La notizia viene battuta poco dopo le ore 6 del mattino del 26 marzo 2018, e subito travolge tutti come un vortice in piena: Fabrizio Frizzi, storico volto della Rai, ci ha lasciato a 60 anni. È bastato un semplice quanto triste annuncio che gli aggettivi e gli encomi “perbene” che lo descrivono hanno iniziato a rincorrersi non solo sui giornali e nelle testimonianze di colleghi e amici, ma anche sui social network, vetrine virtuali di gente comune.
Trovare le giuste parole che possano ricordare al meglio un personaggio della caratura di Fabrizio Frizzi, senza per questo scadere nella facile retorica, è un’operazione tanto ardua quanto la risoluzione del rebus finale del programma “L’Eredità”. Vi sono scomparse che addolorano, altre che lasciano più o meno indifferenti, ma questa del conduttore televisivo, classe 1958, concentra in sé un’aura di sgomento e incapacità di accettazione alquanto insolita. A fianco di conduttori che chiedono ai telespettatori di accoglierli nei loro salotti con passo teso e prepotente, ve ne sono altri che compaiono sullo schermo con eleganza e bonaria complicità; presentatori che entrano in casa d’altri in punta di piedi, senza far rumore. Fabrizio Frizzi era uno di questi. Con garbo ci ha accompagnato nelle serate di noia e anche in quelle di festa; una presenza famigliare che lo ha reso negli anni una parte di noi, quasi un amico stretto. Se il cinema è il mondo delle illusioni e dei sogni, la televisione è il contenitore della nostra quotidianità dove chiunque vi passi, anche solo per pochi minuti, diventa in qualche modo nostro conoscente, solo perché capitato a condividere con noi quel poco tempo della nostra giornata. Frizzi era molto più di un passante, o un fantasma del tubo catodico. La sua presenza era da sola sinonimo di professionalità e qualità. “Scommettiamo Che?”, le prime edizioni de “I Fatti Vostri”, “Miss Italia”, le maratone “Telethon”, la “Partita del Cuore”, “I Soliti Ignoti”, non vi è stato un programma che non abbia segnato un’era o che comunque non si sia imposto nell’immaginario collettivo. In seguito arrivò il 1995 e con esso l’uscita sul grande schermo di “Toy Story”, cartone animato firmato Disney Pixar in cui Fabrizio prestò la voce allo sceriffo Woody. Da quel momento non solo la sua presenza fisica divenne storica, ma anche la sua voce, così impressa nella nostra mente da trasportarci indietro nel tempo, quando le giornate erano più spensierate e la fantasia correva veloce come la cordicella che, una volta tirata, faceva dire a Woody “ho un serpente nello stivale”.
Era un leone Fabrizio Frizzi, e così amava definirsi lui stesso sulle pagine di "TV Sorrisi e Canzoni" poco dopo la prima ischemia che lo aveva colpito a ottobre. Una prima battuta d’arresto, quella, che lo aveva colpito, ma non di certo affondato. Con tenacia è ritornato sul ring televisivo, per farci ancora compagnia, nonostante la paura, nonostante i visibili acciacchi. Eppure dopo l’emorragia cerebrale di ieri, lo sceriffo Woody ha deciso di abbassare per sempre il cappello e alzare le mani. Ha lasciato che il destino decidesse per lui trascinandolo via, verso l’infinito e oltre. E un po’ ci mancherà Fabrizio. Proprio come ci mancano gli amici, o un famigliare che all’ora di cena ci veniva a salutare. Sempre in punta di piedi.
Elisa Torsiello, 27/03/2018