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"God is her deejay": intervista all''artista iraniana Afarin Sajedi

All’interno della mostra “God is her deejay”, visitabile presso la sede della Dorothy Circus Gallery, è possibile trovare alcune delle opere di un’artista iraniana, Afarin Sajedi, classe ’79, una donna di rara classe e bellezza, le cui opere rappresentano, in un certo senso, il difficile mondo da cui proviene. Sono primi piani e mezzi busti di donne sole, su uno sfondo nero che fa da quinta alla triste solitudine in cui sono costrette. I loro occhi sono specchi che urlano ciò che le bocche chiuse non possono fare, e nonostante la sofferenza che lasciano trasparire, sono piene di quella forza di perdonare che è così evidente nei soggetti femminili. Non c’è artista migliore, quindi, per una mostra dedicata al linguaggio femminile in tutte le sue forme.

Come mai dipinge solo soggetti femminili?

A.S. Io penso che il problema sia proprio la lotta tra uomini e donne. Non so perché ma quando si dipinge qualcosa di umano non si dipinge la donna. Quando si dipinge un uomo invece tutti giudicano il dipinto come riguardante l’umanità in generale. Non sono una femminista, ma credo che ci sia molta più umanità nei soggetti femminili.

 

Come mai accosta a queste figure femminili dei pesci, mettendoglieli in testa o facendoli uscire dal viso?

A.S. In realtà ogni dipinto ha un suo significato particolare, non ce n’è uno che li accomuna tutti. In generale posso dire che per questa collezione volevo rappresentare un legame, a volte bello a volte brutto, tra pensieri ed espressioni.

 

Quindi che genere di collegamento lei vede tra gli oggetti da cucina e i pesci, o il cibo in generale, e le donne a cui li accosta?

A.S. Questa collezione è molto legata al cibo. Anzi, al mangiare, per essere più esatti. Io credo che l’atto del mangiare sia davvero molto importante, più della cucina, dei suoi attrezzi, e del cibo in generale. E’ il mangiare, in definitiva, la cosa più importante perché, prima di realizzare la collezione, avevo letto del medioevo, in Europa, in particolare del periodo di crisi e delle carestie e dei problemi sul trovare da mangiare dell’epoca. Magari per gli europei non è una cosa che colpisce, ma io sono stata folgorata. Mangiare è davvero importante, ecco il collegamento. Mangiare è un simbolo, ecco perché è importante.

 

Come mai dipinge solo mezzi busti e primi piani, con particolare attenzione ai visi?

A.S. Io adoro davvero molto i visi. Adoro i dettagli e disegnare i dettagli del viso. Specialmente gli occhi, io mi concentro molto su quelli perché credo che essi rappresentino davvero i pensieri delle persone, senza possibilità di mentire. Gli occhi sono lo specchio dell’anima.

 

Per quanto riguarda il suo quadro con la donna con la corona di posate, ce lo può raccontare?

A.S. A dire il vero mi sono ispirata a Shakespeare. A “Macbeth” per essere precisi. Lei è la mia versione di Lady Macbeth. Io amo quell’opera e la mia idea, il mio stile è davvero molto vicino a quell’opera. A dire il vero non so spiegare perché né come, ma io ci vedo proprio questo, è la mia Lady Macbeth.

 

E questa è la sua unica opera legata ad un’opera scritta?

A.S. A dire il vero tutte le opere qui presenti sono in un certo senso legate al teatro. Sono come delle attrici di teatro, con lo sfondo nero che fa da quinta, e loro sono da sole su un palco, con tutta l’attenzione concentrata sulle loro figure. E questo le rende molto umane, il teatro rende molto umano. E questa è una cosa per me molto importante.

 

Un’ultima domanda… Nel suo paese è difficile per una donna essere un’artista?

A.S. E’ difficile per gli artisti in generale, perché c’è una censura davvero molto forte. In effetti non coinvolge solo gli artisti ma tutte le categorie. Per le donne è ancora più difficile, non tanto per il lavoro in sé, quanto per i soggetti. E’ davvero difficile poter dipingere, ad esempio, il volto delle donne, ed è una caratteristica che io rappresento spesso. Anche dipinti legati all’erotismo o al mondo del sesso. E’ davvero limitante essere un artista da dove vengo.

 

(Simona Buccheri)

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