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Nel silenzio resto: la performance di Giulia Gaudenzi e il valore dell'ascolto

Nel silenzio resto. Tessiture di corpo e posture del Tiepolo, questo il titolo della performance dell’attrice e ballerina Giulia Gaudenzi, svoltasi il 7 maggio scorso presso la Chiesa della Disciplina di Verolanuova, comune della provincia bresciana.

La performance, della durata di venticinque minuti, con direzione artistica e regia curate dalla stessa attrice ha preso vita all’interno del Festival il Tiepolo Scomposto, iniziativa dell’amministrazione comunale di Verolanuova organizzata da Pietro Arrigoni, che prevede un programma multidisciplinare di eventi ispirato ai capolavori del pittore ed incisore Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 – Madrid 1770), noto come il maggior esponente della pittura settecentesca veneziana.
Una Verolanuova allestita ad arte con installazioni e spettacoli teatrali, in occasione del restauro delle due tele del pittore, visibili nella maestosa Basilica di San Lorenzo. I due capolavori, dell’altezza di dieci metri e cinque in lunghezza, sono visibili grazie alla presenza di una struttura temporanea alta nove metri che permette ai visitatori di vedere a pochi centimetri di distanza le due scene bibliche rappresentate: la prima  Il sacrificio di Melchisedech, re e sacerdote dell’antica Gerusalemme, la seconda, La caduta della manna, “il cibo degli angeli”, disceso per volere di Dio sul deserto per salvare gli israeliti dopo la fuga dall’Egitto e la liberazione dalla schiavitù. L’impatto è quello di due tele maestose, dalla pittura ariosa e luminosa, dai colori caldi e raffinati così come la tecnica e l’inventiva del pittore veneziano.
Dopo la visita alla Basilica, vi è piazza Malvestiti, dove sono appesi, in bianco e nero, dei grandi fotogrammi rappresentanti le tele del Tiepolo. A lato, la Chiesa della Disciplina, più piccola e discreta, il luogo della performance. Nella chiesa lo spazio è arioso, semplice e luminoso, le pareti di un rosa dalle sfumature calde, noto come rosa Tiepolo, una specifica tonalità di colore utilizzato dal pittore. Nello spazio una minuziosa esperienza sensoriale che permette di annusare odori di vario genere quali: c’era d’api, olio di lino, canapa, trementina e manna. Odori appositamente creati dal chimico delle fragranze Roberto Dario, che riportano ai profumi delle scene rappresentate nelle due opere del Tiepolo.
Al centro ha origine la performance di Giulia Gaudenzi, l’attrice indossa una tunica sui colori del rosa Tiepolo, perfettamente in armonia con il luogo. Per iniziare un’immagine potente e tenera: quella di una madre che tiene in braccio il suo bambino, un riferimento alla natura dei paesaggi del Tiepolo, una natura come “madre innamorata” come cita la stessa artista, “che avvolge l’umanità tra ombreggiature di luce e colore”.
La performance prosegue prendendo ispirazione dai personaggi dipinti dal Tiepolo nelle sue tele: Il sacrificio di Melchisedech e La caduta della manna. Ripercorrendo le posture dei soggetti, dipinti nei loro istanti di tensione fisica ed emotiva e rifacendoli gradualmente vivere, con attenzione ai passaggi del corpo, al gesto, al suono e allo spazio.
Per farlo l’attrice utilizza movimenti lenti, delicati e allo stesso tempo decisi, dettati dall’ascolto di sé e del proprio corpo, oltre che del mondo circostante; in un “linguaggio universale e primordiale di teatro e danza che vive tra l’azione e reazione” come afferma la stessa danzatrice. Dall’immagine della madre, alle posture variegate verso lo spazio e il pubblico l’attrice si muove con grazia e calma, con pause tra un movimento e l’altro, lo sguardo è fisso ed evocativo.
Protagonista, anch’esso, di questo linguaggio è il silenzio, tema centrale del progetto su cui Gaudenzi afferma: “un silenzio interno ed esterno, dove il primo è intimo e si confronta con la coscienza interiore, mentre il secondo è materico e si confronta con l’ambiente (...), il silenzio interno ha un proprio spazio di ascolto, concentrazione e un suo tempo di ricerca. Il silenzio esterno dialoga con spazi fisici e gode di altre ritmicità come quando ci si trova in natura”. Un silenzio potente, immaginativo, presente anche nelle opere del Tiepolo.
Il suono utilizzato altro non è che il silenzio, in quanto “uno spazio e un tempo di ascolto in cui concedersi e restare, con assoluta disponibilità e apertura”. Eccezione per i suoni della natura, come il fruscio del vento, che concede senso di atemporalità e riporta all’ariosità dei dipinti nel Tiepolo, il fruscio è enfatizzato dal tintinnio degli accessori musicali in terracotta che l’attrice indossa alle mani e ai piedi, accessori fatti a mano da Cristina Valla che cura i paesaggi sonori del progetto.
L’abito scelto per la rappresentazione, creazione di Serena Zanola, rende ancora più suggestiva la performance, riportandoci ad un’immagine che potremmo definire sacrale; una tunica, in quanto forma capace di racchiudere tutti i personaggi delle tele, con identità, generi, età, e ruoli differenti.
I tessuti selezionati danno l’idea di morbidezza degli abiti dipinti dal pittore, così come il colore, il rosa Tiepolo, “dopo una ricerca sui colori utilizzati dal Tiepolo abbiamo deciso di focalizzarci su quattro colori come rosa, azzurro, giallo, rosso. Ho selezionato tessuti morbidi e cadenti che creassero movimento” afferma Serena Zanola.
L’effetto finale è potente, una performance breve ed intensa che non necessita di linguaggio verbale, dove silenzio, movimenti ed espressività prendono tutta la scena.
Una forza della delicatezza e della calma a cui non siamo più abituati e che Giulia Gaudenzi porta in scena con estrema autenticità e coraggio.
Un’ immagine nata dal Tiepolo e per il Tiepolo ma che in realtà afferma molto altro: quanto effettivamente siamo in grado di ascoltare ed ascoltarci? Quanto, più che mai oggi, riusciamo a concederci un momento per restare fermi ed osservare noi e il mondo che ci circonda?
In una vita frenetica, dove velocità e produttività hanno il predominio sul nostro quotidiano, Giulia Gaudenzi ci riporta al valore dell’ascolto, del mondo e in primo luogo di noi stessi. Un ascolto difficile, a cui forse non siamo più abituati, ma di cui abbiamo dannatamente bisogno.

  Ilaria Savoia  20/05/2023

 

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