Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 756

Da Augias a Bollani: la TV generalista e il racconto ben fatto ma limitato della musica italiana

Parlare di musica è come ballare di architettura, scrisse una volta sul Detroit Free Press il comico americano Martin Mull. Ma qualcuno dovrà pur farlo. E ora che Amadeus è salpato alla volta di Nove, sorge spontanea una domanda: ci sarà ancora qualcuno, sulla TV di Stato, in grado di aprire una finestra sul panorama musicale italiano emergente per raccontarlo anche al pubblico generalista? Se c’è un traguardo che le ultime cinque edizioni del Festival di Sanremo hanno raggiunto, è stato quello di portare sul piccolo schermo nazionalpopolare il racconto di una musica che cambia, che evolve, che – come è logico che sia – sperimenta e riflette le evoluzioni del suo tempo. Una strada che la programmazione in tema di divulgazione musicale del servizio pubblico non sempre ha dimostrato di saper (o voler) seguire. Di musica, in Rai, si parla – e spesso anche bene. Ma con una patina d’obsolescenza, tra coni d’ombra dove la Storia relega in maniera quasi sistematica l’attualità.
Nel palinsesto di Rai3 trova spazio in questi giorni la terza stagione di La gioia della musica, programma condotto da Corrado Augias e trasmesso dal lunedì al venerdì in access prime time. Un viaggio a ritroso tra “la vita, gli amori, i dolori e le passioni dei geni della storia della musica”, come lo introduce la descrizione presente su RaiPlay – che forse già denota un piccolo vizio di forma, lasciando intendere che non c’è storia della musica al di fuori di quella classica e operistica (ovvero il focus della narrazione della trasmissione). La modernità traspare più nella scelta del format: agile, dinamico, godibile. Non un monologo stantio dell’ex redattore capo de L’Espresso, ma uno spazio di circa venti minuti in cui voce e musica dialogano, anche grazie alla presenza dei maestri Speranza Scappucci e Aurelio Canonici e ai materiali d’archivio proposti.
All’austerità di Augias fa da contraltare la verve istrionica di Morgan, che – insieme a Pino Strabioli – nell’aprile dello scorso anno invade la seconda serata di Rai2 con uno show musicale dal titolo StraMorgan, vincitore del Premio Lunezia per il miglior programma televisivo 2023 per la ricerca culturale. Il raggio storico si amplia (“visite guidate alle canzoni e alle voci che hanno fatto la storia”, ci suggerisce di nuovo RaiPlay): l’ex Bluvertigo va a ruota libera nella galassia della musica leggera a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’80, concedendosi qualche excursus contemporaneo, come quando offre la scena a Vinicio Capossela, con cui duetta sulle note di Sul divano occidentale. C’è musica, oltre la caduta del muro di Berlino – e già ci sembra una notizia. L’estensione contenuta (quattro puntate) e la capacità non solo di raccontare, ma anche di far vivere – suonandoli e cantandoli – i successi di Modugno, Bindi o Battiato, contribuisce senza dubbio al buon esito di un format che sarebbe interessante vedere coniugato anche in una chiave (musicale) più contemporanea. Se mai un giorno Morgan farà pace con la sua idiosincrasia verso il presente, ovviamente.
Non che il passato abbia nulla di male, soprattutto il passato che torna e sa riscoprirsi moderno. Il forte revival che ha investito da qualche anno a questa parte il mondo del vinile è alla base dell’esperimento guidato su Rai1 da Riccardo Rossi, che torna quest’anno nella seconda serata del sabato con la quarta edizione di I vinili di… (in precedenza noto come I miei vinili). Otto puntate con altrettanti ospiti, ognuno chiamato a raccontare il proprio rapporto con i 33 e i 45 giri, e una nota lieta, anzi lietissima: un’età media di 34 anni. Un parterre trasversale, che vede alternarsi davanti al giradischi musicisti (Fasma), attori e attrici (Damiano Gavino, Gaja Maciale), personaggi del mondo dello spettacolo (Amadeus, Maccio Capatonda) e persino una sportiva, la nuotatrice Simona Quadarella. Il picco di share del 14,2% è forse il miglior premio al coraggio di una scelta che dimostra come sia possibile coniugare tradizione e attualità, anche parlando di musica, anche parlando di musica in Rai.
La sintesi più riuscita in quest’ottica, però, rimane probabilmente quella tentata dal vulcanico duo composto da Stefano Bollani e Valentina Cenni. In Via dei Matti n° 0 (in onda su Rai3 dal 2021, per tre edizioni in access prime time) c’è, più che in ogni altro spazio immaginato nei palinsesti generalisti italiani, un equilibrio ideale tra il racconto della storia della musica, il suo presente, le sue infinite sfumature e contaminazioni. Un salotto di venti minuti da cui è bandito ogni pregiudizio, dove il pianoforte di Bollani riempie ogni vuoto con uno stucco d’estro. Un contenitore che negli anni è riuscito a tenere insieme i capisaldi della musica leggera – da De Gregori a Mannoia, da Bennato a Vanoni – e a farli convivere con una nuova generazione di artisti (Giovanni Truppi, Daniela Pes, Fulminacci e tantissimi altri), che trova finalmente la propria legittimazione e un megafono attraverso cui far sentire la propria voce. Ad avercene, di matti così.

Andrea De Luca Italia - 16.05.2024

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM