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Chiude il Remix “Loro di Napoli”, la favola calcistica dell’Afro Napoli United

Nelson Mandela diceva che “lo sport ha il potere di cambiare il mondo, d’ispirare, unire le persone e creare speranza dove c’è disperazione”, che è “più potente dei governi nel rompere le barriere razziali” e che “è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni”. Parole fortemente condivisibili, queste, e che ben si adattano alla storica impresa compiuta dall'Afro Napoli United, prima squadra italiana a essere composta da calciatori migranti e partenopei. Una vera e propria favola calcistica che nell’arco di quattro anni ha visto la squadra partire dai campi della Terza Categoria per poi raggiungere la tanto agognata Promozione.
Un progetto multietnico, sagacemente raccontato da Pier Francesco Li Donni nel docu-film “Loro di Napoli” (2015), narrante soprattutto delle difficoltà pervenute durante il tesseramento di alcuni giocatori. Il presidente della società, Antonio lorodinapoliGargiulo, ha difatti dovuto scontrarsi con il muro di gomma della burocrazia sportiva e delle leggi italiane per riuscire a far giocare la sua squadra di napoletani e migranti di seconda generazione, provenienti dall’Africa e dal Sud America.
Si chiamano permesso di soggiorno, permesso di soggiorno di lunga durata e certificato di residenza, gli ostacoli che impediscono a giocatori come Lello, Adam e Maxime di partecipare ai campionati riservati agli italiani regolari. Lello è infatti a tutti gli effetti un apolide, nato e cresciuto in Italia, senza mai essere stato dichiarato all’anagrafe. Un caso particolare, il suo, che ha richiamato l’attenzione del sindaco De Magistris e addirittura quella delle più alte cariche della FIGC, consentendogli così di ottenere, tra i primi in Italia, lo Ius Soli. A questa storia si aggiunge poi quella di Adam e Maxime: nato in Italia da genitori stranieri e poi dato in affidamento a una donna napoletana, il primo, e immigrato regolare ma senza il certificato di residenza, il secondo.
Quella di cui ci racconta “Loro di Napoli” è dunque un’esperienza cha va oltre il calcio, che usa lo sport per portare avanti un processo d’integrazione generalmente ignorato dalle classi dirigenti. “Sin dal 2009, anno di nascita dell’Afro” – afferma il Presidente – “ è stata nostra intenzione perseguire un progetto che potesse aiutare i migranti nella nostra città. Abbiamo pensato al calcio, perché tutti hanno voglia di giocare, a prescindere dall’etnia e dalle condizioni sociali. Siamo partiti con i campionati amatoriali organizzati dall’Associazione Italiana Cultura lorodinapoli2e Sport, e, dopo diversi successi ottenuti grazie a delle regole meno rigide che hanno agevolato il tesseramento degli immigrati, abbiamo partecipato al campionato di III Categoria”. Grazie dunque alla tenacia e agli sforzi di Antonio, da molti visto come un vero e proprio ‘padre putativo’ più che un semplice presidente, la squadra ce l’ha fatta, tanto da raggiungere quest’anno anche la Promozione.
Li Donni guida sapientemente il racconto, creando una forte empatia tra noi spettatori e loro, i calciatori. Buona parte del merito va agli stessi protagonisti, e ad Adam in particolare, perfettamente a suo agio e disinvolto di fronte alla telecamera. Ciò che più colpisce del film è però la stessa città di Napoli. Il ritratto che il regista ne fa, come ha evidenziato il ricercatore de CNR Mattia Vitiello, non è quello comune da cartolina con tanto di sole splendente e canzoni melodiche in sottofondo, ma quello più intimo che solo i veri napoletani conoscono, arricchito dall’originale colonna sonora “Napulitan” di Valerio Jovine e O’Zulu’. Infatti per Li Donni e Vitiello “Napoli è una città così indietro, da essere avanti”. Una città che seppur piena di problemi non è razzista e sa ben accogliere gli altri. Perfetta espressione, dunque, di quel melting pot culturale che oggi stiamo vivendo e dal quale non possiamo più nasconderci .

Qui il trailer del film: https://youtu.be/fAF9QLvg-mo 

Camilla Giantomasso 30/05/2016

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