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Da New York a Craco: “Montedoro” di Antonello Faretta

Nel 1963 una frana di vaste proporzioni sconvolge Craco, un piccolissimo paese della provincia di Matera. Duemila abitanti vengono evacuati, mentre una parte della popolazione si trasferisce a Craco Peschiera, situato a valle. Nel 1972 un’alluvione peggiora ulteriormente la situazione, impedendo la ripopolazione del centro storico. Otto anni dopo, a causa del terremoto dell’Irpinia, Craco vecchia viene completamente abbandonata.
Montedoro” è il titolo del primo lungometraggio diretto da Antonello Faretta ed è girato interamente in questo borgo fantasma. La pellicola è stata proiettata lunedì 6 giugno 2016 presso il Cinema Apollo 11 di Roma, durante la serata di chiusura del percorso di autodistribuzione del film nelle sale italiane. Dopo la partecipazione ai festival di tutto il mondo, l’opera prima del regista nato a Potenza ha infatti toccato varie città del nostro Paese, dai capoluoghi ai piccoli centri, permontedoro4 giungere infine nella Capitale.
“Montedoro” racconta la vera storia di Pia Marie Mann, una donna americana di mezza età che scopre le sue vere origini solo dopo la morte dei genitori. Profondamente scossa e in preda a una crisi d’identità, decide di partire alla volta di un paese del sud d’Italia, alla ricerca della madre naturale mai conosciuta. Si reca così in una remota zona della Lucania, l’antica Montedoro, ormai completamente desolata. La scoperta di Craco e l’incontro casuale con alcune delle persone che non hanno mai voluto lasciare quel borgo sono il punto di partenza di un viaggio magico e affascinante, tra ricordi, incubi e riti arcaici. Pia si ricongiungerà con gli spettri di un’epoca lontana e oscura, ma che le appartiene in quanto parte della propria storia familiare, nonché di un’antica e misteriosa comunità vicina alla scomparsa, ma che rivivrà sullo schermo un’ultima volta.
Faretta sfrutta il potere evocativo del paesaggio quasi lunare della Basilicata per plasmare un grandioso affresco mitico, un road movie dal tono documentaristico che mescola con notevole maestria passato e presente. Sembra che a Craco il tempo abbia smesso di scorrere o che forse non sia mai esistito. Ad accentuare questa sensazione contribuisce l’alternanza certosina dei numerosi frammenti onirici che scandiscono la pellicola con sequenze found footage girate in 8 e 16 mm, quando il borgo pulsava di vita.
Le riprese in campo lungo e lunghissimo dal sapore westerniano rivelano una profonda conoscenza del mezzo cinematografico da parte di Faretta, il quale ha dichiarato inoltre di aver vissuto per sette lunghi anni in questa ghost town. Ogni inquadratura è ben studiata per restituire una sorta di imperativo “ecologico”, ovvero la necessità morale di un ritorno a una fusione tra la natura e l’uomo per allontanarsi dalla noia di una modernità che non ci appartiene.
“Montedoro” parla italiano, dialetto lucano e inglese. È poliglotta come le pellicole più riuscite di Wenders, mentre i silenzi che penetrano le mura di Craco ricordano Antonioni, il poeta dell’incomunicabilità. La protagonista, interpretata dalla stessa Pia Marie Mann, viene condotta attraverso un ambiente incontaminato da due donne in lutto, che come un doppio Virgilio al femminile la guidano verso la verità, a quelle origini così lontane, eppure così vicine.

Andrea El Sabi 09/06/2016

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