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L'Io e l'Es di Teatro Rebis, al Teatro Cantiere "La Signorina Else"

"Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – il Suo essere dominato dalla verità dell’inconscio, dalla natura istintuale dell’uomo, il Suo demolire le certezze culturali convenzionali, l’aderire del Suo pensiero alla polarità di amore e morte, tutto questo mi ha colpito con un’inquietante familiarità [..]" scrive Sigmund Freud ad Arthur Schnitzler nel giorno in cui sente che era necessario confessargli la corrispondenza di intuizioni che egli raccoglieva, nelle pagine degli scritti dell'autore, come feticci da collezionare.
Nelle opere di Schnitzler si è obbligati a considerare la sembianza umana l'involucro degli scempi più biechi, di sbrigliate ipocrisie, di passioni e bestialità. Nel 1924 è un uomo di sessantadue anni con una figlia di sedici quando scrive "La signorina1signorina Else" e non può immaginare di essere stato profeta della sorte della sua bambina – Lili Schnitzler, come la signorina della sua mente, morirà suicida appena adolescente.
Else è una ragazza d'estate, quando diciannove anni non sono sufficienti ad avere un alibi per opporsi al desiderio. È sull'età che ha Else che si concentra il lavoro della compagnia marchigiana Teatro Rebis. Hanno piedi sulle staffe della mente, si muovono a tentoni sfiorando le pareti delle idee per ricostruirle sul palco dove è possibile vederli, non come le marionette di una storia, piuttosto come proiezioni delle più sensibili fantasticherie.
Meri Bracalente ha occhi in cui c'è posto pure per la vita di un'altra, infatti ci entra il passo ostinato di una signorina, appropriandosi delle consapevolezze di una donna, restituendole ingenuità e malizia che il tempo aveva tentato di maturare.
Il pensiero è un dialogo muto, interno al proprio interlocutore, un fiume immobile di elucubrazioni quando non sfocia aldilà del recinto dei denti; se Freud si avvicina a Schnitzler è perché leggendolo ha la sensazione di trattare con dei pazienti che non fanno caso al suo giudizio, spogliandosi di ogni reticenza, ignorandone gli occhi bisognosi di ogni rigo. Accade a teatro, la Bracalente muove le labbra umili ma per nessuno è indispensabile quell'ondulazione, ognuno ha fame di paura, sdegno, ingenuità e delicatezza che si trovano allo stato grezzo meglio nella coscienza piuttosto che nella confessione. Con la regia di Andrea Fazzini l'attrice è tutta introspezione e disvelamento, il testo narrativo è plasmato sul palco nei luoghi più adatti, persino astratto negli echi della voce di Giuliano Bruscantini, contrappunto melodico delle psicosi di Else: "Non sarebbe una donna, Else, se non se ne fosse già accorta", e come possa una creatura accorgersene, quando la sua natura non è stata indagata se non dall'obbligo del dover concedersi, è svelato da Frediano Brandetti; autore visionario delle soglie mentali che piano digeriscono la ragazza fino a restituirle un ultimo eterno brindisi col sonno.
Il Teatro Cantiere è sempre un'alcova di sperimentazioni, qui si ha il permesso di nascere ed essere educati a cercare i luoghi dove si rifugia la bellezza quand'è stanca d'essere trovata.

Francesca Pierri 01/06/2016

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