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"God is her deejay": intervista alla scultrice Francesca Romana di Nunzio

Alla Dorothy Circus Gallery di Roma, per la mostra “God is her deejay”, tra gli artisti che espongono c’è Francesca Romana Di Nunzio, scultrice, classe ’62. Sulla scia delle opere realizzate nel corso della sua carriera nel cinema per registi quali Lamberto Bava (per il quale ha realizzato le creature fantastiche di “Fantaghirò”), Dario Argento, Michele Soavi, Francis Ford Coppola (con la realizzazione delle sculture e degli arredi interni de “Il Padrino”), Martin Scorsese (per il quale ha creato le sculture di “Shutter Island”) e tanti altri ancora, la Di Nunzio porta il suo tocco personale ad una mostra sul linguaggio femminile, esponendo creature antropomorfe dalla bellezza androgina, bellezze fatali che arrivano direttamente dall’immaginario comune e dalla mitologia, fornendo la sua visione sul tema proposto.

Le sculture che ha scelto di esporre per questa particolare mostra, dato che i suoi lavori sono davvero molteplici e variegati, sono stare realizzate appositamente o si tratta di pezzi di altre collezioni?

F.R.D.N.  Si, assolutamente. Queste sono opere pensate proprio per questo contesto. Il mondo nel quale mi sto muovendo è l’ibrido, dato che, venendo dal figurativo e amando  l’anatomia come scultrice, essendo poi anche un’artista prettamente figurativa e anche iperrealista, ho trovato l’occasione per fondere le cose ed arrivare a questo connubio antropomorfo che mi diverte.

 

Questa mescolanza di fattezze umane e fantastiche è una caratteristica che possiamo trovare in tutte le sue opere?

F.R.D.N. Si, è una tendenza che mi ha sempre affascinato e che mi piace. Anche l’unione col mitologico è una cosa che mi è sempre piaciuta, infatti sono partita con dei pezzi mitologici e sono finita poi all’antropomorfo e quindi alla fusione tra l’uomo, o la donna, e l’animale. Ecco, anche qui il discorso dell’uomo e della donna, potremmo dire che nel mio lavoro esistono relativamente poiché credo di muovermi in una situazione abbastanza ibrida, dove non c’è una vera riconoscibilità dell’uomo o della donna. È un androgino che più o meno mi accompagna in molte opere e preferisco non collocarle poi così precisamente in una o nell’altra categoria.

 

Nel corso della sua carriera ha avuto modo di spaziare a lungo nel cinema fantastico, collaborando ad esempio con la realizzazione del celebre sceneggiato anni ’90 “Fantaghirò”. Tutte le creature fantastiche che si possono vedere nei film sono opera sua?

F.R.D.N. Lamberto Bava è stato un regista per il quale ho lavorato molto, e dicendo “Fantaghirò” parliamo di un modo fantastico fatto di animali parlanti, di parti animatroniche e meccaniche… è stato molto divertente. Per la loro realizzazione ho collaborato con Sergio Stivaletti e per parecchio tempo abbiamo lavorato, costruito ed animato animali, scope, oggetti eccetera. Quella, se non sbaglio, è stata una delle ultime serie televisive che ha dato un buon lavoro al nostro settore, per quanto riguarda effetti speciali e animazioni di quel tipo.

 

Quel lavoro possiamo considerarlo un punto di partenza?

F.R.D.N. Si, ero molto giovane all’epoca. E da lì sono finita dietro al cinema del settore, quindi horror, lavorando per molto tempo con Dario Argento, Lamberto Bava, Michele Soavi, tutti registi che in Italia hanno governato il settore del genere.  Poi lavoro nel cinema anche come scultrice di scenografie, quindi di arredamenti come nel caso della collaborazione con le scenografie de “Il Padrino”. Diciamo che si può fare tutto. Dopo un buon numero di anni di mestiere, con un po’ di buona volontà e tecnica, e un buon budget, si può realizzare di tutto.

 

Ecco, data la vastità del suo lavoro, il regista con il quale ha preferito lavorare, e quindi il lavoro che le è piaciuto di più realizzare?

Ripensavo proprio oggi con alcuni colleghi ad un film in particolare che mi è rimasto nel cuore, che si chiama “Dellamorte dellamore”, un film di Michele Soavi, ispirato ad un Dylan Dog, quindi un horror abbastanza ridanciano e molto colorito dove Rupert Everett era praticamente l’incarnazione del Dylan Dog e dove noi abbiamo, a parte gli effetti, ricostruito tutti gli ossari in un cimitero a Guardea, nella provincia di Rieti. È stato un film divertentissimo nella lavorazione, carico di lavoro, e pieno di soddisfazioni nelle sale perché il prodotto finale è stato fantastico. Devo dire che saremmo tutti ben felici se Michele Soavi facesse di nuovo film di quella tipologia perché è stato un film vincente. Consiglio davvero di andarlo a vedere.

 

Parlando di “effetti” nei film, si è occupata anche del trucco degli attori oltre che della realizzazione delle scene?

F.R.D.N. Bhe, io non sono una truccatrice, quindi del trucco vero e proprio no. Mi occupo però della realizzazione di protesi per, ad esempio, cambiare faccia e diventare qualcun altro allora me ne occupo io. Modello delle protesi che poi vengono messe in opera dai truccatori. Ecco, io mi occupo proprio della modellatura.

 

Tornando alla mostra e alle opere che ha esposto qui. Trattandosi di una mostra con tema verso il linguaggio femminile e quindi le donne… Lei che rappresenta figure androgine come si colloca?

F.R.D.N. Ecco, io mi muovo appunto in un ibrido, preferisco un androgino alla definizione uomo/donna. Anche se forse è un androgino che tende più verso il femminile, per la delicatezza dei lineamenti, la giovinezza in sé che viene rappresentata e che tende a fare riferimento più al femminile. Anche se in realtà io amo moltissimo anche i soggetti maschili e qui sono riuscita a portarne uno che è il narciso, che credo sia l’unico soggetto maschile della mostra. Quindi non ho delle preclusioni, ecco.

 

Nell’ultima sala c’è esposta una sua opera, una testa che sbuca dalla parete, ne vuole parlare?

F.R.D.N. Si, è una medusa. Lì la mitologia è stata la base dello spunto, l’elaborazione è stata quella di pensarla e rivisitarla in un’ottica meno tradizionale. Lì dove c’era il serpente adesso c’è un tentacolo di una piovra. Lì il pretesto è interessante perché è una dimensione abbastanza grande ma si alleggerisce perché entra ed esce dalla parete. Non ha un ingombro di tutto tondo, è affogato a pelo d’acqua, dove la parete rappresenta l’acqua.

 

Un’ultima domanda. Per quanto riguarda il futuro e i prossimi progetti, c’è qualcosa nell’ambito del cinema o si sta dedicando di più a lavori per mostre come questa?

F.R.D.N. Bhe, per ora incrociamo le dita e stiamo a vedere. In questo momento particolare siamo semplicemente contenti di fare questo lavoro.

 

(Simona Buccheri)

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