Sono passati appena due giorni dal trionfo agli Oscar di Bohemian Rhapsody, film biografico dalla lunga e travagliata gestazione sulla vita di Freddie Mercury e celebrativo della carriera dei Queen, che ha vinto quattro statuette, tra cui quella come migliore attore protagonista a Rami Malek. Il film è uscito il 24 ottobre nel Regno Unito, il 29 novembre in Italia, ed è ancora programmato nelle sale. Un successo senza precedenti, che ci si poteva aspettare dopo una complicata storia costellata da cambi di regista, litigate sul cast, incognite su chi avrebbe interpretato il mitico Freddie Mercury. In occasione del trionfo agli Oscar 2019, Rai 5 ha proposto il 27 febbraio in esclusiva il documentario Queen: Days of Our Lives, che racconta la storia del celebre gruppo inglese dagli esordi fino ai giorni nostri. Il documentario si avvale di numerose interviste, testimonianze degli addetti allo staff personale e musicale dei Queen, produttori, tecnici, giornalisti, oltre a mostrarci numerose riprese originali d’archivio degli stessi artisti. A segnare la continuità di Queen: Days of Our Lives con Bohemian Rhapsody è anche la scelta del doppiatore di Freddie Mercury nella versione italiana del documentario: si tratta infatti di Stefano Sperduti, già voce di Rami Malek nel biopic.
Il documentario parte dagli anni Settanta, periodo d’esordio della band, e non fa sconti sulle difficoltà che ebbero i Queen ad affermarsi anche solo nel territorio nazionale. Sono gli anni del punk, e le sonorità barocche, classiche e raffinate dei primi Queen suonano come un’inversione di rotta in una scena musicale che vuole rottamare i vecchi padri del rock. Veniamo a conoscenza di numerosi aneddoti, come di una rissa sfiorata tra Freddie e nientemeno che Sid Vicious, che registrava nello studio accanto al loro, conclusasi con quest’ultimo spinto contro il muro dal frontman dei Queen. Lo stesso Freddie ce lo racconta in un’intervista d’archivio, dicendosi divertito del fatto che Sid non si aspettasse che uno come lui potesse tenergli testa.
Il fuoco di paglia del punk si esaurisce, i Queen rimangono: ma non hanno vita facile per tutti gli anni Settanta, anche a causa di un sempre controverso rapporto con la stampa, problema che si trascineranno per tutta la loro decennale carriera. La stessa Bohemian Rhapsody, lo abbiamo visto anche nel film, viene stroncata dalla critica, e persino da Elton John, che afferma che non vedrà mai la luce in radio. I Queen riescono, dopo otto lunghi anni, nell’impresa di prendersi l’America, sfornando hit perfette per il mercato yankee, dimostrando come la loro forza sia sempre stata nell’amalgama delle loro soggettività di artisti, piuttosto che nella leadership di un singolo componente sugli altri. E questa particolarità consente loro di rimettersi sempre in studio insieme a comporre, anche dopo essersi separati per intraprendere strade soliste. La grande occasione di tornare ufficialmente insieme di fronte a tutto il mondo è il Live Aid, ma quello è solo un altro punto di partenza per l’ultima fase del loro lavoro insieme, che è anche la più toccante.
Il documentario non si sofferma troppo sulla malattia di Freddie, ma sceglie di presentare la figura del leader dei Queen per quello che è: un guerriero che fino alla fine ha lottato con l’unica arma che aveva a disposizione, la musica. Brian May ricorda con affetto la figura dell’amico e compagno di molte avventure, descrivendolo come una persona tenace, che non si è mai lamentata della sua condizione e che ha vissuto una vita al massimo, accettando tutto ciò che ne seguiva. È sua, infatti, la frase di epitaffio sulla statua di Freddie a Londra, “Lover of life, Singer of songs”.
Queen: Days of Our Lives è un doveroso tributo e omaggio alla storia dei Queen, raccontata dagli stessi protagonisti con onestà, ironia, malinconia e orgoglio. L’orgoglio di chi sa di aver scritto la storia, la malinconia di chi è consapevole che il suo diamante più prezioso è andato perso per sempre, ma mai dimenticato.
Per chi si fosse perso la diretta, sarà possibile rivedere il documentario sul sito di RaiPlay.
Giulia Zennaro, 27/2/2019