Chi conosce ed apprezza la produzione di Hayao Miyazaki, sa bene come un film d’animazione possa recare in sé insospettabili livelli di significato, una ricchezza di mondi visuali straordinaria e costanti possibilità di attualizzazione.
La rilevanza del saggio di Ilaria Vigorito “Nausicaä della Valle del Vento - l’opera della vita di Hayao Miyazaki dal manga al film d’animazione“ (La Torre editrice, 2021) risiede però nell’aver accordato ad una singola opera la dignità di divenire oggetto di trattazione autonoma, in un mondo come quello del manga che, malgrado l’enorme popolarità e la diffusione internazionale, viene ancora considerato di nicchia e a cui viene concesso molto poco spazio nella letteratura accademica italiana.
L’autrice ci fa così scoprire come Nausicaä sia una storia perfetta - tristemente perfetta - per i tempi che stiamo vivendo: gli scontri tra diversi “regni”, con i loro stili di vita culturalmente distanti, collocati nel più ampio contesto di scontro tra uomo e natura.
È proprio da quest’ultimo tema, quello ecologista, che il saggio prende le mosse, contestualizzando la genesi dell’opera tra gli eventi che hanno segnato la storia contemporanea del Giappone e portando alla luce un disastro ambientale di cui si ha poca conoscenza, soprattutto in questa parte di mondo. Si tratta dell’inquinamento atroce della baia di Minamata, perpetrato dalla Chisso Corporation, una fabbrica di prodotti petrolchimici già attiva negli anni ‘30, i cui devastanti effetti sull’ecosistema emersero nel ventennio successivo.
È quindi da un evento così socialmente rilevante, parte della memoria collettiva del proprio Paese, che Miyazaki trae l’ispirazione per creare il mondo distopico in cui la storia di Nausicaä si articola. La contestualizzazione che la scrittrice delinea va però più a fondo, tratteggiando gli elementi fondamentali del contesto geopolitico internazionale post Seconda guerra mondiale in cui l’autore si trovò ad operare nel corso degli anni: il “miracolo economico giapponese”, gradualmente arrestatosi negli anni ’80, e poi i difficili rapporti con la Cina, il peso dell’influenza statunitense e, sullo sfondo, lo spettro di una possibile deflagrazione della Guerra Fredda.
Tali elementi di contesto ci aiutano a vedere come anche un’opera fantasy sia in realtà profondamente figlia del suo tempo, lungi dall’appartenere ad una dimensione “altra”, scollata dagli stravolgimenti sociopolitici che plasmano la Storia e dall’interazione tra culture.
Entrando più nel merito del racconto, il saggio offre uno spaccato interessante sulle origini del nucleo creativo che andò successivamente a comporre il cuore dello Studio Ghibli.
Divenuto celebre al livello internazionale solo in seguito, si trovò all’origine a fare i conti con un gruppo di lavoro piuttosto eterogeneo e con un budget limitato. Risiedono qui buona parte delle differenze tra il manga e il film d’animazione, di cui l’autrice dà conto accuratamente, mostrando di voler indagare le peculiarità e le esigenze proprie di due diversi medium e su come essi influiscano sul processo creativo e sulle scelte di un autore.
L’analisi degli aspetti stilistici può essere a tratti illuminante per gli appassionati che almeno una volta si siano trovati a guardare i film di Miyazaki senza riuscire a spiegarsi fino in fondo da cosa derivi quel vago e perdurante senso di meraviglia.
Prendiamo ad esempio il modo scelto per rappresentare l’effetto di velocità e movimento sullo schermo; è un tipo di approccio animetico - diverso da quello cinematico, maggiormente utilizzato negli anime commerciali - che, ci illustra l’autrice, sfruttando l’orizzontalità ci spinge a guardare l’incedere delle immagini come quasi queste fluissero sospinte dal vento, generando quella sensazione di sognante serenità.
Servendosi di una bibliografia internazionale di riviste di settore e ricorrendo ad estratti di interviste allo stesso Hayao Miyazaki, Ilaria Vigorito ci guida nell’interpretazione dei diversi livelli di lettura della storia, e su ciò che essi abbiano voluto dire per l’autore stesso, trovatosi a mettere in discussione le proprie credenze sulle dinamiche che guidano la convivenza tra gli uomini - e tra questi e il mondo naturale - parallelamente all’evoluzione della sua protagonista.
Un saggio per riflettere in modo non banale sulle potenzialità del racconto animato, e per scoprire quanto la fantasia possa parlare in modo vivo del nostro modo di concepire il conflitto. Forse, talvolta, in modo più profondo e sfaccettato di quanto non riesca la narrazione d’attualità.
Arianna Cerone 13/05/2022