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"55:20": il conto alla rovescia di Valeriano Solfiti ed Emiliano Valente al Festival Inventaria

È una corsa a perdifiato contro il tempo, quella che Valeriano Solfiti e Emiliano Valente dirigono e interpretano in "55:20", piccolo, fluviale spettacolo presentato all'Argot Studio in occasione dell'ottava edizione del Festival Inventaria. Un drammatico conto alla rovescia e, insieme, una riflessione sul peso di una forza che, inesorabilmente, disegna affetti, regola vite, uccide.55 20

In poco meno di un'ora è proprio il tempo – un tempo rincorso, perduto, sprecato – a farsi protagonista assoluto di un dramma atipico e autoriflessivo che gli gira attorno, raccontando, senza soluzione di continuità, vite vissute troppo velocemente, storie di un presente collassato sotto il peso della Storia, sotto lo sguardo di un timer che lo rende schiavo, continuando a macinare ore, minuti, secondi. È la tragedia di un'illusione, quella di 55:20, l'assurda convinzione di avere davanti a se tutto il tempo del mondo e di esserne padroni, senza accorgersi dei figli che (senza il proprio permesso) crescono, degli anni che passano, dei padri che muoiono.

Al centro di tutto due attori quarantenni che si incontrano e scontrano, ballano, giocano, interpellano il pubblico, alla ricerca di una risposta che gli scivola tra le dita come quelle cifre proiettate costantemente alle loro spalle. È qui, tra ricordi, fotografie e piccole, invadenti sveglie disseminate per il palcoscenico, che va in scena la disperata ricerca di razionalizzare una perdita inevitabile, una fine destinata, nel bene e nel male, ad arrivare e a travolgere qualsiasi cosa. Ed è proprio nell'attesa di una conclusione annunciata che il tempo acquista tutta la sua incombente valenza, incarnandosi nella natura stessa dello spettacolo, nei tempi morti che lo scandiscono e nei silenzi imbarazzati che lo intervallano.

Solfiti e Valente presentano così al pubblico il tempo in ogni sua declinazione, raccontandolo, mimandolo, vivendolo attraverso uno spettacolo per forza di cose aperto, fluido, in divenire. Un flusso condiviso di idee e coscienze che riesce, comunque, a mantenere il suo animo informale e discorsivo, rifuggendo toni troppo seriosi e drammatici, ma riservandosi la capacità – nonostante tutto, nonostante il tempo incalzante e le parole che si rincorrono sempre più velocemente – di emozionare.

Mattia Caruso 11/06/2018

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