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“Hablar”: lo smarrimento sociale di un popolo che non sa più ascoltare

Sono solo 500 metri quelli che separano la metropolitana di Plaza de Lavapiés alla sala del teatro Mirador di Madrid. Mezzo chilometro di strade, di vicoli bui illuminati dalle luci dei negozi nella notte afosa d’agosto.
Hablar” film del regista Joaquin Oristell, proiettato al cinema Farnese in occasione del Festival del Cinema Spagnolo, porta in scena le diverse storie che si intersecano e si sfiorano su quei marciapiedi.hablar02
Nella notte lo smarrimento sociale di cui soffre il nostro presente prende corpo e si riversa in strada. Dalla madre affamata che non ha soldi per sfamarsi, al datore di lavoro senza scrupoli, alla donna disoccupata perché troppo qualificata tutti vengono catturati dall’occhio indiscreto della macchina da presa, che si avvicina senza chiedere permesso, in un film corale che collega e tiene unite varie storie. Con questo film Oristell pone l’accento sulla situazione spagnola, documentando lo stato di corruzione, abbandono, crisi economica e disumanizzazione che affligge la nazione. In uno spazio relativamente limitato, il regista restituisce uno spaccato non solo del suo paese, ma di un’intera società che, sotto a bandiere diverse, vive lo stesso sentimento di perdita di senso.
Le storie frammentate, lasciate in sospeso per essere riprese successivamente, sono documentate in un unico piano sequenza. Ci aveva già provato Alejandro González Iñárritu con “Birdman” a dare allo spettatore un’illusione di continuità, ma qui non ci sono inganni. La macchina da presa scorre in maniera fluida e dinamica, quasi come un passante curioso che si insinua nelle vicende di chi gli sta accanto, per poi fuggire, giusto un attimo prima di essere scoperto. Una scelta di regia inusuale e complessa, capace di collegare con abilità e maestria le storie di 20 personaggi, affascinando e stupendo. Non c’è possibilità hablar04d’errore, tutto deve essere perfetto nei ritmi e nei tempi. Gli attori, alcuni dei quali hanno scritto personalmente le loro battute, giocano a improvvisare, muovendosi all’interno di uno spazio rigidamente stabilito, dove il minimo sbaglio corrisponde al fallimento dell’intero progetto. Dopo soli 3 tentativi “Hablar” vince questa sfida, regalando allo spettatore un film in cui dramma, commedia e denuncia si intersecano.
“Parlare”, questa la traduzione del titolo, è ciò che fanno continuamente i protagonisti, offrendo uno spaccato della loro esistenza, a volte comica e frizzante, altre misera e banale, ma pur sempre autentica.
“Hablar” è un invito all’ascolto, una protesta contro la verbosità inutile, capace di dissolvere ogni senso, è una ribellione in forma di immagini a un popolo che, come dichiara Joaquin Oristell, “parla molto, ma non è più in grado di ascoltare”.

Angela Ruzzoni 10/05/2016

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