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Viaggio in Italia: intervista ad Eleonora Tosto

Dall’esperienza dell’Officina Pasolini è nato il disco Viaggio in Italia: raccontando le nostre radici, con cui il collettivo AdoRiza ha vinto la Targa Tenco 2019 nella categoria Album collettivo a progetto: è grazie alla testimonianza di Eleonora Tosto (interprete romana e presidente del collettivo) che abbiamo modo di andare più a fondo, di soffermarci sui tratti e sui significati più profondi di un lavoro nato dalla sinergia di sedici artisti.

Raccontaci la tua esperienza all’interno di questo laboratorio: come ha preso forma, come si è articolata nel tuo percorso?
Tutto è iniziato due anni fa all’interno di Officina Pasolini: è lì che abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con tantissimi artisti come Tosca, Piero Fabrizi, Massimo Venturiello. Non semplici docenti ma artigiani che, spinti dal desiderio di tramandare, ci hanno passato il ferro del mestiere. La ricchezza di questo progetto consiste in primo luogo nella concessione di un “tempo sospeso”, non semplice pausa rispetto alle attività quotidiane ma tempo necessario alla creatività: tutti noi abbiamo avuto la possibilità di creare con il giusto tempo. E' stato quello il momento di una ricerca etnico-musicologica sul campo, possibile grazie all’aiuto di Tosca e di Felice Liperi, sulla musica popolare del nostro Paese.

Quali sono stati gli snodi e le motivazioni che hanno condotto dalla ricerca iniziale all’incisione di un disco?
Dal Trentino Alto Adige alla Sardegna, abbiamo ricercato più di duecento canzoni a regione, a partire dalle quali abbiamo effettuato una scelta che si è poi trasformata nel nostro spettacolo “Viaggio in Italia”: uno spettacolo che ci racconta, racconta le nostre radici attraverso la canzone; questa è stata la motivazione che ci ha permesso di portarlo in scena e, dopo il debutto, farlo girare in Italia. L’anno successivo Piero Fabrizi ha deciso di dare una testimonianza audio a questo lavoro; è nata così l’idea del disco “Viaggio in Italia. Cantando le nostre radici”, la cui uscita è stata accompagnata da un booklet insolito che, in più di venti pagine, racconta accuratamente il nostro percorso.

Fulcro di questo progetto è proprio l’idea di viaggio, un “nostos” che permette di ricongiungersi ai propri luoghi, e attraverso il quale ci si scopre mutati, arricchiti di qualcosa di autentico: qual è il tuo riscontro?
Un po’ come Ulisse che, spinto dal desiderio di ritorno, scopre il proprio viaggio facendolo, il momento del ritorno forse è per noi proprio il disco, il supporto fisico. Dal punto di vista musicale mi sono sempre occupata di jazz, quindi all’inizio approcciarmi alla musica popolare non è stato semplice. Andando avanti ho però avuto modo di scoprire come sia proprio la sua struttura elementare a dare occasione all’interprete di colorare i propri brani a seconda della propria inclinazione. E’ proprio questa sua semplicità l’elemento che permette di accedere in modo più immediato all’interpretazione.

A questo proposito vorrei ricollegarmi al brano di cui sei stata interprete: “Serenata sincera”. Il suo linguaggio è tanto diretto quanto sincero, struggente eppure ancorato alla terra. Come è stato per te confrontarti con una “romanità” che da sempre ti appartiene?
Private di ogni artificio, le parole e la musica arrivano lì dove devono arrivare. Provenendo da una famiglia di artisti, ho avuto sempre modo di dedicarmi alla canzone romana. I miei genitori sono attori-cantanti e moltissime volte mi è capitato di affrontare un repertorio di questo tipo: in questo caso credo che la delicatezza dell’arrangiamento abbia permesso di innalzare il brano a qualcosa che ha più a che fare con la musica classica che con la musica popolare. 

Come siete riusciti a mettere insieme così tanti artisti per un progetto comune? Quale sinergia si è creata tra voi?
Il tempo passato a stretto contatto l’uno con l’altro ci ha permesso di avvicinarci da tutti i punti di vista, da quello umano a quello artistico. Io sono il presidente del Collettivo; è difficilissimo mettere insieme sedici teste, in quanto ognuno nella sua complessità vede le cose in maniera diversa: il collante è stato però la progettualità comune, resa possibile anche dal ruolo determinante della direzione. Basti pensare che uscirò in autunno con un disco scritto integralmente dai ragazzi della mia classe di Officina Pasolini. In un periodo di trasversale egoismo, artistico, sociale, politico, questa collaborazione rappresenta un’isola, un luogo di sostegno reciproco.

Dice Josè Saramago che “bisogna ricominciare il viaggio, sempre”: quali sono gli altri progetti che consentiranno a questa esperienza di non esaurirsi in se stessa?
La nostra idea è quella di andare oltre, facendo conoscere questo progetto a tutte le Regioni e, se sarà possibile, anche all’estero. Alla base c'è un’idea di continua ripartenza, di circolarità, simile ad una danza vitale, simile alla danza di Matisse. 

Foto copertina: Adriano Natale

Giorgia Leuratti 22/07/2019

 

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