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ContaminAzioni 2016: “Sognando Marylin” e “Il Minotauro”, l’angusto spazio dell’anima

“Noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.” ANAÏS NIN

Ci sono gabbie troppo piccole per contenere un’anima, un sussulto di vita che (non) si arrende, un palpito di ambizione e desiderio. Il palcoscenico, si sa, può diventare invece uno spazio enorme, talvolta difficile da riempire anche con le migliori intuizioni drammaturgiche.
Questioni di spazio, dunque, che legano due degli esperimenti teatrali andati in scena al Teatro dell’Orologio per l’edizione 2016 del Festival ContaminAzioni. In "Sognando Marilyn" di Lorenzo Righi quello spazio è un ascensore, una gabbia in movimento, una metafora proprio del palcoscenico, della vita: all’interno quattro esistenze agitano desideri, ambizioni, frustrazioni e le mescolano ai sogni, agli incubi di una realtà che si contorna della morte di un’icona, il “presunto suicidio” di Marilyn Monroe datato 5 agosto 1962. Cosa accadrà a Erika, pittrice in cerca di lavoro? Che ne sarà di Harris e del “suo” ascensore? Come finirà il matrimonio del direttore di banca Mr. Lance? Dove condurrà l’arrivismo dell’impiegato Paul? Fili intrecciati che, come i cavi di sostegno di un ascensore, tirano e rilasciano emozioni tra un livello e l’altro della vita, in attesa del piano giusto, del posto in cui sedimentare.

Il labirinto è invece il non-luogo della follia o, meglio, è il percorso del folle. "Il Minotauro" di Elisabetta Lapadula e Teresa Pasquini rinchiude lo spettatore in una stanza, spoglia di qualunque scampolo di “normalità”. Eppure anche la perdita è normalità, anche il dolore e la solitudine fanno parte della vita e, quindi, della morte. E qui, dove una madre si arrende e un figlio si difende, la morte interviene a livellare il dolore con l’amore puro, quello che non pretende un corpo, ma sopravvive di (bi)sogno. E alla fine, come nei versi di “Il cielo in una stanza” accennati dalla vera anomalìa del racconto scenico, si finisce così “Che restiamo qui, abbandonati come se, se non ci fosse più niente, più niente al mondo”.
Questioni di spazio e di tempo a ContAminazioni, quel tempo e quello spazio vitale dell’esperimento, della ricerca artistica che, per dirla con Carlo Emilio Gadda, è “L'istante che occupa uno stretto spazio fra la speranza e il rimpianto, ed è lo spazio della vita.”

Foto: Riccardo Freda

Adriano Sgobba 4/10/2016

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