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Canzoni femminili, cantautrici di stoffa: Gabriella Martinelli a ‘Na Cosetta

Dic 20

"La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un'armonia generale, non solo nel gesto e nell'armonia delle membra, ma anche nelle mùssole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffe in cui si avvolge, che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità" (Charles Baudelaire)

Ci sono luoghi ai quali voler bene. Luoghi al di fuori della marcescenza metropolitana, fuori dal tempo insostenibile del mondo, ben distanti dalla deriva anaffettiva e negligente nei confronti della cultura e del pensiero. Uno di questi luoghi si trova nel cuore del Pigneto e si chiama 'Na Cosetta, piccolo elisir dove la marcescenza si trasforma in buon cibo, il tempo è tenuto dalle ambrate spillate e la negligenza si tramuta in passione per la buona musica. In questo elisir ci siamo immersi venerdì 16 dicembre per ascoltare un talento genuino e non spettacolarizzato, non televotato – che pure lei ha sperimentato – ma sincero, credibile.
Vincitrice del Premio Bindi 2015 e finalista al Bianca d’Aponte 2016, Gabriella Martinelli del suo talento dà un saggio gustoso e colorato, festoso, emotivamente sentito. Gabriella Martinelli è un talento che si riserva di ragionare sul momento. In questo breve passaggio del primo brano in scaletta, “Mi riservo di ragionare”, sta una sorta di manifesto: arrangiamenti e abiti strumentali sempre diversi, che valorizzano ogni volta un elemento drammatico differente dal precedente, momenti di recitativo che soffocano il flusso armonico per poi farlo riesplodere un attimo dopo, barlumi di un impianto teatrale fondamentale. L’inclinazione alla sperimentazione è sorella dell’attitudine all’improvvisazione, che si ritrova nel cantato jazz, negli strumenti sintetici e percussivi, nel basso di Paolo Mazziotti e nel meraviglioso ukubasso con cui la padrona di casa scandisce il ritmo del ragionamento in 4 corde nere e spessissime.
Si ha la sensazione di ascoltare un genere nuovo, quasi unico, perché articolato e difficile da imbrigliare. L’autrice sa maneggiare la forma canzone, ne dilata o ne restringe i tempi – in “Officina” e “La pancia è un cervello col buco” – gioca con i suoi paletti metrici – in “Tango 47” – mantenendo però intatto un principio fondamentale: la funzione narrativa. Un esempio è “Buon selvaggio”, cortometraggio uggioso in cui prende forma il viaggio di una protagonista che fa promesse da marinaio.
Chi, per dirla con Baudelaire, “nel ritrarre il piacere prodotto dall'apparizione di una bellezza, oserebbe disgiungere la donna dal suo abito?”: quelle di Gabriella Martinelli sono canzoni femminili, in cui lo spirito voluttuoso della donna si fa corpo e veste cangiante. Le sue donne sono idoli, signorine Bovary che vivono dubbi e incertezze a volte dilanianti, oppure giocano con il destino. Tra gli embrioni del nuovo disco e alcuni brani dell’album “Ricordati di essere felice” (Toto Sound Records, 2015) si scorge un tratto comune: il rapporto tra la donna e la sua veste.

“Che bella Erika di bianco vestita tra lenzuola rosa in seta”, “vesto di rosso verde o nero, di esser perfetta m’importa poco”, “stivale alto, camminata da dura, aspetta il buio per sentirsi più sicura”. Le donne si fanno carne ai lati
del palco, mentre le due attrici Giulia Marinelli e Albachiara Porcelli si scrivono con un rossetto parole forse simbolo di “pensieri maleducati, disordinati”.
Sono canzoni femminili come la voce, squillante e netta, con cui la Martinelli gioca in accenni di scat facendo vibrare un riccio rosso appeso tra la bocca e il microfono. Canzoni femminili come la rima, celebrata nel ritratto della sua Officina Pasolini, una canzone sostanzialmente vissuta tutti i giorni. A proposito di luoghi ai quali voler bene, uno è proprio questo laboratorio di alta formazione che privilegia la dimensione artigianale della creazione musicale sotto l'egida di Tosca e Piero Fabrizi. Di questo artigianato dà prova sul palco Carlo Valente, punta elegante di un cantautorato attento ai temi sociali (la sua “Crociera maraviglia” è una hit costiera che fantastica sulla migrazione in maniera preoccupata). Insieme a lui – il tour si chiama “Gabriella e gli amici” – calcano il palco Nicoletta Noè, che propone due brani freschi e molto vicini alla tradizione francese, e Luca Mongia, fino a poco prima seduto a suonare chitarra, ukulele e strumentucoli di riempimento.
Probabilmente il nodo si intreccia nella spinta continua verso il nuovo, perché i brani già incisi su disco presentano altre suggestioni e si uniscono al trip adolescenziale di chiusura, “Io sto bene” dei CCCP. Oltre al piacevole ascolto e al ritmo coinvolgente, un pregio delle canzoni è che lavorano su loro stesse, come l’autrice leviga gli angoli e ne crea di nuovi per raccogliere il tempo. Il risultato è una composizione essenziale – estremamente, a volte – e necessaria, che sarebbe interessante ascoltare nella dimensione più silente di un teatro.
Rimanendo in cuor di metafora, Gabriella Martinelli è una cantautrice che ha stoffa. E l'abito di una donna non è solo la stoffa che porta addosso – blu acceso, in questo caso – ma può essere anche una canzone, che dalla sua bellezza è indivisibile.

Foto: Na Cosetta

Daniele Sidonio 20/12/2016

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