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"Giselle": la tradizione c''è, la tecnica no

“Giselle”, insieme a “Il lago dei cigni” e a “Lo Schiaccianoci”, rappresenta il punto di arrivo nella carriera di un ballerino classico perché esige tecnica e intensità interpretativa fuori dal comune. Non a caso, Théofile Gautier scrisse il libretto dell'opera per Carlotta Grisi, ballerina di talento straordinario, che, alla prima rappresentazione, nel giugno del 1841, incantò il pubblico dell'Opéra National de Paris.

Il discorso della tecnica e delle capacità drammatiche però non vale solo per gli interpreti principali, ma anche per il corpo di ballo, a cui è affidato il compito di rendere, nel primo atto, la spensieratezza operosa del villaggio contadino spazzata via dalla pazzia d'amore e poi dalla morte di Giselle e, nel secondo atto, la suggestiva atmosfera lunare che fa da sfondo al ballo delle villi, gli spiriti di giovani donne morte prima del matrimonio e intenzionate ad uccidere Albrecht.

Pensavamo questo, assistendo ieri sera, da una poltrona del teatro Quirino, alla rappresentazione della storia romantica di Giselle che, a passo di danza, si innamora di Albrecht, principe sotto mentite spoglie, e impazzisce quando un innamorato respinto le mostra le prove dell'inganno. La giovane muore di crepacuore, ma, accolta nel regno delle villi, decide di salvare il suo Albrecht dalla furia degli spiriti, che per vendicarsi dell'affronto alla loro nuova compagna, vorrebbero farlo danzare fino allo sfinimento.

Ad interpretarla, con risultati alterni, i danzatori dell'Accademia ucraina di balletto, non tutti all'altezza della prova. Soprattutto il corpo di ballo, che ha mostrato limiti tecnici più che evidenti. A conti fatti, neanche gli interpreti principali eccellono per rigore tecnico, che, come dimostra il pas de deux dei contadini, non può essere sostituito da doti naturali - ad esempio l'elevazione delle gambe - pure presenti nell'interprete femminile.

Giselle porta a casa la prova, non altrettanto Albrecht, fisico statuario, ma tecnica scadente. Per il resto, le rivisitazioni coreografiche di Alexandru Frunza non stravolgono l'impianto originario, sostenuto sempre egregiamente dalle straordinarie musiche di Adolphe Adam.

Il pubblico in sala gradisce e ne dà prova nell'intervallo: la sala echeggia di apprezzamenti della prestanza fisica di alcuni ballerini, mentre una signora alle nostre spalle, che poco prima aveva detto di aver scelto anni fa “Giselle” per un saggio della sua scuola di danza, dà voce – molto alta – alla sorpresa di aver scoperto che nel balletto c'è un passo a due riservato ai contadini. Non lo sapeva.

 

(Luciana Matarese)

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