Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 686

Recensito incontra gli Eugenio in Via Di Gioia: le sfumature di una musica che profuma di autentico, oltre “la punta dell'iceberg”

Gli Eugenio in Via Di Gioia sono tornati con il nuovo album “Tutti Su Per Terra”, che, a partire dal titolo, cela un'esistenzialismo che sposta il suo epicentro verso la scoperta dell'essere umano come animale sociale e come singolo individuo in tutte le sue forme. La specialità di questa giovane band è quella di non risultare mai forzosa, mai incupita, sempre brillante e ironica, ma soprattutto al passo coi tempi, conservando in ogni caso un'autenticità di fondo e lo stile classico cantautorale che non è caratteristica comune, anzi. Le nove tracce che compongono l'album hanno un unico filo conduttore: divertire, appassionare e ricreare una riflessione in chi ascolta. Non ci troviamo dinnanzi a una musica sterile e asettica, tutto il contrario: gli Eugenio puntano dritti al bersaglio e mandano a segno un colpo ben riuscito: un album intelligente e spensierato, colto ma mai pretenzioso. Poco prima del concerto al Largo Venue abbiamo chiacchierato con Eugenio Cesari, soddisfando le nostre curiosità sulla loro musica e non solo.

Quando e come avete deciso di cominciare questo percorso insieme?
Abbiamo deciso di cominciare in maniera del tutto casuale. Inizialmente le canzoni le scrivevo da solo e avevo intenzione di rimanere un cantautore, poi la fortuna mi ha portato di fianco a due ragazzi della mia età con cui mi trovavo veramente bene, che si chiamano Emanuele Via e Paolo Di Gioia, con i quali ho in seguito fondato il gruppo Eugenio in Via Di Gioia, appunto. Ed è stata una cosa in divenire, non c'è mai stato un progetto di dire esplicitamente “adesso ci mettiamo lì e facciamo musica nella nostra vita”, anche perché studiavamo tutti cose diverse e inizialmente addirittura lo prendevamo come hobby.

Come mai il titolo “Tutti su per terra”?
L'idea si lega molto all'immagine dell'album già esistente ma ruotata al contrario, nel quale c'è Altante che, piuttosto che sorreggere il mondo, ci cade rovinosamente sopra; infatti il gioco di parole riprende la filastrocca dei bambini “casca la terra tutti giù per terra”: l'idea è che l'uomo voglia sentirsi superiore a tutto ma in realtà è decisamente per terra.

eugenio 2

La vostra musica porta un retaggio misto tra il folk e il cantautorato. Quali influenze ha subito nel tempo?
La nostra musica ha subito tante influenze diverse a seconda dei periodi; inizialmente ascoltavamo tanta musica folk e l'esigenza di suonare per strada e in qualsiasi locale ci ha portato a suonare strumenti prettamente acustici come fisarmonica, cajon, basso acustico e chitarra acustica; poi, suonando in locali sempre più spaziosi e prestando sempre più attenzione nei confronti dell'artista e dei suoni, abbiamo potuto iniziare a suonare anche la batteria e a portarci dietro vari pedali ecc. I gruppi ai quali ci rifacciamo sono davvero tanti: i Mumford&Sons, gruppo inglese, specialmente nella prima parte del nostro percorso, ma anche gli Alt-j a tanti altri. In Italia tanti ci associano ai grandi cantautori del passato come ad esempio Rino Gaetano, Gaber o Jannacci. A noi fa molto piacere quando succede e allo stesso tempo ci sentiamo onorati. Non c'è da parte nostra la volontà di somigliare a qualcuno in particolare nella scrittura dei testi, forse nella musica sì, ci facciamo suggestionare.

In base a cosa scegliete gli arrangiamenti? Pensate che la musica suonata sia più o meno efficace dei synth di cui attualmente è intrisa?
Non è questione di migliore o peggiore. Noi abbiamo avuto questa impostazione sin dall'inizio, derivata soprattutto da un nostro gusto personale; ci piaceva il folk quindi ci siamo trovati bene a suonare gli strumenti acustici, e poi anche per fare di necessità virtù. Ultimamente ci stiamo un po' avvicinando alla musica elettronica, però cerchiamo sempre di utilizzare questi strumenti in maniera più creativa possibile. Piuttosto che utilizzare i synth per generare i suoni, magari utilizziamo strumenti acustici affinché diventino simili nell'aspetto a strumenti non veri. Ma la base di partenza è sempre uno strumento reale.

Ne “La punta dell'iceberg” c'è della premonizione o un'ironico disfattismo tipico della nostra generazione?
Io sono abbastanza convinto che se non dovessimo invertire la rotta, molte delle cose che vengono elencate in quella canzone si potranno avverare, purtroppo; però dall'altra parte mi sento esattamente come una persona che lo dice ma che fa ben poco. È un pezzo nato un po' per prendere in giro tutto questo senso di impotenza che le persone hanno oggigiorno a causa dell'eccessivo bombardamento di informazioni che ci rende tutti in qualche modo distanti dai problemi, e poi tenevo a mettere l'accento sul fatto che al di là di queste catastrofi, ognuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo per modificare le cose.

In “Chiodo fisso” c'è un romanticismo 2.0: com'è nata la canzone? È stata dedicata a qualcuno o è universale?
In realtà ha un carattere parecchio universale, non c'è una persona a cui viene dedicata. In quel momento stavo aspettando che mi restituissero la macchina, ero in un parcheggio a Torino, e avevo un diario dove scrivevo pensieri; avevo questa storia in mente e l'ho buttata giù, nero su bianco. È venuta subito rispetto alle altre canzoni, che solitamente arrivano un po' per volta. Quella è stata scritta di getto; la cosa ancora più interessante è che quel foglietto l'ho anche perso. Però avevo così in mente quelle parole e anche quella storia da poterla riscrivere qualche giorno dopo. Forse non identica, ma ogni cosa ricordassi di quel brano l'ho riscritto e l'ho subito musicato. È venuta fuori una canzone completamente diversa dal nostro stile, perché ha molte meno parole e molte più metafore, è meno concreta, però mi piaceva molto; racconta qualcosa, una storia, per adesso, astratta.

Traspaiono dalla vostra musica moltissimi riferimenti filosofici. Esiste un filosofo di riferimento in cui pensi di poterti rispecchiare?
Un po' difficile rispondere a questa domanda: posso dirti che ultimamente mi sono appassionato tantissimo ad un filosofo  e psicologo contemporaneo, Umberto Galimberti. Passo le giornate a leggere i suoi libri e ad ascoltare i suoi discorsi su Youtube, e lo trovo davvero molto interessante.

Se dovessi rappresentarti tramite un film quale sceglieresti?
Sceglierei "Big Fish" di Tim Burton, penso sia uno dei film che trasmette tanto entusiasmo e tantissima voglia di vivere a pieno la vita, questo mi piace molto. Forse anche Forrest Gump, perché è uno di quei film che racconta una storia impossibile rendendola realizzabile.

Giorgia Groccia 13/04/2018

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM