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Pride Tv: cosa non va nella rappresentazione LGBTQ+ nelle serie?

Per secoli la pubblica condanna, la clandestinità, il silenzio rotto solo da qualche voce fuori dal coro, spesso soppressa con la violenza. Poi le lotte, i moti di Stonewall i movimenti di liberazione, l’orgoglio ritrovato delle persone queer nella seconda metà del secolo scorso - orgoglio che si celebra ogni anno proprio a Giugno, nel mese del Pride. Infine, all’improvviso, negli ultimi quindici anni la comunità LGBTQ+ sembra diventata l’argomento di punta se non, purtroppo, in ogni contesto della vita quotidiana, almeno di ogni prodotto cinematografico e televisivo, in ogni casa editrice, in ogni spazio dove si fa, o si prova a fare, cultura, tanto che sono in molti a vedere oggi questa presenza come ingombrante, dettata solo dalla moda o dalla forzatura del politicamente corretto. È vero che a lamentarsi di questo è soprattutto chi tenta di nascondere la propria omofobia, poiché la rappresentazione nei prodotti mainstream è un passo importantissimo verso l’orgoglio e l’attenzione e la visibilità alle persone LGBTQ+, considerata la storia degli ultimi secoli, non è, né sarà, mai troppa. Un bene è anche che personaggi queer siano inseriti in romanzi, film, serie tv in cui le tematiche rainbow non siano l’argomento principale, e anzi sarebbe strano e irrealistico se così non fosse, considerando che da quando è normale fare coming out, ognuno di noi ha realizzato di avere almeno una persona LGBTQ+ nella propria vita.

Tuttavia, parlare di certi argomenti, anche con le migliori intenzioni, non equivale a parlarne correttamente e senza pregiudizi. Inoltre non sono i pochi i casi in cui si tratta di questi temi senza la giusta consapevolezza, spesso cercando solo di cavalcare quella che è considerata una moda, senza rispetto della minoranza di cui si sta parlando. Qui raccogliamo quindi una serie di esempi su come siano stati introdotti personaggi LGBTQ+ in alcune serie di successo negli ultimi quindici anni, cercando di analizzare punti di forza e problematiche della rappresentazione di questa categoria.

Modern Family, l’arcobaleno in famiglia

La serie, andata in onda dal 2009 al 2020, racconta la vita di una famiglia allargata di Los Angeles e si inserisce nel grande filone delle comedy di ambientazione a prevalenza casalinga. Ciò che distingue Modern Family dalle sue antenate degli anni ‘80 e ‘90 è proprio la presenza, per la prima volta in un prodotto del genere, della coppia omogenitoriale formata da Mitchell e Cam. All’inizio della serie i due hanno appena adottato Lily e nel corso degli anni li vedremo condividere con gli altri personaggi adulti le difficoltà, i dubbi e le gioie di essere genitori. Finalmente ci vengono mostrati due uomini gay alle prese con la vita quotidiana e non ipersessualizzati, inseriti in un tessuto sociale e familiare che, seppur con qualche eccezione, li accetta prima di tutto come persone con pregi, difetti e caratteristiche indipendenti dal loro orientamento. La serie è stata di grande aiuto ai suoi spettatori queer, soprattutto ai giovani che si ritrovavano a seguire le vicende di Mitchell e Cam sul divano la sera insieme ai loro genitori e che hanno così avuto l’occasione di parlare del tema e di venire allo scoperto senza essere giudicati. Pur essendo all’avanguardia, però, la serie non abbandona alcuni stereotipi riguardanti la comunità LGBTQ+ e mostra una ritrosia, giudicata da subito sospetta, nel mettere in scena l’intimità fisica fra i due personaggi omosessuali, scrupolo che manca invece per ciò che riguarda le coppie etero. Che, nonostante i buoni propositi, la piena espressione dell’omosessualità maschile sia stata considerata oscena dagli autori? Solo dopo le aspre critiche è stato possibile assistere, nella seconda stagione, a un bacio tra Mitchell e Cam

Brooklin 99, combattendo il crimine e gli stereotipi

Questa comedy poliziesca ambientata nel novantanovesimo distretto di polizia della città di New York esce nel 2013 e da subito rivela un approccio originale alla rappresentazione queer. Il nuovo capitano del distretto, Raymond Holt, è un uomo serio, rigoroso e disciplinato al limite della follia, maniacalmente ordinato, discreto. Niente di più lontano dalla comune immagine dell’uomo omosessuale, eppure ben presto conosciamo suo marito, il professore universitario che condivide con il capitano l’amore per le regole e la mancanza di qualsiasi eccentricità. Le discriminazioni subite da Raymond sono spesso argomento di riflessione, ma il suo orientamento è solo uno dei tanti tratti dell’identità di questo personaggio a tutto tondo. Nella quinta stagione, inoltre, l’algida Rosa Diaz che il pubblico ha imparato ad amare fa coming out come persona bisessuale. Quando la detective esce allo scoperto con i suoi genitori e dice a suo padre che nonostante tutto lei, a prescindere dall’orientamento, rimane sempre la stessa persona, il messaggio sembra indirizzato anche al pubblico che ha appena ricevuto la stessa rivelazione, e di fatto non un tratto della sua personalità risulterà modificato.

Lucifer, una serie LGBTQ+ mancata?

Nonostante già dalla prima puntata sia chiaro che il suo protagonista assoluto sia attratto da donne e da uomini, Lucifer non è ricordata come una serie a tematica LGBTQ+, e il motivo è abbastanza evidente. Sull’orientamento non-eterosessuale del personaggio di Tom Ellis si tornerà a parlare forse non più di due volte in sei stagioni, nonostante si moltiplichino i riferimenti alle sue conquiste femminili. Ovviamente Lucifer potrebbe avere per le donne una preferenza non dichiarata, ma sorge il dubbio che qualcuno fra gli autori, a un certo punto, si sia convinto che le tendenze bisessuali o pansessuali rendessero questo dongiovanni troppo poco mascolino nel senso canonico del termine, minando la sua fama di sex idol. D'altronde non sarebbe la prima volta che un comportamento non-etero viene introdotto in una narrazione solo come il risultato dello straordinario appetito sessuale di un personaggio, spiegazione di per sé sempre riduttiva. Al contrario, però, la migliore amica di Lucifer, il demone dell’Inferno Maze, sceglie, nonostante i diversi partner uomini avuti nel corso delle stagioni, come propria compagna di vita una donna, e anzi proprio quella prima donna, Eve, creata da e per un uomo. Basta il coronamento del sogno d’amore e il matrimonio di questa coppia a dimostrare che nessun pregiudizio ha determinato l’oscuramento delle tendenze omoerotiche di Lucifer?

Doctor Who, come non si racconta la transessualità

Nella serie britannica cominciata negli anni ‘60 il primo personaggio non-eterosessuale viene introdotto nel 2005: si tratta del capitano Jack Harkness, arrivato da un futuro in cui nessuno più si scandalizza della sua pansessualità. Si direbbe d’altronde che un universo narrativo in cui la razza aliena del protagonista cambia randomicamente aspetto e genere di quando in quando abbia già tutte le carte in regola per diventare uno spazio di rappresentazione queer. Gli autori, però, non sembrano averlo capito e, archiviata la felice parentesi di una Dottore donna che dal sesso femminile continua ad essere attratta, sembrano essersi smarriti nel cercare di stare al passo con quella che considerano una moda del nuovo millennio, con scarsa problematizzazione e in maniera francamente un po’ ridicola. lo dimostra il grande, inutile sforzo fatto per creare, per lo speciale “The Meep”, un personaggio transgender come quello di Rose per poi trasformare la sua identità di genere nel risultato di uno strano processo di rigenerazione aliena, e nell’incomprensibile chiave della risoluzione del suo episodio. È evidente che i creatori si siano qui sentiti obbligati a incentrare sul tema un’avventura intergalattica che avrebbe seguito il suo corso anche con l’aiuto di una semplice, umanissima ragazza transgender.

Sex Education, il paradiso queer che ci meritiamo

Ed eccoci arrivati alla generazione Z e ai suoi teen drama ambientati nelle scuole del secondo decennio del Duemila. Come serie incentrata sull’educazione sessuale degli adolescenti era inevitabile per i creatori di Sex Education parlare anche di personaggi queer. Già dalla prima stagione il miglior amico del protagonista, Eric, si trova a dover affrontare l’omofobia che lo circonda, mentre il ragazzo che lo bullizza proprio per il suo orientamento, Adam, scopre di essere attratto da lui. Con estrema naturalezza, poi, vengono introdotte famiglie omogenitoriali e coppie di ogni genere, mentre nelle stagioni successive ecco apparire persone bisessuali, pansessuali, asessuali, transessuali, non-binarie. A questo punto la serie che ha già fatto arrabbiare i conservatori di tutto il mondo viene abbandonata anche dai suoi fan, come a dire che un po’ di rappresentazione va bene, ma meglio non esagerare, meglio non trasformare una scuola in un rifugio queer. Insomma, dov’è andato a finire il realismo? Ma viene da chiedersi se invece non sia proprio questa la realtà che ci aspetta, se il risultato di una consapevolezza maggiore su ciò che ci piace e ciò che non ci piace, anche sessualmente, non sia la liberazione di quella piccola parte queer che c’è in tutti noi, e che deve invadere una scuola come il piccolo schermo.

Cecilia Cerasaro

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