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"Rossintesta": leggeri come le mongolfiere

"Non è una commemorazione, non è un omaggio né un ricordo. È una festa". Le parole di Paolo Rossi sono chiare, affannate, emozionate, sorridenti. È il manuale d’uso della serata, è impossibile sbagliare: non ci saranno lacrime, non si farà leva su facili sentimenti, l’assenza diventerà presenza, piena, forte, energica. “Noi comici non ci fermiamo di fronte a niente, non siamo cinici, semplicemente non ci fermiamo di fronte a niente”, rafforza l’intenzione, Rossi, come a voler imprimere nelle menti dei presenti che non sarà la scomparsa a fermare il corso naturale di un artista, delle proprie idee, della propria voce. Ed ecco che una messa in scena pensata e voluta dall’attore friulano insieme a Gianmaria Testa non 001rossicede di fronte alla mancanza, ma diventa reale, la continuità di una leggerezza di penna e di sentire, quella lievità che il cantautore piemontese si portava dietro, addosso, dentro come fosse una seconda pelle da regalare a chiunque lo stesse ad ascoltare, per un minuto o per una vita.
Rossintesta” taglia e cuce alcune delle canzoni dell’autore di “Vitamia”, sulle corde, l’interpretazione e l’ironia di Paolo Rossi; sono tre i fili che si intrecciano e percorrono l’intero spettacolo, a rimescolarsi ogni volta senza mai far perdere le tracce: i brani su teatro e teatranti – alcuni inediti, scritti per i lavori dello stesso attore - quelli dedicati alle donne e, infine, quelli di matrice politica e sociale. Partner perfetti sulla scena, Emanuele dell’Aquila (direzione e chitarra) e i Virtuosi del Carso - Stefano Bembi, Bika Blasko, Alex Orciari e Roberto Paglieri – musicisti abili, giocosi, capaci di creare arrangiamenti originali e interpretazioni suggestive, sottolineando, senza prevaricare, la dialettica coinvolgente di Rossi.
Da “Nuovo” ad “Arlecchino”, da “Voce da combattimento” a “Al mercato di Porta Palazzo” passando per “Ventimila leghe (in fondo al mare)”, qui una toccante versione in forma di reading, “La giostra”, “Rock postmoderno” - per citarne alcuni - assistiamo ad una sovrapposizione di anime, quella del mattatore sprezzante e anarchico, il quale non perde occasione per fare satira, e quella del cantante dalla parte dell’umanità: Paolo Rossi indossa la voce di Gianmaria Testa, i suoi sentimenti, la sua ironia, la sua sensibilità, le sue note pastello, la sua capacità di raccontare i dimenticati, gli emarginati, e le fa proprie, senza snaturarsi, senza fare omaggi (era una delle regole iniziali); canta di gola, di pancia, con rabbia, con commozione, 002rossicon allegria, in un frequente scambio con il pubblico e pescando tra i ricordi vivi di celebri amici veri, come Enzo Iannacci – a lui è dedicata una quarte simbolica parte dello spettacolo, in un gioco di vicinanze e antitesi con Testa.
Lo sappiamo, stiamo facendo i conti con una grossa assenza, Rossi lo ribadisce anche all’inizio, quasi fosse una forma di catarsi collettiva, un incontro tête-à-tête con la morte – “e così siamo qui sul palco senza Gianmaria perché lui non c’è più” – ma nel corso della pièce scompare, sfuma, o meglio si trasforma in presenza vibrante, piena, leggera alla maniera di Paul Valery, “come una rondine, non come una piuma”, mantenendo così l’intuizione iniziale e non tradendo l’idea originale dello spettacolo, con lo chansonnier nelle vesti dell’autore. In questo modo il ricordo non pesa, è come un trampolino, un cannone pronto a sparare lontano la nostra percezione, le nostre emozioni: ritroviamo un Testa familiare, vicino, l’uomo e il narratore che rimane Da questa parte del mare e scopriamo, invece, la sua penna più rock, più scura, più affilata, che dedica tempo e ritmo agli “aspiranti dittatori” o alle psicopatie della nostra era, bella, contraddittoria, impoverita, addolorata, piena comunque di speranza, capacità di amare e sorprendente umanità. Quella che Testa cantava, quella che ci ha lasciato, con gentilezza, con leggerezza, la stessa delle rondini o delle mongolfiere.

“Lasciano tracce impercettibili
le traiettorie delle mongolfiere
e l'uomo che sorveglia il cielo
non scioglie la matassa del volo
e non distingue più l'inizio
di quando sono partite
sopra gli ormeggi e la zavorra sono partite
tolti gli ormeggi e la zavorra
sono partite”. (Gianmaria Testa)

https://youtu.be/w6NNbtjbyJY 

Visto al Teatro Puccini, Firenze, il 29 ottobre 2016

Giulia Focardi 04/11/2016

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