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Venezia73 - “Les Beaux Jours d’Aranjuez”: Wim Wenders e la sensazionale poetica del desiderio

Sulle note di “Perfect Day”, un classico del rock degli anni Settanta, prende avvio l’ultima fatica di Wim Wenders, il regista tedesco autore di capolavori indiscussi quali “Alice nella città” (1974) e “Il cielo sopra Berlino” (1981). Una rappresentazione sospesa tra sogno e realtà, tratta dall’omonima pièce teatrale di Peter Handke.
Les beaux jours d’Aranjuez” è un dialogo a due tra un Uomo e una Donna, un Adamo ed Eva post-moderni che in un botta e risposta crescenti discutono sul tema dell’amore e del desiderio, sullo sfondo di un piccolo angolo di paradiso, un giardino parigino ai borghi della città. Una conversazione passionale, astratta l’una e pragmatica l’altra, frutto della penna di uno Scrittore che, in qualità di deus ex machina, governa le battute e i destini dei due personaggi.
Dall’infanzia al ricordo, dall’intensità di un amplesso alla vendetta di un sesso promiscuo, il film è dunque una lunga riflessione metafisica che Wenders si propone di narrare nel senso più lato possibile, addirittura scegliendo di ricorrere al 3D (già sperimentato recentemente con il documentario “Pina”) pur di creare un’atmosfera intimistica capace di far immedesimare lo spettatore e di fargli toccare con mano la fragilità della condizione umana. Presto, infatti, tutta la grazia racchiusa nei pensieri della donna lascia spazio a una natura sempre più violenta e brutale, propria dei nostri giorni. Ecco allora che l’estate, assunta dal regista come la perfetta cornice per questa narrazione lineare, diventa l’emblema di una stagione ricca e intensa ma anche vana e fugace come a sottolineare la potenziale inefficacia di intenti idealistici in un mondo contemporaneo sempre più dominato dall’angoscia e dal disprezzo per l’altro. "The world is on fire" si ascolta infatti nel bel mezzo del complesso verboso, rompendo così quel clima di pace e beatitudine precedentemente costruito.
“Les beaux jours d’Aranjuez” è un film altissimo che lavora dentro lo spettatore, la cui forza della poetica, magistralmente scritta da Wenders stesso, lo candida prepotentemente tra i favoriti al Leone d’Oro, impreziosito altresì dalle ottime performance dei due attori coinvolti, Reda Kateb e Sophie Semin.

Camilla Giantomasso 01/09/2016

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