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“After Miss Julie”: l’attualità e la modernità di Strindberg tra sensualità e divergenze sociali

“La vita non è tanto matematicamente idiota che solo i più grandi divorino i piccoli, avviene infatti altrettanto sovente che l'ape ammazzi il leone o quantomeno lo renda furioso”, August Strindberg- La Signorina Julie.

È un intricato, profondo ed esplosivo gioco seducente e seduttivo, un incontro-scontro appassionato e appassionante tra due realtà sociali differenti, un caleidoscopio di parole, passioni e tormenti, “After Miss Julie” di Patrick Marber con la regia di Giampiero Solari.
La cucina di una villa alle porte di Milano, durante la serata di festeggiamenti per la liberazione dall’occupazione nazi-fascista, è lo scenario in cui si consuma la drammatica vicenda della Signorina Giulia, una vivace ragazza borghese, la quale, approfittando dell’assenza del padre, tenta di ammaliare il servo Gianni, sotto gli occhi della cuoca e sua promessa sposa Caterina.
La protagonista è una donna complessa, che dietro le sue provocazioni nasconde fragilità emotiva, desiderio di essere amata e compresa. La sua è una sfida che le sfugge di mano, conducendola verso un destino che non concede salvezza.
Con i suoi modi eleganti ed esuberanti, fa’ cenni d'intesa, incanta e provoca il devoto e sottoposto Gianni, il quale, nonostante la ritrosia iniziale, si abbandona ai sensi, rivelando un sopito e sincero sentimento. I due forse si amano davvero, eppure sono costretti a scontrarsi con le imposizioni sociali, le differenze, i vincoli morali di una società che giudica, parla, condanna. Allora quando i sospetti e le voci iniziano a circolare, non resta che provare a fuggire per crearsi nuova vita lontano, ipotizzando altri mestieri, altri ruoli, altre identità. Ma le rigide convenzioni non lasciano scampo e forse l’unica soluzione e’ la morte. after miss julie di patrick marber 00
Sono personaggi vittime di un’epoca e di un determinato contesto, ingabbiati nella rigida dinamica del servo e del padrone. Se inizialmente lui sembra il succube, il sottomesso, come impone il suo ruolo sociale, e lei forte, decisa, spudorata, trasgressiva, determinata nel suo intento, dopo l’amplesso, la situazione si ribalta: la ragazza mostra la sua vulnerabilità, mentre l’uomo si lascia andare a uno sfogo che tradisce rabbia e maschilismo, con parole che feriscono, umiliano, uccidono. Giulia, così, da donna priva di malizia, che vuole sovvertire la sua esistenza e le ipocrisie, si riscopre infelice e disperata per aver perso la purezza con un uomo che reputava diverso.
Il tutto avviene davanti e alle spalle della silenziosa e remissiva Caterina, un’ equilibrata e misurata Roberta Lidia De Stefano, che passa dal rispetto al giudizio più pungente, proprio lei che forse perfetta non è.
Si susseguono dialoghi concitati che vanno a comporre un groviglio di pericolose relazioni e a definire un dramma in cui tutti sono colpevoli, tutti vittime , in cui i personaggi dimostrano con potenza la loro interiorità e articolata personalità, le loro umanità lacerate e perse in un periodo storico che segna la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra, di una rinascita e una liberazione che non sono pronti ad affrontare.
Il celebre classico di Strindberg nella rilettura di Marber è più moderno, diretto, e in questo caso, la regia di Solari fa sì che risulti più vicino a noi grazie anche all’ambientazione italiana nel ‘45, e non londinese, alle luci e alla scenografia realistica, alle musiche studiate, popolari e orecchiabili, ai costumi ricercati e colorati che vanno a caratterizzare maggiormente i protagonisti, interpretati magistralmente, con intensità e trasporto emotivo.
Gabriella Pession dà corpo e voce al complicato carattere della Signorina Giulia, restituendo le sue molteplici sfaccettature, la sua elegante sensualità, la sua volontà di ribellione ed emancipazione, la sua sottile ingenuità, il suo lacerante dolore, la sua irrefrenabile passione e passionalità. Si muove come avvolta da una febbre che non le dà tregua, striscia, ammicca, si scopre, si ricopre, urlando il suo amore, la sua disperazione, fino a diventare un'eroina contemporanea.
Forte la complicità e l'alchimia con l’incisivo Lino Guanciale, il quale, ancora una volta con il suo identificativo carisma, domina il palcoscenico rivelando con la timbrica, lo sguardo, la gestualità, le impercettibili metamorfosi del personaggio, la sua sottomissione, i suoi ricordi, i suoi ambigui stati d’animo, e poi il suo cinismo, il suo spietato maschilismo, la sua vulnerabilità e frustrazione, la sua incapacità di cambiare, il suo attaccamento alle logiche dell’interesse e il suo desiderio di trovare una posizione nel mondo.
“After Miss Julie” è una tragedia dell'anima ben intrecciata e costruita, dove si rimane avvolti piacevolmente nella spirale di azioni, pensieri e conflitti umani che assumono una connotazione fortemente attuale, in un contesto odierno dominato spesso da ingiustizie, soprusi e violenze sulle donne e i più deboli. Una violenza subdola e meschina che macchia di sangue il volto, il corpo, la mente.
Molti anni dopo, la Signorina Giulia, dunque, è ancora un’esplosione spietata di modernità per riflettere e interrogarci sui vincoli e i ruoli in cui la società ci imprigiona.

Maresa Palmacci 6-12-2018

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