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Roma: “El espinazo del diablo” chiude la rassegna di cinema spagnolo al cinema Farnese

Una fila interminabile si è riversata martedì sera, davanti al cinema Farnese Presol, per l’ultima proiezione del Festival del cinema Spagnolo.
Presente in sala Marisa Paredes, conosciuta nel mondo del cinema come una “chica Almodóvar”, alla quale questo festival ha voluto rendere omaggio. È stata lei, infatti, a presentare l’ultima pellicola, dichiarando di averla scelta personalmente per riproporla al grande schermo. Dopo “Tras el Cristal” e “La flor de mi secreto” a chiudere la trilogia dedicata all’attrice spagnola è “El espinazo del diablo”, scritto e diretto da Guillermo del Toro nel 2001.
La vicenda è ambientata nella Spagna del 1939, negli ultimi giorni della guerra civile spagnola. Carlos, figlio di genitori repubblicani uccisi dai nazionalisti, viene affidato all’orfanotrofio di Caseres (Federico Luppi) e Carmen (Marisa Paredes), simpatizzanti della fazione repubblicana e sostenitori, in segreto, della causa.
Da subito il ragazzino viene coinvolto nella tetra atmosfera che grava sull’istituto, percependo la presenza del fantasma di un ragazzo morto in circostanze misteriose. Mentre i bambini sono impegnati a scovare la verità che si cela dietro a quel mistero, Carmen e Caseres, capendo che l’orfanotrofio è in pericolo a causa di un confitto che sembra non lasciare scampo, decidono di scappare.
Ma il tentativo di fuga si rivela più complicato del previsto. Jacinto, il custode dell’edificio, saboterà i loro piani per folle avidità di denaro, lasciando adulti e bambini in balia di un incendio. Le conseguenze dell’esplosione sono devastanti, ma una vendetta è possibile, magari con l’aiuto di quel bambino misterioso che, fino a quel momento, è rimasto nell’ombra.spina03
È evidente, sin dalle prime scene, la firma del regista messicano nell’intersecare e fondere in un unico livello reale e immaginario, in un progetto che mischia vari generi, dal fantasy all’horror. La maestria di Guillermo del Toro è di saper suscitare, in un arco brevissimo, reazioni diverse, addirittura contrastanti. La sala ride di gusto alle battute infantili del piccolo Carlos e dei suoi amici, per poi trattenere il fiato o coprirsi gli occhi alla vista delle immagini successive. Ribaltando il genere horror, il regista lo rende accessibile ad un pubblico più vasto, tanto che il fantasma, da sempre simbolo di terrore e minaccia, qui si rivela un aiuto, se non addirittura un profeta che cerca in tutti i modi di salvare i bambini.
A una lettura superficiale il film potrebbe essere una storia come tante, una vicenda di fantasmi che infestano una cantina cercando una personale giustizia, ma “El espinazo del diablo” è molto di più. È una considerazione sulla Guerra Civile Spagnola, dove ogni retorica viene abbandonata e non c’è nessun eroe. Persino chi combatte a fianco dei repubblicani, difensori del bene e della giustizia sociale, si rivela avido, senza scrupoli ed egoista. Tutti sembrano fare accordi per il proprio tornaconto personale e nemmeno Caseres e Carmen si salvano da questa accusa. La volontà di Del Toro, che da sempre considera il cinema come un’arte capace di trasmettere messaggi, è quella di rappresentare la guerra come un evento in cui i concetti di bene e male si annullano, fino a privarsi del loro senso originale. Nessun personaggio incarna pienamente una figura positiva, nessuno di loro è esente da contraddizioni o segreti.
A salvarsi solo i bambini, che non vengono colpiti dalle bombe, che non rimangono vittime dell’incendio, che non si arrendono quando tutte le certezze crollano davanti ai loro occhi.
Sono loro la speranza, sono loro la soluzione.
“El espinazo del diablo” chiude un festival che ha regalato al pubblico romano 6 giorni di cinema indipendente, che spesso non trova mercato nelle nostre sale. “Insistimos” pronuncia decisa Marisa Paredes alla fine della proiezione, comunicando un forte amore per il cinema e per eventi come il Festiva del Cinema Spagnolo, che vedranno replica a Milano (dal 27 al 29 maggio) e a Trieste (30 – 31 maggio). “Insistimos”, allora!

Davide Antonio Bellalba  11/05/2016

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