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Da Janis Joplin a Audrey Hepburn, da Brigitte Bardot a Sophia Loren, sono innumerevoli i personaggi femminili che, a partire dal dopoguerra, si sono ritrovati di fronte alla macchina fotografica di Richard Avedon (1923-2004). I suoi scatti di moda e molti ritratti sono protagonisti della retrospettiva "AVEDON: Beyond Beauty" alla Gagosian Gallery di Roma, fino all'11 aprile 2015.

Fotografie essenziali, dalla ricercata purezza formale, quelle realizzate da Avedon. l personaggi ritratti comunicano una parte di sé e nello stesso tempo gli scatti riescono a porre in primo piano anche l'inconfondibile visione dell'immagine del fotografo newyorkese.

Dallo straordinario "Early Paris Fashion Portfolio" della prima sala si passa allora alla stanza ovale della galleria, in cui sono ospitati i noti ritratti di moda che, grazie alle collaborazioni con riviste come Harper’s Bazaar, Vogue, The New Yorker, hanno reso famoso in tutto il mondo il linguaggio di Avedon.

Celebri fotografie in bianco e nero in cui, su sfondi monocromi assoluti, risaltano i corpi, le pose e gli atteggiamenti fortemente iconici dei soggetti scelti: lo sguardo fiero della scultrice Louise Nevelson (foto del 1975) o quello distratto di Marilyn Monroe (1957); la posa di sfida di Janis Joplin (1969) e quella più familiare, intima, di Evelyn (1969), moglie del fotografo, fino ad arrivare a uno dei suoi lavori più famosi, la grande fotografia di "Dovima con elefanti" (1955), tutta giocata sul calibratissimo corrispondersi del movimento della donna e degli animali alle sue spalle.  

Inaspettatamente a colori sono invece gli scatti della serie che conclude la mostra, "In Memory of the Late Mr. And Mrs. Comfort: A Fable in 24 Episodes", realizzata nel 1995, in cui Avedon mette in scena il rapporto fra purezza e mortalità in un dialogo giocato qui fra il corpo femminile e l'onnipresente scheletro al suo fianco: perfezione e caducità oltre la bellezza, "Beyond Beauty" appunto.  

 

(Marco Pacella)

Concepire una mostra personale nelle sale del Museo Hendrik Christian Andersen di Roma porta quasi inevitabilmente gli artisti a fare i conti con l'arte e la personalità, le ambizioni e le difficoltà di un artista complesso come lo stesso Andersen (1872-1940). È come entrare nelle stanze private di qualcuno (e in questo caso la cosa avviene in senso letterale) e modellare il proprio discorso sotto l'influsso del padrone di casa. Con le necessarie differenze, è stato così ad esempio per Nick Oberthaler, Matteo Montani e ora anche per l'ultimo degli artisti ospitati dal museo, Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978).

Il rapporto con lo scultore di origine norvegese è in questo caso esplicito già dal titolo della mostra, "Here the Dreamers Sleep", che è la frase riportata sulla tomba della famiglia Andersen nel Cimitero Acattolico di Roma.

Proseguono dunque questo legame le quattro personificazioni scultoree di altrettanti membri della famiglia: il pittore Andreas, fratello dell'artista, sua moglie Olivia Cushing, la madre Helen e lo stesso Hendrik. Ai quattro personaggi sono associate le figure di David, Ebe, Venere e Mercurio, presenti nelle sale in riproduzioni da giardino in gesso volutamente grossolane. Sia nel disegno a matita sulla superficie bianca delle sculture che nei collage a parete, l'artista propone immagini che aprono lo sguardo dalla mitologia alla storia dell'arte (il Marat di David), fino alle famose scene che mostrano la rimozione dei monumenti di Lenin e Saddam Hussein, simbolo del disfacimento del potere nel mondo contemporaneo.

Nelle quattro sale laterali quindi, assistiamo al crollo, uno dopo l'altro, dei personaggi appartenenti ai gruppi scultorei, una deflagrazione ben visibile dai piccoli e grandi frammenti ancora lasciati a terra e che rimarca la fine delle vite dei componenti della famiglia Andersen.  

Mastrovito mette in scena un crollo che è dunque metaforico (la morte dei protagonisti) ma anche reale, letterale, non limitandosi a tematizzarlo ma ricreandolo artificialmente. La distruzione arriva come elemento concreto che pone fine all'insieme armonico (o presunto tale) delle riproduzioni in gesso.

Infine, anche l'utopia a cui si accennava in precedenza è insieme un riferimento ideale ma anche una testimonianza concreta: ipotizzata dallo stesso Hendrik nel "Word Center of Communication" (1913) – un progetto di città ideale per l'arte, la musica e le scienze che non vedrà mai la luce – trova spazio qui nel disegno a matita che Mastrovito fissa sui cocci ormai smembrati delle sculture e accostati fra loro nel salone centrale del museo, a comporre l'ultima tappa della mostra, certo, ma anche di quell'idea utopica ormai frantumata nel presente. 


(Marco Pacella)

Nell’ambito della quinta edizione del progetto annuale di dialoghi con l’arte contemporanea ideato e curato da Ilaria Margutti e promosso dal Museo Civico di Sansepolcro e dall’Istituzione Museo Biblioteca e Archivi Storici il Museo Civico di Sansepolcro ospita sabato 7 febbraio 2015 alle ore 17 Claudio Ballestracci artista e direttore artistico della Casa Museo Alfredo Panzini a Bellaria.

In occasione della mostra “Oltre lo sguardo: Come leggere le immagini del proprio tempo”, Claudio Ballestracci espone due installazioni, “N-ever green” e “Omelia" che vanno dritte al cuore della sua ricerca artistica: “Vivificare il fattore apparentemente inerte della materia (frequente l’uso del metallo) attraverso processi tecnici elementari come la luce, l’elettricità, la simbiosi alchemica con elementi composti e naturali”.

Come lo stesso Ballestracci racconta: “L’oggetto ritrovato è per me la materia prima per elaborare l’immagine, così come un luogo o un edificio sono fonte di ispirazione originaria. Le immagini prodotte sono quasi sempre attraversate dalla luce: nella trasparenza dei raggi che filtrano attraverso i materiali, si svelano concetti vividi trattenuti dentro strutture inerti, nella commistione fra organico e inorganico. Le mie opere, spesso caratterizzate da una dichiarata obsolescenza, sono contrassegnate da una matrice comune, la rovina, nel segno della caducità e della memoria”.

“Nel caso di “N-ever green” – continua a raccontare l’artista – siamo davanti a una libreria in ferro e altri materiali che sembra riemersa da uno scavo archeologico. I libri disposti sui piani sono contorti, rigonfi, deteriorati. Dalle coste occhieggiano le fotografie degli autori che ricordano loculi di cimitero. Un cimitero di libri cadenti da cui spuntano indomiti fili d’erba. È una libreria che sembra essersi salvata da un’apocalisse, da un disastro cosmico, e i suoi libri contengono le ultime parole a cui gli uomini di un’epoca futura potranno aggrapparsi”.

Vigile esploratore di storia e storie della cultura, con una predilezione per il mondo del libro, Claudio Ballestracci ha esposto in Italia e all’estero. Ha progettato e allestito esposizioni temporanee (Memoria come futuro per il CEIS a Rimini, Vittorio Belli 1870-1953 a Igea Marina, 30’anni di libri d’artista di Pulcinoelefante a Russi) e interne ai musei (al Musée Rabelais a Chinon, nella Casa Rossa di Alfredo Panzini a Bellaria Igea Marina). Autore di scenografie e progetti in ambito teatrale (Bambini, La città del sonno, Regina la paura per la compagnia teatrale Le Belle Bandiere, Pierrot Parisienne per la compagnia teatrale I Ciarlatani), si occupa anche di architettura attraverso proposte che vertono sul rapporto poetico fra natura e paesaggio, luce e ambiente (Le vele di confine, progetto finalista per un intervento di mitigazione ambientale Torino - Bardonecchia, L’acqua è di tutti, installazione interattiva, Périgueux). Dal 2005 al 2008 ha collaborato con Pitti Immagine di Firenze e con il Conseil Général d’Indre et Loire per l’allestimento di mostre tematiche in Francia, in particolare Voyage à l’intérieur d’un géant alla Deviniére a Chinon. Ospite nel 2007 alla 52°edizione della Biennale di Venezia nell’ambito delle 100 giornate intitolate a Joseph Beuys “Difesa della natura”, nel 2006 è stato finalista al concorso internazionale “Monumento ai caduti di Nassiriya” a Roma. Suo è il monumento “Sentiero naufrago”, dedicato alle vittime del mare e inaugurato nel 2008 a Bellaria Igea Marina.

L’appuntamento di sabato 7 febbraio alle ore 17.00, nella Sala del Camino del Museo Civico di Sansepolcro, con Claudio Ballestracci e Ilaria Margutti chiude il percorso di incontri di questa edizione. La mostra degli artisti invitati agli incontri è invece visitabile fino al 15 marzo 2015 durante l’orario di apertura del Museo Civico (tutti i giorni 10.00-13.00 / 14.30-18.00).  L’ingresso è gratuito nei giorni degli incontri, mentre negli altri giorni si rispetteranno le tariffe regolari del museo (intero - € 8,00; oltre i 65 anni di età, gruppi minimo 10 persone e giovani dal 19 ai 25 anni - € 5,00; da 10 a 18 anni di età - € 3,00; ragazzi da 0 a 10 anni, giornalisti e militari - Ingresso gratuito).

 

(Tamara Malleo)

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