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Firenze: un "Fidelio" in balìa degli eventi

Il 78°Maggio Musicale fiorentino ha inaugurato, il 27 aprile scorso, la stagione lirica all’insegna della polemica: scioperano gli addetti della Cgil, tecnici e macchinisti si scontrano con i vertici della Fondazione, privando per questo la prima del Fidelio – unico lavoro teatrale di Ludwig Van Beethoven – di proiezioni e cambi di scena. La regia di Pier'Alli (che si rifiuta di salire sul palco a fine rappresentazione) è stata pesantemente compromessa dall’assenza dei giochi di luce, tanto attesi dai pochi fortunati che son riusciti a vedere la messa in scena altrove. L’opera lirica è stata trasformata, dunque, in concerto, con la scenografia del secondo atto rimasta invariata per tutta la durata dello spettacolo. E chissà che non si stia parafrasando eccessivamente l’ispirazione morale di Beethoven, attraverso la vanificazione della libertà illuministicamente intesa.

La premessa di disfatta non è però riuscita a scalfire la resa finale di questo Fidelio, atipico certo, ma non per questo meno coinvolgente. Grazie soprattutto ad un cast all’altezza dei ruoli e alla virtuosa direzione del maestro Zubin Mehta, impeccabile nel donare meditata lentezza sacrale all’intero componimento. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ha dimostrato ancora una volta di essere una delle migliori sul panorama internazionale, presentando un’esecuzione impeccabile. Momento di grande commozione si è rivelato con l’entrata del coro - anch’esso tra I migliori d’Europa - quando Fidelio e Marzelline riescono a far uscire i carcerati dalle prigioni, accontentando la loro disperata ricerca di luce e libertà. Il cast si è dimostrato ben distribuito, nonostante l’opera Beethoveniana non sia appositamente composta per le voci. Ottima la Leonore-Fidelio Ausrine Stundyte, che nell’esecuzione dell’aria spicca per tonalità e timbro vocale. La Marzelline di Anna Virovlansky si dimostra altrettanto aggraziata nell’aria della seconda scena del primo atto, quanto il Rocco Manfred Hemm è stato imponente, specialmente nel secondo. A conclusione dello spettacolo la maestosa ovazione del pubblico ha parso voler sottolineare quanto la rappresentazione sia riuscita ad avvicinarsi al profondo contenuto morale e spirituale con cui Beethoven ha concepito l’opera. La simbologia latente, risvegliata dalla musica, inesorabilmente letta come sinonimo di Libertà e Giustizia, la stessa per cui a volte vale la pena scendere nelle profondità più recondite di noi stessi, per riemergere e lottare con forza e rinnovato vigore. 

 

(Olivia Fanfani) 

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