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“Doctor Strange: la nascita dell’eroe trascendente nel nuovo Kolossal Marvel

Trascendenza. E' una parola composta dal latin trans e ascendere: “salire al di là”. E' l'antitesi del concetto di immanenza e, da sempre, indica presso culture e credi anche molto diversi tra loro l'esistenza di una realtà concepita come ulteriore, "oltre" questo mondo. Se poi ci concentriamo sul termine da esso derivato, trascendente, esso è comunemente riferito a colui il quale "passa il limite", non sa frenarsi; tuttavia può anche significare dal punto di vista etimologico "ciò che è superiore ad ogni altro", in altre parole tutto ciò che è al di sopra dell'esperienza sensibile o fisica umana.
Naturalmente non siamo qui per disquisire di filosofia, ma occorre partire da un semplice dato di fatto: da Jaspers a Kant, da Husserl a Jung fino a Giordano Bruno, è innegabile che tutti loro, e molto altro ancora, si trovino dentro questo doctor3“Doctor Strange”, l'ultima fatica dei Marvel Studios. Ebbene si, un film che più di tutti i suoi predecessori va oltre la mera narrativa ed abbraccia un intreccio che, dietro il fantasmagorico caleidoscopio colorato e immaginifico ricreato dal moderno cinema di intrattenimento, ci guida verso una profonda riflessione sull'uomo, sui suoi limiti, le sue possibilità e il suo rapporto con il divino.
Il personaggio non ha bisogno di molte presentazioni: è uno degli eroi più originali e amati del mondo Marvel. Doctor Strange nasce nel 1963 dalla fantasia di Steve Dikto e segnò una svolta totale nel mondo delle creature Marvel, dal momento che fino ad allora i protagonisti erano quasi sempre legati ad un mondo molto materiale e moderno. Al massimo ci si spingeva a ridisegnare e utilizzare alcune divinità occidentali (Thor e soci per fare i nomi). Strange però abbraccia in pieno le atmosfere dell'occulto, della magia, del misticismo, dell'esotico di stampo vittoriano, guidandoci in un mondo fatto di dilemmi morali, fisica quantistica, fantasia ai limiti del possibile e, appunto, il concetto di trascendenza in ogni sua forma. Il personaggio va del resto calato negli anni della rivoluzione culturale, della beat generation, e la sua genesi è legata al periodo della riscoperta del misticismo orientale, delle esperienze psichedeliche, del new age, della teosofia.
Il film è diretto da Scott Derickson, ma la scintilla della vita risale al 1986, con lo sceneggiatore Bob Gale che per primo aveva steso una sceneggiatura, destinata per ragioni sconosciute a non vedere mai la realizzazione. Alex Cox e Stan Lee ne prepararono un’altra tre anni dopo, ma anch’essa venne bloccata per problemi di produzione, e lo stesso destino incontrarono i tentativi e i progetti dei vari Wes Craven, David Goyer, Jeff Welch, Brad Grey, Michael France… sembrava che un sortilegio impedisse al cinema di appropriarsi dello stregone per eccellenza. Solo a partire dal 2009 i Marvel Studios cominciarono a lavorare seriamente al progetto, con Scott Derrickson e C. Robert Cargill come sceneggiatori. Derickson, per inciso, ha battuto la concorrenza di registi del calibro di Levine e Andrews, e non si può dire che la scelta degli Studios non sia stata più che azzeccata.
doctor1Derickson ha creato un’autentica gioia per gli occhi, un vortice tumultuoso di straordinaria bellezza e complessità, capace di divertire e allo stesso tempo di elevarsi a perfetto connubio tra il cinema d’autore e il kolossal postmoderno. E’ possibile trovare la straordinaria sperimentazione estetica e narrativa dei fratelli Wachowsky, la ricchezza tematica ed espressiva di Miyazaki o Takahata, la spavalda originalità lovercraftiana del miglior Guillermo Del Toro. Derickson mostra di aver raggiunto una maturità sorprendente, convogliando tutto quello che di buono aveva mostrato come regista anche nei suoi momenti meno convincenti (“Ultimatum alla Terra” e “Deliver us from Evil” non avevano convinto molto ma contenevano frammenti di grande originalità), dirigendo con mano sicura un film che sa allo stesso tempo commuovere, far ridere, sorprendere e spingere ad una critica particolarmente ben riuscita sul neo-divismo dell’era moderna, in cui ognuno vuole sentirsi speciale, diverso anche a costo di calpestare chi gli sta attorno.
Benedict Cumberbatch, il divo inglese classe 1976, è autore di quella che possiamo definire senza ombra di dubbio la migliore interpretazione di un personaggio Marvel mai fatta da un attore fino ad oggi, superando in scioltezza i pur eccellenti Iron Man di Downey Jr. o il Loki di Hiddleston. La sua performance è magnetica, perfetta nel donarci la visione di un uomo alimentato e poi distrutto e ancora una volta ricreato da una volontà ed un ego smisurati, così come animato da una eterna ambizione ad eccellere e misurarsi con difficoltà crescenti che spaventerebbero chiunque altro. Cumberbatch si mostra capace di ricreare sullo schermo ogni possibile stato d’animo, il suo Strange è di volta in volta arrogante, disperato, coraggioso, vile, autoironico, serio, stupefatto, triste e feroce…pochi altri attori riescono a rendere ogni cosa così credibile, così plausibile e intensa. Non è un caso che sia stato da molti paragonato ad un mostro sacro come Laurence Olivier (considerato il più grande attore britannico di tutti i tempi).
Se si vuole trovare un difetto in questo bellissima avventura, è proprio la luce abbagliante di Cumberbatch che oscura e rende opachi tutti gli altri interpreti, e questo non solo per l’enorme talento del divo inglese, quanto per una sceneggiatura ed una regia ottime ma che non danno abbastanza luce a personaggi molto accattivanti e profondi, primo tra tutti il Kaecilius del sempre più lanciato Mads Mikkelsen, che poteva e doveva essere sviluppato meglio.
Stesso discorso per il Karl Mordo di Chiwetel Ejiofor. Chi conosce le gesta di Strange sarà forse rimasto un po’ deluso per il modo in cui è stato reso quello che è uno dei personaggi più importanti del ciclo del Doctor Strange. Rachel McAdams doctor2assolve bene il compito e sfrutta molto bene lo spazio lasciatole; la sua Christine Palmer è un bel personaggio di contorno, una piacevole sorpresa in perfetta controtendenza rispetto a molti altri visti nell’universo cinematografico Marvel. Stesso discorso per il simpaticissimo guardiano interpretato da Benedict Wong. Una speciale menzione merita l’asso delle arti marziali Scott Adkins (“Wolverine Origins”, “The Expendebles II” e una miriade di action movie all’attivo) che fa del suo Lucian un perfetto cattivone tutto mosse di kung fu che non avrebbe sfigurato in tanti film di 007. Ammettiamolo, pur se irreale, nessuno come la Cappa della Levitazione merita da oggi il nostro amore incondizionato.
Ultima ma per nulla ultima Tilda Swinton. Il suo Antico, pur se molto diverso dall’originale cartaceo, è forse l’unico personaggio che riesce a reggere il confronto con lo Strange di Cumberbatch, grazie ad una prova attoriale particolarmente ispirata, che da vita a un maestro che si allontana molto dai cliché hollywoodiani.
A nostro parere, era impossibile creare un primo capitolo introduttivo migliore. Visti i precedenti, questo primo episodio del Dottor Strange (ce ne saranno altri? Ma ovvio che si!) si può tranquillamente reputare superiore ad ogni altro omologo del mondo Marvel, dal Primo Iron Man fino al primo Captain America.
Nelle sale italiane dal 26 ottobre, il film ha raccolto fino ad adesso una standing ovation sia dai critici che dal pubblico e vi sfidiamo a non uscire dal cinema senza condividere il parere di Peter Bradshaw, che sulle pagine del Guardian lo ha felicemente definito "una giostra supereroistica tremendamente coinvolgente e piacevole”.

Giulio Zoppello 29/10/2016

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