quella delle dinamiche coniugali. Non solo: senza supporti scenografici, con curiosi oggetti di cartone in vece dei normali accessori che intasano la nostra vita quotidiana (inutili, si vuole suggerire), la pièce di Andrea Marfori rende alla perfezione l'esotismo del viaggio, la perdita delle coordinate, fisiche e morali, in un contesto alienato e alienante come quello della foresta tropicale. A dimostrazione che non servono artifici per creare una suggestione: lo spettatore va indirizzato, non istruito.

 

(Elisa Lorenzini)

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