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Gianni Clementi incontra Recensito per parlare del suo "Eppur mi son scordato di me"

Gianni Clementi: “il segreto sta nel creare l’empatia con il pubblico e io lo faccio attraverso una comicità brillante, mai fine a se stessa”

Roma - “Eppur mi son scordato di me”, che dal 10 al 14 maggio sarà sul palcoscenico del teatro Vittoria di Roma, è l’opera di Gianni Clementi, diretta e interpretata da Paolo Triestino. Non è un testo qualsiasi ma lo specchio di due generazioni, quella di ieri e di oggi; è una colonna sonora leggera e divertente come quella del protagonista Antonio che, da “personale”, diventa “collettiva” perché racconta una parte di noi, dei nostri dolori, delle nostre gioie, della nostra vita.

Quando è nata quest’opera e, durante la sua stesura, pensavi già a chi avrebbe interpretato la parte di Antonio, il protagonista?
“L’idea di questo testo in cui la storia incontra la Storia, mi frullava in mente da tempo. Lo stesso Paolo Triestino mi aveva chiesto se fossi disposto a scrivergli un monologo. Ho aderito così alla sua richiesta convinto che fosse proprio lui l’attore/regista più adatto”.

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Il vostro sodalizio artistico è, infatti, appurato. Lavori bene con lui?
“Con Paolo ho fatto vari spettacoli tra cui “Grisù, Giuseppe e Maria”, “Ben Hur” e “Fausto e gli sciacalli”. La collaborazione va avanti da anni, con lui si lavora bene, ho stima di lui e penso che la cosa sia reciproca. In particolar modo in questo spettacolo, Paolo sfoggia il suo talento artistico: sa calarsi nella parte, riesce a far rivivere una generazione attraverso la sua versatilità, a interpretare una carrellata di personaggi (il chirurgo, il cognato, l’amico, la moglie Francesca, il ristoratore...) modulando con abilità la sua voce, intonando canzoni mentre si accompagna con la sua chitarra”.

In effetti la musica è un fattore rilevante in questo testo: Battisti è la colonna sonora di Antonio ma in fondo finisce per essere anche quella dello spettatore. Perché la scelta di Lucio Battisti e le sue canzoni?
“La musica di Battisti è stata un po’ la colonna sonora della nostra vita, almeno per quelli della mia età. Anche se in realtà mi rendo conto che Battisti sia molto trasversale: le mie figlie ventenni lo amano molto! Lucio è stato un vero e proprio precursore dal punto di vista musicale. Per non parlare dell’accoppiata Lucio/Mogol che ha prodotto risultati eccellenti. Le sue musiche e i suoi testi non sono assolutamente datati, non possono “passare di moda”. Quindi la scelta è stata naturale. Bisogna senz’altro considerare che, da questo punto di vista, possiamo ritenerci fortunati: la nostra generazione è cresciuta con de Gregori, Guccini, De André ... Avevamo un’ampia gamma di artisti significativi, però Battisti, forse perché personaggio anche abbastanza controverso, talvolta indecifrabile, è apparso sempre più affascinante rispetto ai cantautori sopracitati”.

Anche in questa commedia, come in altri suoi testi precedenti, si ride, si ride di gusto pur affrontando tematiche serie, il bene e il male, questioni sociali di forte attualità. Come vivi il tuo rapporto con la contemporaneità e in relazione a questa in che modo concepisci la tua scrittura?
“Penso si possa parlare di qualsiasi argomento in modi assai diversi. Io ho scelto sempre la via della tragicommedia che è un po’ il mio stile di scrittura. Sostengo che se tu riesci a far sedere lo spettatore a tavola con te allora puoi sferrare il cazzotto, “il cazzotto se lo becca tutto ed è quasi pure contento”. Insomma, va creata l’empatia con il pubblico. Tento così di scrivere cose che non abbiano una comicità fine a se stessa usando dialoghi brillanti e scherzosi per toccare comunque temi di una certa rilevanza sociale, argomenti che coinvolgono un po’ tutti. In “Eppur mi son scordato di me” viene affrontata la volgarità dei nostri tempi. Ho provato a ripescare nel vissuto della nostra generazione la spinta ideale che ha segnato un’epoca e che molti, purtroppo, hanno dimenticato. E penso che la nostra sia una generazione fallimentare, ha venduto un po’ se stessa e i nostri figli ne stanno pagando le conseguenze”.

Per citare Battisti, “se ti ritornassi in mente” tu cosa cambieresti e che messaggio positivo ti senti di lasciare ai giovani d’oggi?
“Mi piacerebbe che la nostra generazione avesse preso un’altra piega. Scrissi nei primi anni Duemila “Le belle notti” in cui parlo dell’occupazione di un liceo nel ‘69. Trent’anni dopo, i figli degli occupanti raccontano che cosa sono diventati i loro padri: un disastro. A un certo punto srotolano uno striscione sul quale c’è scritto uno slogan emblematico del movimento studentesco: “non fidatevi mai di chi ha più di trent’anni”. Ahimè, penso sia abbastanza vero. L’uomo cambia. Lo vedo. Giro per strada e noto che già i quarantenni hanno visi crucciati, attraversati da pensieri cupi. Sembrerò banale, ma il segreto sta nel non soffocare mai il fanciullino che sta dentro di noi. Solo con uno spirito puro e sempre con un pizzico di ingenuità e stupore, la speranza e la bellezza non moriranno mai.

Penelope Crostelli 13/05/2017

Leggi l'intervista a Paolo Triestinohttps://www.recensito.net/rubriche/interviste/eppur-mi-son-scordato-di-me-intervista-all-attore-e-regista-paolo-triestino.html

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