Il ruolo dell’informazione diviene determinante in un periodo in cui il dubbio si converte nell’unica certezza possibile e l’attendibilità della notizia si confonde nella nebulosa delle fakenews. Il secondo numero dell’Osservatorio sulla disinformazione online - Speciale Coronavirus, pubblicato ieri da AGCOM - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - registra un incremento della disinformazione sul totale delle notizie con un valore compreso tra il 5% e il 6%. Le ricerche effettuate dagli utenti costituiscono una chiara indicazione del bisogno informativo della popolazione e la notevole produzione di contenuti rileva le potenzialità di un sistema funzionale. Rispetto alla fase iniziale, lo spazio dedicato dai media italiani alle notizie sul coronavirus si attesta su valori giornalieri mediamente decrescenti, inflessione confermata anche per le ricerche online su siti web, pagine e account social. Il numero di news quotidianamente prodotte sull’emergenza epidemiologica rimane comunque elevato: nel secondo periodo, sono oltre 1 milione i contenuti pubblicati dai mezzi di informazione, più di 600mila nell’ultimo mese.
Secondo AGCOM, l’interesse degli italiani per il tema del coronavirus inizia a manifestarsi alla fine di gennaio. Il picco si registra nei giorni (21 -23 febbraio) che segnano l’inizio dell’emergenza nel Paese e dopo il 9 marzo (lockdown nazionale) le ricerche per l’argomento diminuiscono progressivamente nel secondo mese della fase emergenziale. L’analisi di tutti gli articoli di disinformazione evidenzia non solo la diffusione di notizie false e poco attendibili ma anche prevalenti narrazioni sulla pandemia basate su rischi e teorie complottiste, con l’utilizzo ricorrente di termini connessi a emozioni negative.
L’inaspettata diminuzione (di utenti e contenuti) relativa ad argomenti Covid-19 riguarda anche i social network con un andamento costante in tutte le piattaforme. Facebook registra interazioni sulle pagine istituzionali e di intrattenimento e anche le views di Twitter si concentrano soprattutto su soggetti politici ed editori. Instagram invece è l’unico social in cui le interazioni relative ai contenuti sul coronavirus si assestano intorno al 6%, dato il suo maggior utilizzo in ambiti distanti dall’informazione e dalla cronaca. Soltanto la percentuale di views su YouTube aumenta nel secondo periodo e l’interesse degli utenti si muove verso editori, influencer e aziende produttrici di beni di largo consumo.
A livello globale, inoltre, nei primi mesi del 2020 si rileva un cospicuo incremento di minacce e attacchi informatici, fondati sullo sfruttamento del veicolo socio-psicologico della pandemia in atto. L’indeterminatezza del sistema comunicativo e l’evoluzione dei dati proposti rivelano lo stato della connessione globale, potenziata dalla stasi necessaria e indebolita dal bisogno di normalità, forza predominante che spinge altrove lo sguardo.
Laura Rondinella 01/05/2020