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Il “Lessico Civile” di Massimo Recalcati: come chiudere il cerchio senza retorica?

Lunedì 30 marzo è ripartito, sembra in anticipo dalla data prevista, il Lessico di Massimo Recalcati. Questa volta lo psicanalista, professore e, ormai, conduttore si è occupato del linguaggio Civile.
Stesso assetto e stessa liturgia che ci hanno accompagnato per le due edizioni precedenti: nel buio di una pseudo classe universitaria, abitata per l’occasione nella seconda serata di Rai3, il professore di nero vestito è pronto a chiudere il ciclo guidando l’analisi edulcorata dai filmati, dalle citazioni cinematografiche e intellettuali, dai contributi storici e dalla recitazione di brani letterari.
Un percorso pertinente quello di Recalcati partito con il primo sintomo di micro società, la famiglia, passando per il lessico dell’amore, orientato per donarsi all’altro e prepararsi all’incontro con i molti. Lessico Civile il confineIl cammino è giunto fino a ieri sera, all’apertura totale verso il cuore “parlante” della comunità con il nuovo “Lessico Civile".
Il programma si inserisce in un contesto (e momento) storico dove oggi, più che mai, sentiamo la necessità di affrontare argomentazioni simili.
Forse l’urgenza dei temi, forse il palinsesto orfano di proposte che si snodano attraverso una riflessione seria e garbata -e in questo caso priva di contraddittorio, nonostante le domande ingessate del giovane pubblico- hanno caratterizzato la necessità di ricollocare i discorsi dello psicanalista milanese prima del tempo.
Ieri sera dalle 23:15 si è parlato di “Confine” con il sapiente contributo iniziale di Novecento, opera formante e formativa di Bertolucci. Recalcati per aprirsi ai più riparte dalla principale istituzione, la famiglia, il primo vero senso di apparenza che condurrà poi al sentimento verso la patria.
Il soliloquio del professore continua con la dualità appartenenza-libertà, cessare il dialogo e la dialettica tra i due condurrebbe alla perdita della porosità del confine, alla sua permeabilità: così prende vita la patologia sociale.
Un discorso corretto, semplice, fruibile ma intriso di tratti retorici con i contributi esterni che riprendono vigore solo quando Recalcati ci riporta indietro, sino alla figura di Ulisse che sperimenta l’accoglienza in quanto naufrago.
Il pubblico ha già visto tutto e ascoltato tutto per un tema che riempie assiduamente il dibattito quotidiano, allora c’è bisogno di inserire il concetto di confine e di straniero sotto nuovi coni di luce per svelare insieme stimoli differenti o ritornare a discorsi meno attuali ma sempre validi.
Un’operazione più difficile quella di Lessico Civile fatta di temi ostici, storici, globali e meno tangibili.
Recalcati risolve le argomentazioni oscillando in modo più o meno convincente a seconda dello spunto di riflessione, rasentando il filo labile del banale che per l’appunto rischia di confinare i temi protagonisti.
C’è bisogno di altro per riflettere ed erudire il pubblico, senza arroccarsi su terreni impervi fatti di “stracitazioni” che incasellano solo il fenomeno senza sviscerarlo.
Bisogna trovare spunti nel quotidiano e, finalmente, quasi al termine della chiacchierata accademica Recalcati ci ricorda quella porzione dell’essere umano non aristotelica, che tende in parte alla non-socialtà. Torniamo con i piedi per terra, al presente e, per un attimo, alla vita di tutti giorni, il professore ci rammenta di non demonizzare i dubbi ma conoscerli per introdurre altro e l’altro: il primo modo per accettare la nostra corazza è riconoscere di averla.
Per una riflessione televisiva entusiasta ed entusiasmante che in modo nuovo, priva di piaggeria o contributi reiterati, permei il vecchio con la necessità di uscire per l’appunto dalla corazza del retorico.
Il programma di Massimo Recalcati rimane un prodotto generoso e raffinato che permette la circolazione di idee, pensieri, strutturando e destrutturando concetti per una televisione che appare troppo spesso priva di ragionamenti e focus. In Lessico Civile troviamo ancora una struttura buona dove la parola dell’unico attore, supportato da un costruzione narrativa per immagini, senza l’uso selvaggio della psicanalisi, si presenta ad un pubblico che cerca di entrare, uscire e ragionare sulla forma umana in ogni suo aspetto.

Arianna Sacchinelli
31-03-2020

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