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“Silvio forever”, elogio del patchwork

Dice il filosofo: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si remixa. Qual è l'unica operazione critica possibile in un'epoca in cui è stato tutto ampiamente visto, rivisto e corretto a uso di un pubblico cross-mediale? Una risposta la dà “Silvio forever”, ultimo lavoro di Roberto Faenza assieme a Filippo Macelloni e scritto dalla coppia Rizzo-Stella. 

Quando si tocca la materia Berlusconi è inevitabile ricadere negli stereotipi, senza mai centrare il bersaglio: forse per la natura proteiforme ma sfuggente del personaggio. “Silvio forever” giustifica l'operazione nel sottotitolo: 'Autobiografia non autorizzata'. Perché il mosaico è costruito su frasi attribuite al premier che si auto-racconta anche attraverso l'imitazione di Neri Marcoré. Lungi dal lusingare l'antiberlusconismo gli autori scelgono l'indagine giornalistica in cui l'ironia è stata, a detta loro, scelta forzata.

Faenza aveva realizzato qualcosa di simile con “Forza Italia!” (di cui ricorrono qui alcuni spezzoni) che metteva in ridicolo la classe politica DC ed è rimasto per anni sepolto da censure e oblio: spiace dirlo ma quel documentario ha ancora oggi una carica innovativa – ispirò 'Blob' – e una freschezza di montaggio che “Silvio forever” si sogna. Certo, ci sono inserti in videografica, filmati che fanno tanto 2.o: ma la sensazione di assistere a un cinegiornale satirico è forte e alcuni inserti sembrano buttati là. Si prenda il cartellone finale che riporta la crescita del patrimonio di B. dalla discesa in campo: ingiustificato in un film che dice di essere neutrale e poi piazza la zampata mentre il pubblico sta sfollando.

Difficile inventare, si diceva. Più facile remixare. Molti materiali della pellicola saranno noti agli smanettoni del web e qualcuno lamenterà la mancanza di chicche vere e proprie, strepitosa intervista alla signora Rosa Berlusconi a parte. Allora la discriminante diventa il saper cucire i frammenti, cercare il fil rouge, rendere plausibile il patchwork. Purtroppo non si esce mai dalla logica da derby e sembra sempre di stare in uno stadio dove, eliminato il settore 'Distinti', tutti siamo in una delle curve.

L'incubo finale con le immagini di un cesaricidio, assieme a quelle del gelido Mausoleo, testimoniano di come il film e la nostra comprensione del fenomeno-B. si fermino sempre un attimo prima della soluzione. Un mistero insondabile che nemmeno la logica del frammento, con le sue verità tutte plausibili e tutte provvisorie, svelerà mai. 

 

(Raffaele G. Flore) 

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